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Politica
Partiti, correnti, primarie e... Consigli per la riforma del Csm

 

Grazie caro Angelo per questo tuo contributo estremamente stimolante e insight, che pubblichiamo con piacere arricchendo così il dibattito in corso sulla giustizia e sulle sue pecche.
Ricordo il tuo ricco curriculum “giudiziario” per far capire ai nostri lettori che pochi giornalisti conoscono il settore come te e possono scriverne con altrettanta cognizione di causa.

Portavoce del ministro della Giustizia, Flick (governo Prodi I, 1996-98), portavoce della Corte Costituzionale (presidente Ruperto, 2001-2003), capoufficio stampa del Consiglio nazionale forense (presidente Danovi, 2003-2004) e dell’Associazione nazionale magistrati (2009, giunta Palamara-Cascini).
Al Sole-24 Ore (dal 1985 al 1996, responsabile del settore Giustizia; poi inviato nel 1999); fondatore e direttore di Diritto&Giustizia quotidiano on line edito da Giuffrè (2000-2001); caporedattore di Finanza&Mercati (2005-2007 e poi 2010-2012); infine ufficio stampa dell’Ordine degli avvocati di Milano (presidente Danovi, 2016-2019).

Grazie davvero, Angelo, e ad maiora

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Caro Direttore,

pare che il vertice di maggioranza sulla giustizia abbia partorito il disegno di legge del governo per la riforma del Consiglio superiore della magistratura. Come sai sono solo un orecchiante di questioni istituzionali e in particolare di politica della giustizia; ma, in passato, ho - per così dire - “orecchiato” da vicino e mi sono fatto qualche idea. Ti sarò grato se vorrai ospitarle, anche solo come stimolo per innescare un dibattito e interventi autorevoli su Affaritaliani.it (in rete dal 1996: l’anno in cui cominciai ad “origliare”).

1. Partiti e Correnti - Si potrebbe dire che la prima anomalia è discutere la riforma in un “vertice di maggioranza” anziché farla nascere in un ambiente strettamente istituzionale per poi discuterla in Parlamento: le anomalie alle quali si vorrebbe porre rimedio, infatti, trovano la loro origine, come cercherò di spiegare, proprio nell’insano collegamento fra segreterie dei partiti e correnti della magistratura (non l’Anm: le correnti).

2. Primarie - Nel 2009 la giunta Anm Palamara-Cascini (rispettivamente, presidente e segretario; non una giunta qualsiasi: quella che si confrontava con il nuovo ordinamento giudiziario e celebrava il Centenario dell’Anm in Campidoglio, con il presidente della Repubblica e un libro “importante”) si caratterizzò per due impegni: “la sfida della professionalità” nel conferimento degli incarichi direttivi e il metodo delle “primarie” per il rinnovo della componente togata del Csm. «Questa proposta - disse Palamara - è una vera e propria rivoluzione. Noi non siamo per la demonizzazione delle correnti, tuttavia è importante che ogni magistrato, da Bolzano ad Enna, possa scegliere i propri rappresentanti per il Consiglio superiore».

Qualche giorno dopo, al comitato direttivo centrale, una sola corrente si oppose alla proposta (Magistratura Indipendente, l’unica in quel momento estranea alla giunta dell’Anm) e tanto bastò alle altre, ampiamente in maggioranza, per decidere che una simile “rivoluzione” avrebbe avuto successo solo se fosse stata unitaria. La mia sensazione fu che non aspettassero altro... Da allora, come e più che in passato, i candidati al Csm sono scelti dalle segreterie delle correnti, in numero (totale, intendo) sostanzialmente coincidente con gli eleggibili di ciascuna corrente. Visto che non è stato possibile con la vagheggiata autoriforma, forse le primarie andrebbero ora previste per legge.

3. Componenti laici - L’elezione dei componenti laici del Csm sembra meno problematica, ed è invece il vero buco nero della questione. Si pensa che i partiti debbano accordarsi per poter almeno in parte sostenere reciprocamente gli otto candidati, essendo necessarie maggioranze qualificate. Ma questo è solo il punto di arrivo e la punta dell’iceberg. I “laici” sono trattati fra le segreterie dei partiti e quelle delle correnti. E la mia sensazione è che le correnti, se non arrivano a sceglierli (circostanza che non escludo in alcuni casi, considerate le frequenti contiguità), abbiano perlomeno un potere di veto rispetto ai candidati proposti (può bastare il nome di Vittorio Grevi, per tacerne altri, di ieri e di oggi?).

I componenti laici dovrebbero rappresentare il punto di equilibrio politico-istituzionale in un organo autonomo a composizione mista, per evitare una incontrollata autoreferenzialità dell’ordine giudiziario. In una fisiologia di rapporti, i magistrati, compresi i vertici delle correnti e dell’Anm, e i componenti togati, dovrebbero apprendere il nome dei componenti laici “dal telegiornale”, cioè a cose fatte, rimanendo completamente estranei. Se la politica, che non dovrebbe mai insidiare l’indipendenza dei magistrati, arriva a fare l’opposto, suicidandosi e abdicando alla sua funzione, è quasi inevitabile che poi siano i magistrati a “fare politica” e a condizionare il Parlamento.

In questo caso la soluzione non sono le “primarie” ma la trasparenza, ricordando che l’articolo 104 della Costituzione prevede che il Parlamento in seduta comune elegga un terzo dei componenti del Csm scegliendoli «tra professori ordinari di università in materie giuridiche ed avvocati dopo quindici anni di esercizio». Non esclude, ovviamente, che gli eletti possano anche aver fatto politica, ma sembra sconsigliare passaggi diretti dai banchi del Parlamento o dagli incarichi di governo.

4. Trasparenza - Il criterio della trasparenza nelle nomine pubbliche - di recente, circoscritta (e avversata) adozione nel nostro Paese - prevede che i candidati a una carica presentino le loro candidature alle Camere, si sottopongano a pubbliche audizioni, siano selezionati da una commissione parlamentare, in base all’esito dell’audizione e ai propri titoli, in numero multiplo degli eleggibili e poi siano votati in seduta comune. Senza nascondere le “appartenenze”, ma senza vincolare i parlamentari. Il sistema di voto multiplo (ma inferiore agli eleggibili) dovrebbe essere studiato in modo da garantire il pluralismo fra gli eletti (selezionati, più che “scelti”, dai partiti, non dovrebbero poi rappresentare i partiti nel Consiglio superiore).

5. Incarichi direttivi - Da qualche anno il Csm rende omaggio ai magistrati vittime delle mafie e del terrorismo pubblicando i resoconti delle audizioni segrete (che spesso erano dei “processi” contro di loro, e contribuirono a delegittimarli: si pensi a Falcone e a Borsellino...). Si rendano le audizioni un passaggio normale nella selezione dei candidati agli incarichi direttivi e negli aspiranti agli incarichi ministeriali (inclusi i capi dipartimento: è vero che sono nomine fiduciarie del ministro, ma spesso gli sono “suggerite” e bisognerebbe capire a chi rispondano fiduciariamente...). Basterebbe (forse) individuare una rosa di tre o cinque nomi, dalla quale il ministro scelga il capo dipartimento.

Quanto agli incarichi direttivi, solo così emergerà il merito o, meglio, sarà più difficile disattenderlo e ignorarlo. Le audizioni dovrebbero essere pubbliche nella prima parte e riservate nella seconda parte (più breve), soprattutto per chi copre o aspira a ricoprire funzioni inquirenti, per evitare di danneggiare indagini in corso e per non farli apparire reticenti in audizione pubblica.

6. Retribuzioni - C’è un profilo che conosco meno ma che andrebbe esplorato meglio. Lo accenno senza voler fare insinuazioni, ben lieto di essere smentito (ma, “in privato”, mi è stato confermato da alcuni, sia beneficiari sia esclusi). Incarichi direttivi e fuori ruolo (anche al ministero) comportano “trattamenti accessori” e indennità di funzione che (nel caso del ministero) non sono mai inferiori al 25% della retribuzione iniziale e possono arrivare all’85% (verificare nella sezione “Amministrazione trasparente” del ministero della Giustizia; dove pure molte caselle sono scoperte...). Se, come sembra, al termine delle funzioni e degli incarichi i trattamenti accessori entrano a far parte della retribuzione ad personam (sia pure, forse, ad assorbimento) si comprende meglio la frenesia di incarichi, anche brevi, che comportano preventiva fedeltà alla corrente e sempiterna riconoscenza. E, sempre se così fosse, si comprenderebbe anche un risvolto meno nobile della rotazione degli incarichi direttivi.

7. Etica - Nomine, incarichi direttivi sono funzioni pubbliche. E anche i “fuori ruolo” svolgono funzioni pubbliche. Merito e professionalità dovrebbero esserne i soli criteri ispiratori e valutativi, pur nell’autonomia e nella “discrezionalità” insindacabile delle scelte (tanto più da tutelare e rispettare quanto più l’iter di selezione sia pubblico, come si è cercato di suggerire. Discrezionalità e responsabilità si accompagnano, quando ovviamente non manipolino i dati oggettivi).

In questo quadro non deve esserci posto neppure per una telefonata (mail, whatsapp) di richiesta, sollecito, congratulazioni. Il magistrato che la compie per sé commette illecito disciplinare, per il solo fatto di aver inviato la comunicazione; il componente del Csm che accetta di riceverla e non la denuncia, ovvero che la effettua, vìola gravemente la sua funzione istituzionale (e potrebbe decadere dall’organo); il magistrato che, estraneo al Consiglio e perciò senza alcun titolo, promuove o sollecita queste conversazioni e cerca di condizionare le nomine, commette sia illecito disciplinare, sia reato (almeno per Traffico di influenze illecite, articolo 346-bis del Codice penale). Non è necessario che ci sia corruzione e corrispettivo. Si può condividere questa prospettiva? Allora lo si scriva (ammesso che sia necessario...) nella legge sulla tipizzazione degli illeciti disciplinari, che peraltro già definisce illecito «l’uso della qualità di magistrato al fine di conseguire vantaggi ingiusti per sé o per altri; (…) l’uso strumentale della qualità che, per la posizione del magistrato o per le modalità di realizzazione, è diretto a condizionare l’esercizio di funzioni costituzionalmente previste».

Davvero non basta? Si dirà che in realtà i procedimenti disciplinari sono stati subito avviati e molti si sono dimessi... Certo, quando sono uscite le trascrizioni del trojan. Vogliamo credere che siano l’eccezione? O alla “favola” dell’ex vicepresidente Vietti che, dopo aver ammesso che quanto è accaduto non costituisce una novità, assicura che prima si limitava alle correnti, senza interferire con il Csm? Perché non istituire un sistema di whistleblower affinché i giovani magistrati che ricevono continuamente telefonate dei colleghi anziani per sollecitare voti, segnalare persone, essere incoraggiati a presentare domanda o scoraggiati dal farlo, possano smettere di lamentarsene con gli amici e possano rivolgersi a un organo terzo (estraneo al Csm)?

8. Ovviamente ci sono molte altre soluzioni, giuridiche e tecniche, che non sono in grado di suggerire e valutare. Mi sembra molto opportuna la rotazione della composizione suggerita dal presidente Violante, per evitare il troppo lungo rodaggio iniziale dei componenti laici. Ma andrebbe forse anche snellita la struttura organizzativa del Consiglio, o almeno ridotta la presenza di magistrati: ben 18 (cioè pari alla componente togata, inclusi i vertici della Cassazione) sono occupati a tempo pieno nella segreteria generale e nell’ufficio studi. E almeno altrettanti, che esercitano funzioni ordinarie nelle sedi giudiziarie, sono componenti della “struttura tecnica di organizzazione” e del “comitato pari opportunità”.

Grazie direttore, per l’ospitalità. E per avermi permesso di esprimere una convinzione e una preoccupazione: si può scrivere la legge migliore del mondo, e non cambiare nulla se i comportamenti, le procedure e le prassi non si adeguano. Poiché hanno dimostrato di non saperlo fare spontaneamente, bisogna puntare sulla trasparenza, più che sul rigore della legge. Anche perché la scelta è circoscritta, visto che prima o poi tutto emerge: o accettiamo la fatica della trasparenza; o subiamo lo sputtanamento del trojan.

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    csm riforma





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