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Politica
Meloni teme il caos sulla manovra. FdI e Lega si piegano ai diktat Ue. Inside
Meloni Salvini Tajani

Mes, leader di Centrodestra zitti. Verso un imbarazzante (per Meloni e Salvini) ok all'Unione europea

La Legge di Bilancio è finalmente arrivata in Parlamento, esattamente in Senato, dopo l'ultimo vertice di ieri a Palazzo Chigi che ha chiuso gli ultimi nodi. La nota della presidenza del Consiglio ha sbandierato la compattezza della maggioranza di Centrodestra e ha ribadito che, come chiesto espressamente da Giorgia Meloni, nessun partito della coalizione che sostiene l'esecutivo presenterà emendamenti. L'obiettivo, come noto, è quello di un iter rapidissimo per arrivare all'approvazione definitiva della Finanziaria ai primi di dicembre per rassicurare i mercati finanziari e tenere a bada lo spread.

Ma in Parlamento, all'interno dello stesso Centrodestra, nessuno crede che alla fine Forza Italia rispetterà l'impegno di non presentare emendamenti. Anzi, è opinione diffusa che in commissione Bilancio a Palazzo Madama spunteranno diversi emendamenti azzurri ("Nemmeno Berlusconi controllava i suoi parlamentari, figuriamoci adesso che non c'è più", raccontano i rumor insistenti), alcuni sui temi chiave come gli affitti e la cedolare secca (dossier sul quale il partito fondato da Silvio Berlusconi di fatto ha perso la partita) sia sull'aumento delle pensioni minime (storica battaglia del Cavaliere) sia su vari argomenti, magari piccoli e locali, come accadeva ai tempi del pentapartito quando la manovra economica diventava il classico "assalto alla diligenza". Insomma, stando a fonti parlamentari di alto livello e di Centrodestra, "ne vedremo delle belle nelle prossime settimane". Anche perché "se Forza Italia rompe il patto, poi è difficile che non lo faccia anche la Lega".

E ovviamente le opposizioni sono pronte a denunciare la finta unità della maggioranza. Alla fine poi in Aula, sia al Senato sia alla Camera, ci sarà la fiducia e la Legge di Bilancio verrà approvata, ma se davvero dovessero esserci emendamenti di Forza Italia, come tutti in Parlamento scommettono accadrà, si romperà il patto preso dai leader delegittimando così la presidente del Consiglio.

Altro tema, che si lega a doppio filo con la manovra, è la ratifica del Mes che tornerà all’esame dell’aula di Montecitorio da lunedì 20 novembre, dopo la sospensiva di 4 mesi voluta dalla maggioranza e votata dalla Camera prima della pausa estiva dei lavori. Lo ha stabilito la conferenza dei capigruppo della Camera. “Non dovremmo perdere di vista l’importanza di finalizzare la riforma del Meccanismo Europeo di Stabilità (Mes), e attendiamo con impazienza la ratifica del trattato sul Mes in Italia, che creerà un sostegno pubblico comune al Fondo di Risoluzione Unico”, ha scritto qualche giorno fa il presidente dell’Eurogruppo Paschal Donohoe, in una lettera al presidente del Consiglio Europeo Charles Michel.

Le ultime parole di Meloni su questo argomento scottante sono state quelle pronunciate il giorno prima del Consiglio Ue quando, intercettata dai giornalisti tra Montecitorio e Palazzo Madama, la premier ha risposto: "Non è un oggetto del consiglio europeo". Il punto è delicatissimo. La premier, sempre stata contraria, ha tirato la corda fino all'ultimo ma ora l'Italia deve decidere. L'intenzione di Meloni è quella di utilizzare l'eventuale via libera al Mes per strappare in cambio qualcosa sulla riforma del Patto di Stabilità, ma la strada è tutta in salita.

Secondo quanto risulta ad Affaritaliani.it, diversi deputati della maggioranza hanno chiesto ripetutamente ai leader del Centrodestra che cosa dovranno fare sul Mes tra venti giorni e tutti, da Meloni a Salvini fino a Tajani, hanno sempre cambiato discorso evitando di dare una risposta precisa e chiara. "Nemmeno i capigruppo lo sanno, l'imbarazzo è evidente", spiegano fonti di Fratelli d'Italia. Il ministro dell'Economia Giancarlo Giorgetti, pur essendo vicesegretario della Lega, è favorevole all'ok dell'Italia sapendo bene che il via libera gli darebbe più forza in sede di Eurogruppo per trattare con i partner Ue. Ma la premier deve trovare un escamotage per vendere all'opinione pubblica il sì al Mes senza farlo passare come un'altra sconfessione di ciò che diceva in campagna elettorale.

E la stessa cosa vale per Salvini, mentre Forza Italia - europeista nel Ppe - non ha alcun problema a votare la ratifica. Alla fine, quasi certamente, la maggioranza darà indicazione di votarlo, magari con diversi ordini del giorno che impegnino il governo a dare battaglia a Bruxelles su altri fronti (dai migranti al Pnrr fino al Patto Ue), ma con diverse defezioni di deputati leghisti e anche di FdI. Poi l'ok arriverà comunque senza problemi vista la posizione a favore di Pd e centristi vari. Ma per la maggioranza sarà un passaggio difficilissimo, soprattutto dal punto di vista mediatico. E infatti il tema è come far digerire ai propri elettori il rospo dell'ennesimo diktat dell'Ue. Iscriviti alla newsletter






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