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Politica

Di Sergio Luciano

Cambiano le epoche ma gli archetipi della vanità si ripropongono sempre, pari-pari. L'ondata polemica che sta coprendo il social-network degli aforismi e dei fonemi, soprattutto dopo il "beau geste" di Enrico Mentana che ha deciso di uscirne dopo aver constatato anche a sue spese l'ovvio, cioè che sui social c'è, anche, tanta munnezza… va ridimensionata.

Attenti a prendere per oro colato tanto civico afflato, tanto etico sdegno. Il dato vero è che su Twitter, come sui social in genere, siamo tutti gatti grigi. Possiamo avere al massimo un quarto d'ora di celebrità - ci perdoni Warhol - ma più probabilmente 15 secondi, poi più. E chiamarsi Mentana, o Napoleone Bonaparte, ammesso che non sia un "fake", non difende dai vaffa.

Peraltro, il bravissimo anchorman è stato soprannominato a suo tempo Chicco "Mitraglia" per il suo velocissimo e, appunto, sincopato di esporre le news. Antesignano, in realtà, dello stile di Twitter. Si potrebbe parlare di nemesi storica.

Eppure il dibattito pro e contro Twitter, in sé, non è un male. Semmai c'è del bene nel fatto che la sacrale intoccabilità radical-chic che si fingeva di attribuire ai social sia in via di ridimensionamento. Ma la predica contro gli eccessi dei social non ha la stessa credibilità indipendentemente dal pulpito dalla quale parte.
Più di un anno fa, Affari Italiani - che senza strepiti vive sul web da diciotto anni, è diventato maggiorenne! - inaugurò una rubrichetta, "Il 141° carattere", che non ebbe nessuna fortuna, forse perchè era un po' prematura, che voleva sfottere, almeno nel titolo, la pretesa di poter ricondurre qualunque dibattito, qualunque confronto, a battutine da quattro parole, andreottismi - parlandone con rispetto - che non consentono mai di capire, di approfondire, di esaminare il pro e il contro che qualunque tematica rappresenta.

E' del tutto ovvio che Twitter abbia questi limiti, la sua spinta propulsiva sta oggettivamente arrestandosi, e del resto non si può paragonare un bacio al fare l'amore, e Twitter sta in questa proporzione rispetto al discutere, e al "dire la propria". Diverte, questo sì, ma vale quel che vale. E oggettivamente, l'apodittica sinteticità di un "vaffanculo" è un genere che si presta alla concisione dei 140 caratteri meglio di tante altre cose.

Ma c'è di più. I talebani della Rete, anziché limitarsi a viverci dentro - come è ovvio, naturale e giusto fare, visto che la Rete è oggi, ma non da oggi e per un futuro senza fine, una nuova "dimensione" del vivere sociale dell'umanità - pretendono di eleggerla a Paradiso terrestre. Una stratosferica scemenza. La Rete non è l'Eden. La Rete siamo noi, belli e brutti, buoni e cattivi, santi e demoni, narcotrafficanti e crocerossine, pedofili e asceti, speculatori e sceriffi. La Rete è lo specchio esatto dell'umanità, c'è dentro tutto. E quindi ci soo anche gli impostori, lupi travestiti da Agnelli. Quale sorpesa se di quando in quando emergono anche e soprattutto le brutture?

C'è piuttosto un tema vero, di cui poi i radical chic alla Mentana s'accorgono solo se e quando i fenomeni classificabili come negativi pestano i loro venerabili calli. O quando la nuova madonna laica del benpensantismo italiano, la presidente della Camera Laura Boldrini, viene insultata dai teppisti internettiani. Ed è l'impossibilità del "sistema" di controllare la rete.

Per essere chiari: se oggi qualcuno scrive su un muro di Milano con una bomboletta spray: "Luciano ladro", la vittima può andar lì e cancellare la scritta, il condominio su cui la frase è immortalata provvede comunque a farlo, e se un vigile di quartiere vede la scena c'è il caso che intervenga e dia del teppista al "writer"; se su Affari Italiani scriviamo "Pinco Pallino ladro", costui ci querela; se qualcuno lo dice in tv o alla radio, e Pinco Pallino registra, idem.
Se invece qualcuno scrive la stessa cosa su un social network, nascosto da un nickname, vattelapesca; e se anche lo si vuol cancellare, non ci si riesce. Il famoso "diritto all'oblio" non c'è. "Google suggest" suggerisce ai naviganti gli accostamenti più cercati tra una parola e l'altra, non quelli più veri. Nessuno ha ancora capito come risolvere questo genere di problemi inediti, nella storia della comunicazione umana. I cinesi, che vanno giù per le spicce, stanno censurando tutto l'Internet che non sia scritto in caratteri mandarini, con ciò precludendo il loro web a 5,5 miliardi di terrestri su 7. Forse è un modo un po' brutale.

Ragionevolmente, non c'è da credere né che i giuristi di tutto il mondo trovino presto una quadra, né che i "grandi Fratelli della Rete, che su questo fenomeno fanno soldi da paura, si ingegnino più di tanto a risolvere i problemi: cosa gliene frega a Facebook e a Twitter se qualcuno manda aff… Mentana o Luciano o chiunque?

Quindi: prendiamoci la Rete com'è, come l'aria che respiriamo e l'acqua che beviamo, che possono essere inquinate ma ci servono, cerchiamo di non inquinarla noi e di filtrarla, cerchiamo di combattere gli inquinatori. Ma evitiamo di metterci in pose eroiche, di atteggiarci ad anime belle e e di lanciare anatemi solo perché lo schizzo fastidioso è arrivato nel nostro occhio.
 

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