Una democrazia sempre meno costituzionale e più...Napolitana
Un'entrata, molto pesante e a gamba tesa, quella dell'arbitro, Re Giorgio, a favore di un suo ex compagno di squadra politica, il vecchio Pci, a partita, le elezioni dei giudici della Corte costituzionale, ancora in corso.
I parlamentari, bacchettati e tacciati di "settarismo" e di compiere "atti gravi"dal Colle per non aver, sinora, consentito l'elezione di Violante e del forzista Bruno, amico di Previti, alla Consulta, sarebbero riempiti di elogi, qualora obbedissero a Berlusconi e a Renzi, eleggendone i candidati ? Ma, nel nostro Paese, non ci sono, oltre a don Luciano e all'avvocato pugliese, altre personalità di rilievo, che possano occupare quelle ambite poltrone e percepire i relativi stipendioni?
Di strappo in strappo, la nostra è, ogni giorno che passa, una democrazia sempre meno costituzionale e sempre più...Napolitana. E solo Beppe Grillo si oppone?
Il nostro, del resto, è uno strano Paese dove, come è noto, Veltroni, pur avendo guidato i giovani comunisti del partito di Berlinguer, si è sempre dichiarato un fervente anticomunista. E dove Fini-che scese in piazza, facendo il saluto romano, con i giovani neofascisti piuttosto "vivaci"- ha bocciato la dittatura di Mussolini come "il male del secolo scorso".
E, dunque, non è in discussione la legittimità delle nuove posizioni di don Luciano Violante sui nodo, da sempre incandescente, dei rapporti tra politica e giustizia.
Ma, in nome della chiarezza e della trasparenza, oggi più che mai necessarie, non sarebbe utile che l'ex Presidente della Camera diradasse i dubbi, confutando la tesi di quanti ipotizzano che la scelta sia legata a convenienze politiche e alle aspirazioni, legittime, per la poltrona e lo stipendione della Consulta ? E motivasse, pubblicamente, le ragioni del suo passaggio da leader, negli anni 90, del cosiddetto "partito dei giudici"-che gli valse la definizione, da parte di Cossiga, di "piccolo Vishinsky"- all'adesione totale alla tesi, in passato "dalemona" e oggi "renzuscona", del primato della politica e del Parlamento sulla magistratura, spingendosi a proporre il superamento dell'obbligatorietà dell'azione penale.
Pietro Mancini