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Politica
Mattarella a Bergamo per le vittime: “Riflettere su errori per non ripeterli"

"Qui a Bergamo, questa sera, c'è l'Italia che ha sofferto, che è stata ferita, che ha pianto. E che, volendo riprendere appieno i ritmi della vita, sa di non poter dimenticare quanto è avvenuto". E ancora: "Bergamo, oggi, rappresenta l'intera Italia, il cuore della Repubblica, che si inchina davanti alle migliaia di donne e di uomini uccisi da una malattia, ancora in larga parte sconosciuta e che continua a minacciare il mondo”.

Le parole di Sergio Mattarella attraversano la notte limpida in cui la Bergamo dei ‘lutti sospesi’ trova pace per i seimila morti per coronavirus. Il luogo iconico è il ‘suo’ cimitero monumentale, chiuso nei giorni più crudeli della pandemia, oggi aperto all’arte e alla musica, e occupato dai 243 sindaci con la fascia tricolore della provincia seduti sulle sedie blu a distanza di sicurezza. 

L’orchestra di cento elementi, diretti da Riccardo Frizza, dedica il Requiem firmato da Gaetano Donizetti alla città del corteo dei mezzi militari che trasportavano altrove le salme perché i forni crematori erano zeppi, dell’ospedale ‘Papa Giovanni’, capofila dei fortini sanitari, della Valle Seriana svuotata della sua generazione più fragile e più saggia. Il pensiero di tutti va a quel pezzo disegnato nel cimitero dove sono stati seppelliti tutti i morti di Covid_19 tra febbraio e marzo, privati di un conforto che si compie finalmente sotto alle quattro colonne del maestoso camposanto avvolte dalla bandiera italiana. 

Nella Chiesa di Ognissanti che, durante i giorni peggiori ha custodito le salme dei bergamaschi morti senza la mano di un caro negli ospedali,  Mattarella depone una corona di fiori ai piedi della lapide in memoria delle persone decedute per il Covid_19, dopo avere salutato il vescovo di Bergamo, monsignor Francesco Beschi, il presidente del consiglio comunale, Ferruccio Rota, l’assessore ai servizi cimiteriali Giacomo Angeloni, il presidente della Fondazione Teatro Donizetti Giorgio Berta ed Ernesto Olivero, fondatore del Sermig, accompagnato dai tre giovani del Servizio Missionario Giovani.

Sulla lapide è stata incisa una poesia scritta da Olivero e letta da una volontaria. Dopo le note dell’inno nazionale, il capo dello Stato esorta a percorrere il cammino impervio “con coraggio e determinazione, con tenacia, con ostinazione, con spirito di sacrificio”. “Queste sono le doti di questa terra, che oggi parlano a tutta l'Italia per dire che insieme possiamo guardare con fiducia al nostro futuro”, è il messaggio di speranza. Poi c’è spazio anche per la lettura del brano ‘Addio ai Monti’, uno dei passi più intensi dei ‘Promessi sposi’ che racconta il commiato di Renzo e Lucia al loro paese natale per sfuggire alle insidie di don Rodrigo. Dal sindaco di Nembro, Claudio Cancelli, arriva un invito a camminare insieme.

"In certi momenti lo Stato è sembrato lontano e abbiamo dovuto attivarci noi sul territorio, ora c'è bisogno di una riconciliazione che passa attraverso la coesione istituzionale a tutti i livelli e tra le diverse forze politiche". "Nei nostri paesi - prosegue - ci sono stati diversi momenti di riconciliazione legati ai lutti. Questa serata ha però un forte significato emotivo e simbolico, con la presenza del presidente della Repubblica Sergio Mattarella che indica la presenza dello Stato e di una visione condivisa di quello che è successo, oltre che un momento di tributo nei confronti dei caduti che è necessario”.

Circa duecento persone si sono radunate dietro lo sbarramento presidiato dalle forze dell'ordine che delimita l'area vicina al cimitero monumentale di Bergamo dove si sta svolgendo la commemorazione delle vittime del coronavirus alla presenza anche del capo dello Stato, Sergio Mattarella. Tre gli striscioni mostrati da alcune di loro. In uno, il più grande, si legge `Ci avete lasciati soli a piangere e lavorare quando erano altre le cose da fare: Bergamo non dimentica´, in un secondo la scritta `Vergogna, Bergamo non dimentica´ e in un terzo le parole `Verità e giustizia´. I partecipanti al presidio spontaneo non rappresentano un gruppo coeso, ciascuno sembra avere le proprie ragioni anche se in diversi manifestano il desiderio di poter partecipare alla cerimonia.

«Quella di stasera è una vetrina - dice Edoardo - dovevano far partecipare noi cittadini e farci pregare i nostri morti». «Sono qui perché non ho più una lacrima - spiega Arturo - ho perso 5 familiari da dicembre a oggi. Avrei tanto voluto entrare». «Siamo qui perché siamo bergamaschi - dicono marito e moglie - e siamo stati tutti colpiti dal virus». «Sono qui per vedere le Frecce tricolori, ho letto che dopo passano», è la motivazione di Sergio. Tutto molto tranquilli, senza disordini e tanta persone che guardano la serata sui telefonini invece che a casa, per stare comunque insieme in una serata speciale.

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