Neanche il re può quadrare il cerchio
di Gianni Pardo
giannipardo@libero.it
Abbiamo tutti aspettato l’oracolo del Quirinale e siamo stati delusi. Ma è colpa nostra. Se prima abbiamo affermato che il problema era senza soluzione, perché mai una soluzione avrebbe dovuto trovarla Giorgio Napolitano?
I dati sono ovvi: 1) Bersani non è riuscito nel suo tentativo di formare un nuovo governo e infatti non è stato reincaricato. 2) Mantenendo il M5S la posizione di chiusura nei confronti del Pd e mantenendo questo partito la posizione di chiusura nei confronti del Pdl, neanche un altro Presidente del Consiglio incaricato riuscirebbe nell’impresa. 3) Le stesse dimissioni del Presidente della Repubblica accelererebbero la nomina del nuovo Presidente, ma il procedimento manterrebbe il Paese senza governo ancora per parecchio tempo. 4) Infine, secondo quel che ha detto il PdR, il Paese ha bisogno di adottare a breve alcuni provvedimenti.
Di fronte a questa realtà, Napolitano ha riconosciuto che se una cosa è impossibile per tutti lo è anche per lui. Purtroppo, forse pressato dalla necessità, ha proposto soluzioni discutibili.
Ha cominciato col ricordarci che l’Italia ha un governo, e che esso non è stato sfiduciato. Cosa tecnicamente esatta. Infatti non si è avuto un voto di sfiducia in Parlamento. Ma cosa sostanzialmente sbagliata, perché per un governo avere la fiducia corrisponde a dire che la maggioranza è pronta a sostenerlo. Se invece una consistente parte di questa maggioranza dichiara di non essere più disposta a farlo, la sfiducia è in atto e il governo deve limitarsi ad amministrare l’esistente. Fino alla fiducia al nuovo governo.
Tuttavia, secondo il Presidente, il Paese ha bisogno di alcuni provvedimenti, forse anche per impegni presi con l’Europa. E dunque, dal momento che l’esecutivo Monti è dimissionario, egli chiederà a due “gruppi ristretti” di saggi di proporre le norme necessarie in modo che il Parlamento le approvi. Purtroppo anche questa soluzione, apparentemente di buon senso, è sbagliata.
La politica è l’arte delle scelte. Non esistono soluzioni “indiscutibilmente giuste”. Esistono soltanto soluzioni che alcuni proclamano giuste, mentre altri sostengono che sono sbagliate. È per questo che alla fine si vota: perché dove non può l’arma della dialettica alla fine può il semplice numero. “Noi siamo più di voi e si fa come diciamo noi”. Si chiama democrazia. Questo problema si supera con le alleanze, raggiungendo dei compromessi prima di arrivare in aula.
Fra l’altro, la qualifica di “saggi” oggi in Italia rischia di fare paura. Fino a un paio d’anni fa la qualifica di “tecnici” faceva sognare molti; ora, dopo l’esperienza del governo Monti, parecchi hanno capito quello che i teorici hanno saputo da sempre: non esistono governi tecnici o di saggi, esistono soltanto governi politici che possono o governare bene o governare male.
Inoltre, quando i due gruppi - che siano ristretti, lunghi o aromatici - proporranno dei provvedimenti, potrà avvenire: a) che il Parlamento non li prenda nemmeno in considerazione; b) che essi siano votati da alcuni e non da altri, senza ottenere la necessaria maggioranza; c) che essi siano votati dalla maggioranza dei parlamentari, fino a divenire legge: ma in questo caso si realizzerebbe quella Große Koalition che il Pd ha stramaledetto. Cioè si realizzerebbe nei fatti ciò che fino ad ora si è rifiutato.
Qualcuno potrebbe sostenere che Pd e Pdl - ché di loro in fondo si tratta - non si assocerebbero: voterebbero quelle norme solo per amore di Napolitano. E poi continuerebbero a farsi la guerra. È possibile. Ma non dimentichiamo che quelle due fazioni hanno effettivamente e sinceramente, e non solo per sterile ostilità alla controparte, idee diverse sul da farsi. Se i saggi proponessero un incremento della pressione fiscale, il Pdl voterebbe sì? E se proponessero l’abolizione dell’art.18 dello Statuto dei Lavoratori, il Pd voterebbe sì?
Il Presidente si è a arreso all’impossibilità di formare un governo e, accedendo alla tesi di Grillo o facendo finta di accedervi, dice: un governo l’abbiamo già. Se le leggi sono buone, il Parlamento le vota. Se non le vota, intanto prendiamo tempo. E se l’Italia affonderà, non venite a raccontarlo a me. Come dicevano i romani, ad impossibilia nemo tenetur, nessuno è obbligato a fare l’impossibile.
Se l’Italia si troverà in gravissimi problemi, chi potrà beneficiarne sarà soltanto il Pdl. Potrà infatti dire di essere stato l’unico a proporre un governo vitale. Al contrario il Pd sarà il colpevole designato per ogni guaio in cui dovesse trovarsi la nazione. Non c’è da invidiarlo.