Tre domande ed un consiglio a Stefano Parisi - Affaritaliani.it

Palazzi & potere

Tre domande ed un consiglio a Stefano Parisi

Un flash agostano sul tripolarismo italiano e le prospettive per un rinnovato centrodestra.

Renzi è sempre più una delusione, per chi si era illuso. Non cambia la politica economica, non corrisponde alle aspettative che furono quelle di una vasta area di centro politico italiano, dove per centro non si intende la palude di melassa, né carne né pesce, cui sempre si è attribuito quel mitico nome (peggio ancora, aggiungendo l'aggettivo 'moderato'), una palude conservatrice di un nulla di buono da conservare, semmai di molto da buttare; ma per centro si intende un'area elettorale (non politicamente organizzata) che aspettava privatizzazioni, liberalizzazioni, riduzione vera di tasse, spese e debito. Invece di tutto questo, Renzi è sempre più proteso nell'elargizione di mance e mancette pre-elettorali di ogni tipo, compresa quella con i poveri in vista del referendum, che avvicina ormai la sua figura a quella di Achille Lauro. E per il resto passa il suo tempo a pietire pezzettini di 'flessibilità' espansiva in Europa che non espandono un bel nulla se non un mostruoso debito che saranno chiamati a pagare i nostri figli e nipoti (ma anche noi stessi, e abbastanza presto, c'è da temere).
Il MoVimento prosegue imperterrito a cercare proseliti sulla sua strada di adorazione del Dio Stato, punto di caduta terminale, e inevitabile, di intere generazioni formate su banchi di un certo tipo di scuola pubblica. Per il MoVimento, si sa, l'unico rimedio è sostituire i vecchi partiti con i paladini dell'Onestà al vertice di ogni luogo di decisione politico-amministrativa, statale, regionale, municipale, e tutti i problemi si risolvono da soli: semmai combattendo il male con dosi aggiuntive dello stesso male, l'intrusione sempre più invasiva - come se finora non lo era stata abbastanza, questo per loro il problema - della mano pubblica in ogni ingranaggio della vita economica.

Sul centro-destra italiano sarebbe meglio tacere, per carità di patria e per vari motivi. Ma lì si è affacciato un fattore di novità, cui guardare con interesse, o forse di rinnovata illusione, almeno per non cadere nella cupa disperazione. Stefano Parisi, già così osteggiato dalle cariatidi di Forza Italia, appare in effetti come un marziano anche a gran parte della migliore pubblicistica italiana, compresa quella che si dice o si fa passare per liberale. Gli appioppano pigramente del 'moderato', pensando forse di fargli un complimento, e lui, a ogni occasione possibile, risponde: no, semmai sono un liberale, aggiungendo al massimo 'popolare', forse alludendo al perimetro del Partito Popolare Europeo.

Parisi comunque ci interessa. E' per questo che vorremmo chiedergli cosa ne pensa di tre punti essenziali, che elenchiamo schematicamente:

a) riforma del processo tributario e dei rapporti cittadino-contribuente. Eliminazione dell'onere della prova a carico del contribuente e della riscossione in pendenza di una sentenza favorevole all'ente impositore in primo grado, quindi abolire l'odioso ed incostituzionale "solve et repete" dall'ordinamento tributario;

b) riforma previdenziale: stop al monopolio dell'INPS, carrozzone oramai inaffidabile, per tutti i lavoratori autonomi/partite IVA. Superare la logica del contributo previdenziale a ripartizione per passare alla costruzione di un fondo a capitalizzazione. Va restituita la libertà di scelta tra previdenza pubblica e privata e tra enti ed assicurazioni private, instaurando così una concorrenza virtuosa a beneficio del contribuente produttivo, oggi costretto a versare oltre il 30% del suo reddito all'INPS, senza alcuna reale garanzia. 

c) la previsione di un limite all'imposizione tributaria e alla spesa pubblica in rapporto al Pil.

Quest'ultimo punto dovrebbe interessarlo, dal momento che si dice contrario alla riforma costituzionale in corso ma favorevole addirittura alla convocazione di una sorta di Assemblea costituente, il cui mandato tende a superare quello di una mera revisione costituzionale e che potrebbe avere, a nostro avviso, come punto qualificante la riforma della parte economica e una maggiore attenzione ai diritti dei contribuenti. Un'ipotesi, quella dell'Assemblea costituente, che potrebbe avverarsi qualora dovessero prevalere i NO al referendum confermativo della riforma voluta da Renzi, previsto in autunno. 

Da ultimo avvertiamo Parisi che questi cambiamenti non potranno certo esser realizzati dalla stessa classe dirigente che ha tradito e deluso i contribuenti produttivi italiani. Il cosiddetto ceto medio ha in gran parte abbandonato il partito di Berlusconi per rifugiarsi nell'astensione, in un appoggio temporaneo a Renzi o nel voto di protesta diviso tra Grillo e la Lega di Salvini. Per riconquistare quel consenso servono le idee chiare sui punti di cui sopra, ma deve fare piazza pulita per dar spazio ad una nuova classe dirigente.

Non saranno i grandi industriali del parastato o i finti imprenditori che hanno vissuto di appalti pubblici ad interpretare la svolta attesa dal ceto medio, ma donne e uomini del mondo del lavoro privato, persone che conoscono bene l'inferno fiscale e burocratico nel quale son stati ricacciati dallo stato italiano. È da lì che Parisi puó, anzi deve ricominciare, come peraltro ha già annunciato di voler fare, se non vuole essere un'altra meteora, l'ennesimo innamoramento tradito del Cav e la mazzata finale per i contribuenti produttivi italiani. 

 

Andrea Bernaudo
*presidente SOS partita IVA