Meno male che Giorgio c'è
di Angelo Maria Perrino
Ci voleva Giorgio Napolitano a fischiare la fine della ricreazione nel chiassoso e sempre garrulo Palazzo romano... che dire, meno male che Giorgio c'è.
Perché "questi" sono tutti impazziti. E sì perché con il Paese ridotto ai minimi termini, l'economia in ginocchio, il debito pubblico galoppante, la disoccupazione senza precedenti, le imprese che chiudono a frotte, lo Stato che non ha i soldi per rimborsare neanche le spese essenziali del servizio sanitario nazionale, i suicidi a ripetizione, i giovani senza prospettive, la pressione fiscale ai massimi... ebbene questi qua - ossia i partiti e i loro interfaccia nei giornali - si baloccano tutti i giorni a montare casi inesistenti o comunque di scarso rilievo - come il caso Calderoli e la questione kazaka - e portano il governo, l'unico possibile, sull'orlo di una crisi probabilmente esiziale, che ci porterebbe al default.
Incredibile la leggerezza e l'irresponsabilità di questa classe politica e di questa classe giornalistica che ne è la degna interfaccia. Questi scellerati che gestiscono indebitamente e irresponsabilmente il bene comune, questi leader politici che hanno portato il paese più bello del mondo alla bancarotta e non si ritirano manco morti, questa compagnia di giro che fissa l'agenda nazionale delle priorità e salta dalle prime pagine ai talk show, sempre loro, sempre narcisisticamente e irresponsabilmente assisi davanti a qualche microfono, questi brutti soggetti si permettono ancora di baloccarsi con il marketing e le scaramucce del proprio posizionamento (si scannano già per le elezioni europee della prossima primavera!) dilapidando energie e attenzioni per questioni futili e di nessuna importanza.
La gente non sa più come dirglielo di mettere la testa a posto e di occuparsi dei problemi reali, lavorando sodo in Parlamento e al governo per intensificare la produzione di leggi e provvedimenti utili a rilanciare l'economia e a ridare fiducia e speranza agli italiani. E vota per il vaffa di Grillo o si rifugia nell'astensione, per fargli capire che dovrebbero interrompere questa lunga ricreazione e fare le persone serie e perbene occupandosi di ciò per cui chiedono i voti, ossia gestire la nazione.
Viene in mente Simone Veil quando diceva che "fine primo e ultimo di ogni partito politico è il suo potenziamento senza limite alcuno". O quando aggiungeva che ogni partito non può che puntare alla propria espansione, e questo conduce tendenzialmente a trasformare lo strumento in un fine, o comunque a perdere di vista il bene comune. "I partiti sono meravigliosi meccanismi in virtù dei quali in tutto il Paese non rimane un solo spirito che presti la propria attenzione allo sforzo di discernere il bene, la giustizia e la verità".
I partiti sono i soggetti primari del confronto democratico. Ma queste sono fazioni di cacicchi che pensano solo al loro tornaconto spesso personale o di corrente.
Per fortuna a interrompere questo infinito scontro interno tra falchi e colombe dentro il Pd e dentro il Pdl è arrivato lo stop di Napolitano che ha richiamato alla decenza ricordando l'emergenza.
Lo abbiamo già detto e lo ripetiamo: Letta a palazzo Chigi è quanto di meglio l'attuale fase politica possa esprimere. E' un politico giovane e competente, un leader understatement e low profile, freddo, razionale e post ideologico, una sorta di gran commis che si offre per risolvere problemi.
Ma se lo lasciamo solo (politicamente) o gli mettiamo tutti i giorni il bastone tra le ruote non possiamo poi lamentarci del fatto che stia facendo poco. Come può fare se, in quanto manager dell'azienda Italia, si sente troppo spesso isolato e privato della fiducia degli azionisti di maggioranza Pd e Pdl? E messo tutti i giorni in discussione dai grandi giornaloni che poi egemonizzano la produzione di senso e la definizione delle priorità nazionali?
Un po' di serietà, dai! Basta col gioco al massacro. Nessuno ha in mano la più vaga alternativa a questo governo. Né ha senso evocare le elezioni, che ci sono state pochi mesi fa e che dunque non risolverebbero i problemi. Non ci sono palingenesi né colpi di teatro. Ma una diuturna fatica nel governare il Paese in un momento di difficoltà senza precedenti. Con competenze, serietà, rigore e responsabilità. Il resto va denunciato e combattuto.