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Palazzi & potere
LO SHOCK DELLA PANDEMIA RISCHIA DI TRASFORMARSI DA SIMMETRICO AD ASIMMETRICO
Lapresse

In un suo recente articolo, l'economista Andrea Bollino ha perfettamente inquadrato il problema dell'attuale crisi economica e finanziaria che sta investendo l'Europa, in ragione della pandemia, descrivendo compiutamente la teoria e le policies relative agli shock simmetrici e asimmetrici. Quella attuale, spiega Bollino, è una crisi che rientra nel novero dei primi (shock simmetrici), in quanto colpisce allo stesso modo tutti i Paesi; a differenza dei secondi (shock asimmetrici), che invece interessano in maniera differenziata questo o quel sistema. A shock simmetrici, scrive sempre Bollino, la risposta che i policy-maker sono chiamati a dare dovrebbe avere contenuti coordinati e tempestivi. Altrimenti, il rischio è quello che la crisi, per ragioni eminentemente endogene, cioè di inefficienza e incapacità, sempre degli stessi policy-maker, si trasformi da simmetrica ad asimmetrica. Se così fosse, a perderci sarebbero proprio i Paesi più deboli dal punto di vista economico e finanziario, come il nostro, con burocrazie incapaci di reagire all'eccezionalità della crisi. Come ricorda sempre Bollino, una volta che una attività produttiva viene chiusa, perde l'avviamento, l’investimento, e ne viene colpita tutta la matrice delle interdipendenze del settore, con effetto domino in tutta l'economia, il tutto pericolosamente irreversibile.

Inoltre, in un’epoca di outsourcing e globalizzazione, con sofisticate catene e filiere produttive che hanno spezzettato la produzione dei componenti che devono viaggiare da un Paese all'altro, per alimentare le operazioni industriali di “just in time”, non c'è neanche più la giustificazione che chiudendo "pro tempore" la fabbrica “fordista" e mettendo in cassa integrazione gli operai si salvi l'azienda. Basta infatti che uno dei settori cruciali nella filiera produttiva sia stato bloccato dai decreti amministrativi di chiusura, che tutta la struttura produttiva a valle ne risente per mancanza di forniture e trasporti e quindi le conseguenze della riduzione del blocco della produzione di quel particolare sito saranno sicuramente superiori a quelle astrattamente contabilizzate, diffondendosi la crisi a macchia d'olio.

Se i Paesi rispondono alla crisi in maniera differenziata, ne deriva un immediato vantaggio competitivo per quelli più efficienti, che inevitabilmente sostituiscono nelle filiere globalizzate quelli meno efficienti, esattamente quello che abbiamo ipotizzato all'inizio, e cioè la crisi da simmetrica si trasforma inevitabilmente in asimmetrica.

Come hanno reagito gli altri Paesi di fronte a questi potenziali rischi? Gli Stati Uniti, per esempio, hanno risposto tempestivamente, adottando il CARES ACT, il ricco portafogli che l'amministrazione Trump ha messo a disposizione del Paese, stanziando fondi resi già disponibili dal 7 aprile, che una gran parte degli americani troverà sul proprio conto corrente. In più, dalla settimana prossima, la Federal Reserve, attraverso gli istituti bancari nazionali, invierà un bonifico bancario di 500 dollari per ogni figlio e 1.200 dollari per singolo componente a tutte le famiglie americane che hanno percepito un reddito lordo compreso tra i 75.000 dollari e i 150.000 dollari nell’anno 2018 e 2019. Benefici sono stati concessi anche ai lavoratori autonomi e dipendenti, oggi, disoccupati a causa della crisi sanitaria. Tutti riceveranno una somma settimanale comprensiva della disoccupazione ordinaria (da 275 a 500 dollari a seconda degli Stati).

In altri termini, il Governo federale ha messo immediatamente in campo la più grande manovra economica e finanziaria di tutta la sua storia, ponendo in sicurezza non solo famiglie, lavoratori dipendenti ma anche, quel che più conta, l'egemonia dell'economia americana.

In Europa l'intervento è stato meno coordinato e tempestivo. L'istituzione che si è mossa per prima è stata la Banca Centrale Europea, che, dopo la gaffe iniziale della sua governatrice Christine Lagarde, ha avviato un programma di acquisto dei titoli di Stato (quantitative easing) da 750 miliardi di euro, sufficiente per controllare gli spread e tenere sotto controllo i rendimenti delle emissioni dei singoli Paesi dell'eurozona. In altri termini, il whatever it takes di Draghi è diventato, per fortuna, l'unico bazooka illimitato di risposta alla crisi, mentre le istituzioni finanziarie intergovernative di natura fiscale come Meccanismo Europeo di Stabilità, Banca Europea degli Investimenti e Fondi europei, si sono incagliate nell'ennesimo pantano dello scontro politico tra Paesi del Nord e Paesi del Sud, tra formiche e cicale, secondo gli storici, e inutili egoismi e diffidenze del passato, che la crisi simmetrica avrebbe dovuto spazzare via.

Più tempestive, invece, sono state le risposte dei singoli Stati membri, con Germania e Francia, che hanno già messo in campo una serie di misure finanziarie a favore di famiglie e imprese, con l'istituzione di enormi fondi di garanzia statali per incentivare la concessione di credito alle attività economiche.

L'Italia, purtroppo, come suo solito, è in ritardo, ancora alle prese con la scrittura e la discussione parlamentare dei decreti che avrebbero dovuto affrontare ormai da un paio di mesi la situazione. Il Governo, sempre più confuso e sempre più nel caos, ad oggi non ha ascoltato il nostro suggerimento di mettere al più presto tutto il fieno finanziario in cascina, fieno necessario per far fronte alla carenza di liquidità che per il mondo delle imprese il lockdown ha generato. Da settimane chiediamo la totale messa in sicurezza di famiglie, lavoratori e imprese e la sospensione piena, a data certa, degli obblighi fiscali. Ma, a fronte di questa precisa richiesta di tutto il centrodestra sono arrivate misure parziali, burocratiche, complesse, cervellotiche che rincorrono la realtà senza risposte chiare al Paese. Avevamo chiesto un nuovo scostamento di deficit che portasse il totale degli interventi a 100 miliardi, entro il mese di aprile, da votarsi il prima possibile (quindi di altri 75 miliardi rispetto a quelli già votati), ma non c'è stata alcuna risposta; avevamo chiesto sul modello tedesco o francese la piena fornitura di liquidità a tutto il mondo delle imprese con prestiti garantiti dallo Stato al 100 per cento a tasso zero da restituire in 20 o 30 anni, ma nemmeno su questo abbiamo avuto riscontri se non generiche assicurazioni; avevamo chiesto una data certa per la moratoria fiscale, per tutti gli obblighi fiscali, per tutti i soggetti colpiti dal lockdown; avevamo chiesto, per velocizzare il lavoro parlamentare, il doppio relatore per i provvedimenti a partire dal Cura Italia e per tutti gli altri che il governo si appresta a varare, ma anche su questo punto generiche disponibilità ma nessuna decisione; avevamo chiesto di cominciare a ragionare sull'intero pacchetto delle misure e non procedere in maniera parziale, di avere un Action plan complessivo e ordinato di linee guida e un’agenda temporale per tutto il pacchetto anti crisi; avevamo chiesto di cominciare a ragionare sul Def (Documento di Economia e Finanza) che si deve presentare entro il mese di aprile, secondo le regole europee, ma anche su questo nessuna risposta; avevamo anche chiesto di anticipare la Legge di bilancio con decreto entro l'estate per mettere in sicurezza non solo il 2020 ma anche il 2021; nessuna risposta ancora. Avevamo chiesto, infine, di essere informati e condividere l’atteggiamento che il Governo stava tenendo nell'Eurogruppo e nel Consiglio Europeo, visto che uno degli incontri decisivi è previsto martedì prossimo all'Eurogruppo e in quella sede si dovranno decidere quali e quanti strumenti esistenti utilizzare e quale atteggiamento avrà l’Italia.

Anche l'Europa ha, da questo punto di vista, le sue responsabilità. Perché i ritardi di intervento non sono neutrali in quanto fanno diventare, come abbiamo detto, degli shock simmetrici asimmetrici. Non vorremmo che questi ritardi fossero scientemente voluti da parte di alcuni Stati membri dell'Unione, con l'intento proprio di marginalizzare il nostro Paese a proprio vantaggio, sfruttando così il momento delicato che investe le economie finanziariamente più fragili.

A questo punto, per tornare alla osservazione di Bollino, il Governo giallorosso sta contribuendo masochisticamente con il suo procedere confuso, lento e contraddittorio a rendere questa crisi asimmetrica, a causa dei suoi ritardi di intervento e insufficienza delle misure adottate. Così facendo, sta inviando un pessimo messaggio, oltre che ai propri cittadini e all'Europa, ai mercati finanziari che sono poi i veri giudici delle politiche economiche dei Governi.

Tra pochi giorni inizierà la sessione primaverile delle pagelle date dalle agenzie di rating ai debiti sovrani. Se il debito italiano, previsto quest'anno in netto aumento, sarà declassato oppure no dipenderà proprio dall'Action plan che il Governo sarà in grado di scrivere e dalla tempestività con la quale sarà approvato. Le agenzie di rating giudicano di base la sostenibilità futura del debito, al di là delle contingenze.

L'essere credibili nel dimostrare che le misure prese siano sufficienti a contrastare lo shock è quindi fondamentale per evitare il downgrade a "junk" (spazzatura). Quindi questi sono giorni decisivi. O il Governo italiano reagisce con determinazione, tempestività e di rilevanza (i 100 miliardi da noi richiesti), oppure tutto sarà più difficile e la crisi simmetrica si trasformerà per noi in depressione e default.

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