Matteo Renzi, la verità sulla guerra con Bersani nel Pd
Di Alberto Maggi (@AlbertoMaggi74)
Renzi continua a forzare la mano con la minoranza Pd. Bersani, che non ha partecipato alla riunione dei parlamentari dem al Nazareno, chiede di tornare al metodo Mattarella. Ovvero alla scelte condivise. Ma il premier, come spiegano ad Affaritaliani.it fonti renziane, non ha alcuna intenzione di scendere a compromessi con la sinistra interna. Sull'elezione del successore di Napolitano quel metodo è andato bene non perché accontentare Bersani e Fassina, ma per isolare e umiliare Silvio Berlusconi.
In Parlamento c'è chi afferma che il presidente del Consiglio sarebbe pronto a qualunque cosa pur di liberarsi dell'opposizione dem e lo si è visto bene sul Jobs Act. La strategia di Renzi, in sostanza, sarebbe quella di indurre la minoranza a rompere e lasciare il partito. Ovviamente non arriverà mai all'espulsione, ma spera che siano i 'nemici' interni a sbattere la porta. In questo momento non esiste una sinistra organizzata. Landini ha smentito più volte la discesa in politica e non c'è all'orizzonte la nascita di una Tsipras italiana. Quindi quella di Bersani & Co. è una "guerriglia" fine a se stessa e senza un preciso obiettivo.
Il premier dorme sonni tranquilli ed è disposto, a partire dall'Italicum, ad alzare nuovamente la posta, stoppando le richieste di modifiche anche sostanziali che sono arrivate dalla sinistra Pd. Renzi è convinto che gli oppositori interni non abbiano il coraggio, specie al Senato, di mandare sotto il governo. "Ma il segretario non si fa scrupoli", spiega una fonte vicina al capo dell'esecutivo. "Finché la minoranza fa dichiarazioni belligeranti lui tira dritto. Se poi dovesse davvero votare contro e mettere il Pd in minoranza in Parlamento andrebbe rapidamente al voto, anche con questa legge elettorale", spiegano al Nazareno.
"Con Grillo in difficoltà, il Centrodestra distrutto e succube di Salvini e la sinistra-sinistra non organizzata, Renzi è convinto di arrivare facilmente al 40 per cento, se non oltre". In sostanza il premier "provoca" Bersani, Fassina, Cuperlo e gli altri sperando che siano loro ad andarsene per poi additarli come traditori. E' pronto ad andare avanti così con la guerriglia interna, ma se la minoranza avrà il coraggio di passare dalle parole ai fatti il passo successivo sarebbe le elezioni. Ovviamente senza ricandidare i 'dissidenti'.