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Manovra, il "contributo" delle banche stenta a decollare. Meloni vorrebbe, il Mef tace e la famiglia Berlusconi...

Di Alberto Maggi

Intanto gli istituti di credito hanno raddoppiato gli utili negli ultimi due anni

La soluzione potrebbe essere (di nuovo) una patrimonializzazione obbligata degli istituti di credito, ma niente soldi allo Stato per la Legge di Bilancio


L'ipotesi di un "contributo" da parte delle banche per sostenere la crescita e gli interventi a favore di famiglie e imprese nella Legge di Bilancio per il prossimo anno è un terreno scivolosissimo per la maggioranza. Venerdì 20 settembre a rilanciare la proposta ad Affaritaliani.it è stato Marco Osnato, presidente della Commissione Finanze della Camera e responsabile economico di Fratelli d'Italia. Quindi non certo un deputato a caso, anzi il top del partito della premier sui temi economici e finanziari.

Osnato ha sottolineato con molta precisione però che non dovrà esserci alcuna "contrapposizione" tra governo e sistema del credito e che il clima deve essere assolutamente sereno e che, inoltre, un contributo alla crescita conviene anche alle stesse banche. Forza Italia, per bocca del portavoce nazionale Raffaele Nevi, sempre su Affaritaliani.it, si è detta d'accordo con il "contributo" allargandolo però anche alle assicurazioni e alle multiutility dell'energia che in questi anni post-Covid, insieme alle banche grazie al rialzo dei tassi di interesse da parte della Bce, hanno macinato utili forse come era accaduto prima. 

Il ministero dell'Economia e delle Finanze tace, nessuna dichiarazione e nessun commento da Via XX Settembre nonostante le domande poste da Affaritaliani.it sabato mattina. D'altronde la linea del titolare del Mef Giancarlo Giorgetti è quella della massima prudenza e di cercare di non creare tensioni tra l'esecutivo e alcuni dei più importanti attori del sistema economico-finanziario del Paese.

Fonti qualificate spiegano che Forza Italia è in realtà contraria a quella che una volta si chiamava tassa sugli extra-profitti delle banche visto che a mettere le mani al portafoglio dovrebbero essere anche i figli di Silvio Berlusconi che controllano una quota rilevante di Mediolanum attraverso Fininvest. E quindi - spiegano le stesse fonti - allargare la platea ad assicurazioni e multiutility dell'energia è come o spalmare il contributo in modo che sia quasi irrilevante per gli istituti di credito o addirittura far decadere il piano. Ma se a parlare è stato Osnato vuol dire che Giorgia Meloni un pensierino ce lo sta facendo. Dalla Lega, non dal Mef (cosa ben diversa), bocche cucite. 

Off the record il Carroccio risponde che sono concentrati sul processo Open Arms a Palermo con la richiesta dei pm di sei anni carcere per il vicepremier Matteo Salvini e che non intendono in questa fase aprire altri fronti nella maggioranza. Alla fine, ascoltando varie opinioni di deputati e senatori sia del Centrodestra sia delle opposizioni, il "contributo" chiesto alle banche e non solo difficilmente vedrà la luce. Al massimo finirà come era successo lo scorso anno, quando il governo - dopo l’intervento della Bce - era dovuto tornare sui suoi passi e concedere la facoltà poi sfruttata dalle banche di destinare a riserva un multiplo (2,5) della cosiddetta imposta sugli extra-profitti, in luogo del suo versamento nelle casse dello Stato. Una sorta di patrimonializzazione obbligata degli istituti di credito che rafforza le banche italiane, e questo è certamente un dato positivo per la tenuta del sistema-Paese, ma nessun euro per contribuire in Legge di Bilancio al taglio del cuneo fiscale fino a 60mila euro, almeno nelle intenzioni dell'esecutivo, e per innalzare le pensioni minime.

Tutto ciò nonostante l'ultimo biennio sia stato davvero d'oro per il settore bancario. In due anni i primi sette gruppi bancari del Paese hanno visto quasi raddoppiare gli utili, passati da 6,7 a 12,9 miliardi di euro, per una crescita tra il primo semestre di quest'anno e lo stesso del 2022 del 93,1%. Una dinamica di natura eccezionale, trainata dall'effetto degli alti tassi di interesse e che ha consentito alle Banche di conseguire una marginalità eccezionale. A rilevarlo è un'analisi dell'Ufficio Studi & Ricerche della Fisac Cgil su come i primi sette gruppi bancari (Intesa Sanpaolo, Unicredit, Banco Bpm, Bper, Mps, Credem e Bp Sondrio) hanno raddoppiato gli utili in meno di due anni. Questi numeri da record, osserva la segretaria generale della Fisac Cgil, Susy Esposito, "generati da una congiuntura favorevole, devono indurre il settore a un investimento forte sul fronte dell'occupazione. Siamo nel pieno di una rivoluzione digitale che impatta sul mondo bancario ed è per questo importante mettere al centro la contrattazione come strumento di valore per garantire occupazione, diritti e tutele alle lavoratrici e ai lavoratori del settore. Serviranno investimenti importanti sulla formazione, per garantire percorsi di riqualificazione, e al tempo stesso nuova e buona occupazione".

Nella composizione dei ricavi, sottolinea lo studio della Fisac Cgil, grande peso ha il margine di interesse cresciuto, sempre per i primi 7 gruppi, del 74,6% in due anni, passando a 11,8 miliardi del primo semestre 2022 a 20,7 miliardi del 2024. Concausa di questi risultati il contestuale e modesto incremento dei tassi passivi e la più lenta discesa di quelli attivi, ovvero finanziamenti e mutui che ad agosto si sono attestati a circa il 5% medio per le imprese e 3,4% per i mutui alle famiglie. Per quanto riguarda invece la remunerazione dei depositi, sempre ad agosto, registrava un tasso medio pari a 1% (1,05% a giugno e 0,32% a giugno 2022) ma per la sola componente dei conti correnti il tasso medio applicato è stato dello 0,53% (0,58% a giugno e 0,02% nel giugno 2022).




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