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Politica
Mattarella, un sistema non può essere realmente democratico quando non c’è sintonia tra il popolo e le istituzioni
Foto LaPresse

Al direttore di "Libero", Pietro Senaldi-che evidenziava, nel talk di Floris, l'inopportunità politica di far eleggere il successore di Mattarella dall'attuale Parlamento- Pigi Bersani, leader del cespuglio "LEU", ha replicato, furibondo :"Non si permetta di dire che questo governo di Conte, sostenuto dal PD e da M5S (pesantemente sconfitti in Umbria), è abusivo". Evidentemente, l'ex ministro emiliano non intende riconoscere che un sistema non può essere considerato realmente democratico quando non c'è sintonia tra i cittadini e le istituzioni. E l'attuale governo è senz'anima, privo di quella larga e convinta legittimazione popolare, di cui i grillini si sono sempre dichiarati, a parole, gli autentici interpreti.

Non un "infame populista", come Matteo Salvini, ma un esponente del PD, Fabrizio Barca- figlio di Luciano, che fu un autorevole collaboratore del marchese Berlinguer, allora segretario del PCI- ha detto :" Demonizzando Salvini, si è formato un governo, diretto dallo stesso premier dell'esecutivo gialloverde. Siamo caduti  nel grottesco, cosi' si insultano i cittadini e si mortificano le istituzioni". Come Barca la pensa un "grande vecchio" comunista, don Emanuele Macaluso. Il quale ha ricordato che non è mai avvenuto, non solo in Italia, ma in tutte le democrazie, che lo stesso Presidente del Consiglio abbia continuato a governare, dopo aver sostituito un pezzo della  precedente maggioranza con un pezzo della ex opposizione.

Più colto di Bersani, Macaluso ricorderà, certamente, Cicerone ("la sovranità appartiene al popolo, il cui bene è la legge suprema") e l'allora Presidente della Repubblica, Luigi Einaudi :"Il suffragio popolare è un mito. Ma è un mito necessario ed è il migliore, che sinora si sia inventato". Sul piano più strettamente politico, il predecessore di Renzi al vertice del PD dovrebbe riflettere su un altro punto, non secondario. Qualora il governicchio di Conte, malgrado le batoste nelle Regioni e la scarsa rappresentatività popolare, continuasse la sua navigazione fino al 2023, verrebbero rilanciati il grande nemico di Pigi, Matteo Renzi, Maria Elena Boschi e il renzismo, che gli italiani hanno archiviato, a grande maggioranza, esprimendosi al referendum del 2016 e alle politiche del 2018.

E sarebbe inferta una ferita, prima che alla politica, all'etica, con i cittadini spinti sempre più lontano dai partiti che, grazie a una risicata maggioranza parlamentare, tutt'altro che coesa, confermano a Palazzo Chigi non un "avvocato del popolo", ma l'avvocato di se stesso. Il cui pletorico gabinetto è formato da una maggioranza diversa, litigiosa e antitetica rispetto a quella, che lo sostenne per i primi 16 mesi della legislatura.  Ovviamente, la decisione sullo scioglimento delle Camere non spetta nè a Salvini, leader in ascesa dell'opposizione, nè tantomeno a Bersani, capo di un partitino con percentuali da prefisso telefonico. Compete al Capo dello Stato, da cui si attendono non solo calcoli sui numeri degli schieramenti, che potrebbero cambiare nelle prossime settimane, ma valutazioni serie sulla corrispondenza, o sulla frattura, tra Paese reale e "teatrino politico", oggi molto  distante dalle esigenze, reali, del popolo. Tali istanze erano tenute, in gran conto, dai personaggi, che hanno guidato, nel secolo scorso, il "partitone rosso". Il PCI  mobilitava le folle per dimostrare la consistenza, il peso del Paese reale, trascurato dal "Palazzo", di pasoliniana memoria.

Adesso, invece, i successori dei Berlinguer e dei Longo restano incollati alle poltrone, ignorando, ritardando o, peggio, irridendo (come ha fatto Conte) i voti dei cittadini. Costoro ammettono, esplicitamente, che l'unico elemento in grado non di far gestire le tante emergenze del Paese, ma di consentire a premier e ministri di restare attaccati alle poltrone è l'anti-salvinismo. E,soprattutto, il timore di dire addio-quando verranno riaperte le gabime elettorali- ai seggi, al governo,  agli incarichi nella RAI e nei vertici, presto in scadenza, dei tanti, ambiti enti del sottogoverno.  

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