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Palazzi & potere
Referendum e riforme, parla Marini Presidente emerito Corte Costituzionale

Ecco cosa serve veramente al paese, altro che le riforme costituzionali...
 

Quali sono le riforme che ci vengono chieste dall’Europa?
Posso rispondere con serena coscienza che si tratta principalmente di tre riforme: giustizia, fisco e previdenza che costituiscono la condizione essenziale per l’esercizio di qualsiasi attività di impresa intesa, secondo la nozione che ne dà il nostro codice, quale attività economica organizzata al fine della produzione o dello scambio di beni e servizi. 

Faccio un esempio che ritengo particolarmente significativo. La durata dei processi, siano essi civili, penali o amministrativi, deve essere ragionevole secondo quanto espressamente disposto dalla nostra Carta Costituzionale che si è ispirata all’antico e sempre attuale adagio secondo cui giustizia ritardata è sempre giustizia negata. 

Così, se io mi rivolgo ad un giudice chiedendo la condanna del mio debitore al pagamento di una somma di denaro e tale condanna, come purtroppo accade nonostante contrarie statistiche giudiziarie, sarà eseguita dopo 15 o 20 anni (se tutto va bene) è come se quella condanna mi fosse stata negata.

E ciò spiega perché la durata irragionevole di un processo è di per sé un illecito e rende lo Stato italiano responsabile del danno che il ritardo ha causato a colui che ha avuto la pessima idea di invocare giustizia e quindi anche all’imprenditore dal più piccolo al più grande, che deve fare affidamento su una giustizia rapida ed efficiente. 

Non ho poi bisogno di dire, essendo un fatto notorio, che il nostro sistema fiscale è uno dei peggiori di tutta l’area europea con le conseguenze negative che non è difficile immaginare fra le quali, cito a caso, una endemica evasione fiscale (si evade non perché si è cattivi ma spesso perché le imposte non possono essere pagate neppure dal contribuente onesto) e una inarrestabile fuga delle imprese dall’Italia verso Paesi con una tassazione non già a maglie più larghe ma più ragionevole. 

Né ho bisogno di dire che la principale conseguenza del nostro sgangherato ordinamento previdenziale è la povertà;  la povertà di milioni di italiani impossibilitati a vivere con le pensioni di fame che vengono loro erogate. 

Se a questo punto mi chiedete, e l’interrogativo è del tutto legittimo, qual’è il posto che tra tutte le riforme che ci vengono richieste dall’Europa occupa quella costituzionale battezzata Renzi – Boschi – Napolitano la risposta è che si tratta di un posto piccolo, piccolo. E ciò per due ragioni la prima è che sono del tutto inesistenti le positive ricadute, economiche, e non economiche, che la riforma costituzionale dovrebbe assicurare. 

La seconda è che tale riforma (costituzionale) riguarda esclusivamente l’ordinamento interno del Paese e non Paesi terzi i cui interventi vanno considerati, quali in effetti sono, inopportune intromissioni negli affari interni di un paese sovrano. E chi vuol capire capisca e non è difficile che capisca. 

Il nostro governo non riuscendo a realizzare le riforme di cui il nostro Paese ha bisogno ha inventato una riforma costituzionale:

a) Pessima nel merito e formalmente incomprensibile. Senza spendere molte parole in proposito, è sufficiente ricordare che il Senato che nasce dalla riforma è un autentico pasticcio perché, pur conservando sulla carta taluni poteri di grande, anzi grandissimo rilievo (quali quelli di revisione della costituzione e deliberazione di altre leggi costituzionali) e pur essendo una delle due camere che compongono il Parlamento non viene eletto a suffragio universale e diretto, ma semplicemente nominato dai Consigli regionali fra i propri componenti e nella misura di uno per ciascuno fra i sindaci dei comuni dei rispettivi territori. Avremo dunque senatori con un doppio mandato:quello, dichiarato gratuito, di senatore e quello (retribuito) di consigliere regionale o sindaco. Che poi anche il mandato di Senatore finisca con l’essere retribuito è facile prevedere e il primo a saperlo è un uomo di mondo quale tutti sanno essere in nostro Presidente del Consiglio.  

Fermo restando il potere del Presidente della Repubblica di nominare senatori cinque cittadini che hanno illustrato la patria per altissimi meriti nel campo sociale, scientifico, autistico e letterario. Senatori che durano in carica sette anni e (ed è la prima anomalia) la cui presenza in senato che rappresenta le istituzioni territoriali si giustifica come il cavolo a merenda e ferma restando la nomina ( che ritengo priva di ragionevole giustificazione) a senatore a vita del Presidente della Repubblica che ha cessato il suo alto mandato; nomina che, sia detto tra parentesi, non esiste in nessuno, dico nessuno, altro ordinamento costituzionale che fa del Presidente una sorta di monarca senza corona. 

b) è una riforma priva della necessaria legittimazione parlamentare in quanto deliberata da un Parlamento eletto sulla base di leggi dichiarate incostituzionali dalla Corte Costituzionale con la sentenza n. 1 del 2014.

c) è una riforma che è riuscita a contraddire se stessa e precisamente quel manifesto dei valori approvato nel 2008 dal P.D. nel quale si escludeva la possibilità di modificare la Costituzione a colpi di maggioranza. 

d) da ultimo questo bel capolavoro si conclude con quesiti manifestamente disomogenei e quindi lesivi, sempre manifestamente, della libertà di voto del cittadino il quale, ad esempio, è privato del diritto di votare si all’obbligazione del C.N.E.L. e votare no alla nuova disciplina dei rapporti Stato-Regioni. 

Qualche cenno su due aspetti di questa riforma. Il primo è quello della sua personalizzazione che cambia a seconda del mutamento climatico e sulla quale è pertanto inutile spendere parole che sarebbero poi contraddette da parole di segno opposto. 

Il secondo e più grave aspetto riguarda la gestione del referendum che il Presidente Renzi ha effettuato dimenticando la sua funzione di capo del governo di tutto il Paese. 

Il Presidente tra le sue supposte letture di centinaia di libri del collega Zagrebelsky conferendo forse un testo universitario con una enciclopedia ha dimenticato di ricordare l’insegnamento di Piero Calamandrei il quale riferendosi all’Assemblea costituente ebbe ad affermare:

quando verrà in discussione la nuova Costituzione i banchi del Governo dovranno essere vuoti. Espressione con la quale il grande costituzionalistica voleva dire che la costituzione non è e non deve essere affare del governo essendo il fondamento stesso della comunità civile ed in quanto tale destinata a durare oltre la vita dei singoli governi. 

E si dovrebbe ricordare che Alcide De Gasperi prese la parola una sola volta, ripeto una sola volta, nell’Assemblea costituente quando venne in discussione l’art. 7 della Costituzione sul rapporto tra Stato e chiesa; rapporto che rifletteva il credo religioso del grande, grandissimo statista trentino. 

Non crede Signor Presidente del consiglio che ella dovrebbe fare tesoro di tali insegnamenti ed astenersi da una propaganda che non le appartiene e non le deve appartenere? 

Ne guadagnerebbe, al di là della sua persona, la serietà stessa delle nostre istituzioni, quella serietà che dovrebbe stare a cuore di tutti coloro che amano il nostro paese. E non aggiungo altro. 

 

Annibale Marini Presidente emerito della Corte Costituzionale

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