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Politica
M5s Roma, il vicesindaco Luca Bergamo rischia il siluramento. Troppo "piddino"

II vicesindaco Luca Bergamo, stretto collaboratore di Virginia Raggi, rischia di essere silurato o nella migliore delle ipotesi "ridimensionato". Questa la conseguenza più eclatante della visita di Davide Casaleggio a Roma. Il colloquio con la sindaca si fonda su varie spinose controversie: 1) il disastro del m5s alle elezioni comunali che, come sottolinea anche il sociologo dei grillini Domenico De Masi, parte da Roma; 2) le grane legali che stanno per investire Virginia con il probabile processo per falso e per abuso d'ufficio; 3) le faide intestine al Movimento che, ben lungi dal placarsi, coinvolgono un numero sempre maggiore di personaggi. Questa volta nell'occhio del ciclone c'è il vicesindaco Luca Bergamo, inviso alla maggior parte dei consiglieri (e soprattutto i "lombardiani") e a un'ampia fetta di simpatizzanti e attivisti in quanto troppo "piddino". Un epiteto che, nel meraviglioso mondo di Gaia, supera in orrore perfino l'etichetta di "mafioso" o di "assassino".

A Luca Bergamo non si perdona il passato rutelliano e ulivista e il suo potere è malvisto così com'era guardata con sospetto l'influenza di Raffaele Marra sulla prima cittadina romana. Le apparizioni pubbliche di Bergamo in veste di vicesindaco sono osservate con diffidenza e il gruppo M5s preme affinché venga sostituito con un "grillino doc", anche in vista delle gatte da pelare giudiziarie che pendono come una spada di Damocle sulla testolina della sindaca. Se Bergamo fosse rimosso dalla carica, sarebbe il terzo vicesindaco ad abbandonare la carica nella giunta Raggi. Una situazione senza precedenti, che tuttavia sembra non spaventare né i vertici né tantomeno la base, ormai abituata a tutto. Anche perché, se la sindaca dovesse autosospendersi perché processata o condannata, a farne le veci sarebbe il vicesindaco... e con Bergamo ci sarebbe un "non grillino" a guidare la Roma pentastellata. 

Inoltre Luca Bergamo non piace a Roberta Lombardi, che sta tessendo l'ordito del suo futuro politico. Un futuro che, con ogni probabilità, ripartirà dalla sua candidatura a Presidente della Regione Lazio. L'ipotesi  in gioco è quindi una coabitazione di fuoco fra le due acerrime nemiche: la Raggi in Campidoglio e la Lombardi alla Pisana. La deputata recupererebbe così quella visibilità mediatica toltale dalla sindaca e  la sua carica costituirebbe una sorta di baluardo pentastellato istituzionale (ortodosso) nel caso in cui la Raggi fosse definitivamente travolta dai problemi legali. 

Altro giro, altra faida. Nella sua tappa romana Davide Casaleggio ha anche trattato il caso di Massimo Colomban, l'assessore alle Partecipate che lascerà la giunta - anche lui - a settembre. Un abbandono irrinunciabile anche a causa delle liti del veneto con l'assessore al Bilancio Andrea Mazzillo. 

Ma fra ipotizzati siluramenti, strategie di riposizionamento, guerre interne e abbandoni, l'elemento più agghiacciante è che un imprenditore del Nord non eletto da anima viva - Davide Casaleggio, diventato diarca del M5s per diritto "dinastico" - possa scendere nella Capitale a dettare la linea politica al sindaco della suddetta, eletto invece dai cittadini. Una condizione aberrante che, in passato e con altri personaggi coinvolti, avrebbe suscitato clamori, interrogazioni parlamentari, rivolte, dibattiti accesi in intere stagioni di talk show televisivi... Invece, in questo caso nulla. Accadrebbe così anche con un premier grillino? Sarebbe Davide Casaleggio a dettargli l'agenda politica?

C'è da rabbridivire al solo pensiero.

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