Si spacca la minoranza del Pd. Cuperlo ha bacchettato D'Alema
Gianni Cuperlo non l’ha presa affatto bene. L’intervento di Massimo D’Alema all’assemblea della minoranza dem di sabato scorso ha finito per coprire mediaticamente un’iniziativa che voleva avere tutt’altro sapore. Niente a che vedere con il "riprendiamoci il partito" che ha finito per sminuzzare "come un tritacarne", spiegano al quotidiano Europa fonti vicine all’ex presidente dell’assemblea dem, il tentativo di costruire un’area di sinistra interna che si ponga nel lungo termine come alternativa a Renzi, ben sapendo che oggi, però, non esistono alternative valide alla collaborazione con il segretario-premier.
Una linea che, di fatto, somiglia molto di più a quella portata avanti dai Giovani turchi, che con la loro associazione Rifare l’Italia hanno nel frattempo programmato una serie di iniziative da giugno a ottobre, sottraendo anche forze all’asse Bersani-D’Alema: l’ultimo ad aderire è stato l’ex tesoriere dem, Antonio Misiani.
Cuperlo ha trascorso l’intera giornata di ieri a provare ad aggiustare il tiro, complice anche la partecipazione a Trieste alle iniziative pre-elettorali della renzianissima Isabella De Monte, candidata alle europee. «Renzi è il nostro leader e il nostro premier – ha affermato l’ex presidente dell’assemblea dem – sosteniamo in modo convinto e leale la sua azione di governo e di rinnovamento». Una dichiarazione molto apprezzata da Graziano Delrio.
Ancor più delle parole, però, contano i fatti. E allora ecco che a palazzo Madama il banco di prova più importante, quello delle riforme, finora è stato affrontato in maniera concorde dalla stragrande maggioranza del partito e, comunque, certamente da renziani e cuperliani di diversa origine. Oggi l’assemblea dei senatori sancirà probabilmente con un voto la linea da seguire: recepire il testo del governo su riforma del senato e del Titolo V come base di partenza, riservandosi la facoltà di presentare emendamenti unitari per modificarne alcuni aspetti, relativi soprattutto alle funzioni della nuova camera alta. Rispettando, comunque, i paletti posti dal premier riguardo soprattutto alla non eleggibilità dei senatori.
Un punto che continua a dividere invece il resto del gruppo da coloro i quali sostengono il disegno di legge alternativo proposto da Vannino Chiti. Il numero dei dissidenti si è in realtà già assottigliato, dopo la defezione di Silvana Amati e l’appello pubblico di altri due firmatari (Claudio Broglia e Giuseppe Cucca) a ritirare il testo. I margini per evitare dolorosi strappi ci sono, visto anche che il lavoro sugli emendamenti è appena agli inizi e si può aprire una discussione in proposito, a patto di superare lo scoglio dell’ineleggibilità.
Restano invece i dubbi sulla possibilità di arrivare entro le europee all’approvazione in aula in prima lettura della riforma: «Più probabile che si ripieghi sul sì della commissione», spiegano fonti dem di palazzo Madama.
Poi, si riaprirà la partita dell’Italicum. Su quella, l’ex mozione Cuperlo promette già battaglia su alcune modifiche ritenute irrinunciabili. Ma per calibrare la propria offensiva, gli esponenti della minoranza aspettano di vedere il risultato che uscirà delle urne.