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Politica

Per l’Italia i mondiali di calcio finiscono qui. La vittoria dell’Uruguay ha infranto i nostri sogni di tornare a stringere la Coppa del Mondo. Ma il più deluso, ed arrabbiato, è Matteo Renzi, che sperava in una vittoria per dare nuova fiducia al Paese e consacrare un percorso di rinnovamento che doveva avere lo scopo di riportare l’Italia sulla strada della crescita. Un po’ come fecero gli SpringBoks nel Sudafrica post- apartheid. Nelson Mandela diede pieno appoggio alla nazionale di rugby che poi vinse la Coppa del Mondo nel 1995. Un trionfo che lasciò a bocca aperta i commentatori che nei mesi precedenti avevano pronosticato la sconfitta di un Paese in cui l’economia era in declino, così come la coesione sociale.

Una nazionale più lettiana che renziana, che non ha saputo tirare fuori la grinta, ma che invece ha tirato a campare. Il Presidente del Consiglio non potrà intestarsi nessun successo. Non potrà insomma replicare la vittoria del 1982, quando sotto Pertini l’Italia vinse i Mondiali. E in finale mandò a casa proprio la Germania. Bei tempi, quando i due Paesi si sfidavano sui campi di calcio, nell’industria e sui mercati finanziari. Oggi i ruoli si sono capovolti. Il premier deve contrattare con la Merkel concessioni sul rigore finanziario. La locomotiva teutonica macina crescita e l’Italia non riesce a riprendersi. In questi mondiali la Germania ha ancora qualche chance, mentre i paesi mediterranei, Italia e Spagna in testa, sono fuori. E ora a Renzi non resta che chiedere la testa di Prandelli per questa sconfitta. E magari anhe quella di Abete, che per la seconda volta ha scelto un ct incapace di guidare l'Italia calcistica.

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