Palazzi & potere
Brexit: i grandi sconfitti sono i giovani e Bruxelles

Un risultato incredibile e totalmente inaspettato, da giorni venivano pubblicati sondaggi da tutto il mondo che indicavano la volontà della maggioranza dei britannici di voler rimanere all’interno dell’Europa, tanti sono stati gli appelli da uomini di governo, dalle imprese, dai cittadini volti a sensibilizzare la popolazione.
A conclusione dello spoglio dei 382 seggi dove hanno votato oltre 33 milioni di cittadini che hanno espresso il loro sentimento, è emerso, anche se per pochi punti percentuali la volontà di tornare indipendenti, con il 51,4%, perché troppo spesso l’Europa non ha colto i segnali dei cittadini, ovvero maggiore forza, coesione, unione e soprattutto meno austerity.
Interessante però è la distinzione tra i votanti sia dal punto di vista anagrafico che territoriale, perché la maggioranza dei giovani tra i 18 e 25 anni hanno votato per il Remain insieme alla Scozia (La prima ministra della Scozia Nicola Sturgeon ha dichiarato che questo voto «chiarisce come la gente della Scozia veda il proprio futuro come parte dell’Unione europea») e Irlanda del Nord, questo a conferma della volontà e della comprensione da parte delle nuove generazioni, che in un contesto globale in forte mutamento dove i numeri contano, una Europa unita e forte ha un peso specifico. Diverso invece il voto degli over 50 e del Sud dell’Inghilterra che hanno optato per il LEAVE.
Duro colpo per il partito dei Labour, che hanno portato alle dimissioni del primo ministro David Cameron che ha rimesso il suo mandato rappresentando la necessità di una nuova e più forte leadership, che rischierà di essere ricordato come quello che ha portato fuori dall’Europa gli inglesi e avviato un percorso molto pericolo che potrebbe dare l’inizio ad ulteriori test di europeismo anche in altri stati membri.
Dall’opposizione invece grandi esaltazioni per la vittoria (di cui ancora non sappiamo il prezzo) guidata dal leader dell’UKIP (partito populista e nazionalista fondato nel 1993 con il principale obiettivo politico di opporsi al Trattato di Maastricht) e ottenere il ritiro del Regno Unito dall’Unione Europea – Nigel Farange che ha dichiarato questa vittoria come l’Indipendence Day oltre che essere "una vittoria della gente vera, una vittoria della gente ordinaria, una vittoria della gente per bene. Abbiamo lottato contro le multinazionali, le grandi banche, le bugie, i grandi partiti, la corruzione e l'inganno".
Viene spontaneo e naturale fare una riflessione su come il populismo, il puntare il dito contro una istituzione, purtroppo non ancora del tutto solida, che è l’unione europea venga utilizzata per raccogliere consensi. Un tema che da diverso tempo e da sempre auspicato dai padri fondatori dell’Europa già nel ’57 stenta a decollare, ovvero quello di andare verso gli stati uniti d’europa, proponendo un modello di tipo federale che metta sotto un unico cappello temi di grande rilevanza e rilievo come sicurezza, gestione dei migranti, debito pubblico solo per citarne alcuni. I primi “danni” legati ai risultati hanno portato già ad una svalutazione della sterlina molto forte, crolli della borsa e interventi da parte delle autorità per bloccare perdite importanti nel mercato azionario.
Questo European dream, questo desiderio di costituire gli Stati Uniti d’Europa è argomento di discussione in diversi consessi, riscontrando come normale che sia consensi ma anche critiche.
Questo grande topic è e sarà una grande scommessa che dovrà essere vinta e i principali protagonisti saranno i giovani europei che dovranno completare questo processo per continuare ad avere un ruolo centrale nelle politiche globali. Ciò che è avvenuto nella diplomatica e potente Inghilterra deve essere un monito importante che se non chiarito per tempo potrebbe scatenare un effetto domino senza precedenti e far svanire i tanti sacrifici fatti da milioni di europei nel corso di questi quasi 60 anni.
Andrea Chiappetta
Centro Studi Americani