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Politica
Pd, Veltroni: "L'Aventino è sbagliato"

24 ore è durata la fragile tregua siglata ieri nella direzione del Pd con una fiducia a tempo nei confronti del segretario reggente, Maurizio Martina. A far riesplodere la polemica proprio il rapporto con i 5 Stelle, definitivamente archiviato dopo l'intervento di Matteo Renzi a Che tempo che fa. Oggi l'ex segretario rivendica quella chiusura: "Sono orgoglioso di aver fatto fallire l'intesa con il Movimento. Per due mesi hanno fatto i bravi, 'gli istituzionali'. Oggi capiscono finalmente di non avere i numeri per Palazzo Chigi e quindi sbroccano". Un modo implicito per sottolineare che spetta ancora a lui dare la linea al partito. E mentre Dario Franceschini gli risponde accusandolo di essere "superficiale" prende la parola l'ex segretario Walter Veltroni. "L'Aventino - dice il fondatore del partito - è sbagliato, il Pd ha il dovere di presidiare il campo della sinistra". E spiega cosa avrebbe fatto se fosse stato ancora al comando del partito. "Fosse dipeso da me- ha spiegato - io avrei fatto due cose: quando si è votato il presidente del Senato avrei candidato Emma Bonino, e avrei detto ai Cinque Stelle votate contro una persona che avete candidato al Quirinale? E poi, visto che si fa un governo solo con una coalizione, avrei scelto un uomo come Cantone con l'appoggio di Pd, Leu e M5S".

E poi aggiunge: "La prima cosa da fare è capire le ragioni della sconfitta". Quanto a Matteo Renzi Veltroni avverte: "Se oggi prendesse una posizione di rottura si prenderebbe una forte responsabilità in un momento drammatico per il paese. Io penso che siamo in una fase di leadership inclusive e il Pd ha bisogno di una collegialità non solo di leader". Quanto al giudizio sui 5 Stelle Vetroni sembra molto lontano da Renzi. "Non penso - dice - che gli esponenti M5s siano 'pentafascisti' o siano come la Lega. Una parte consistente dei nostri elettori ha votato per loro e non credo che siano diventati fascisti".

L'occasione dell'affondo contro Di Maio a Renzi è stata offerta da un doppio affondo, arrivato da Di Maio e da Grillo. Il primo chiude a un governo di tregua guidato da un tecnico - ipotesi su cui sembra lavorare il Colle - mentre il secondo tuona contro il Rosatellum, definendolo un golpe, e torna a chiedere un voto sull'euro. Dario Franceschini non condivide l'impostazione dell'ex premier. Le sue parole sono dure ed esplicite. "Penso che la riflessione di Renzi sia superficiale e sbagliata. Proprio il fatto che Grillo e 5 Stelle tornino, fallita una prospettiva di governo e avvicinandosi le elezioni, ai toni populisti e estremisti, dimostra che avremmo dovuto accettare la sfida di un dialogo proprio per portarli a rapportarsi con la realtà di una azione di governo reale che non si affronta con grida e slogan".

A Renzi risponde anche Di Maio:  "Dovrebbe sapere che sono i cittadini ad aver sbroccato il 4 marzo quando hanno dimezzato i voti al suo partito. Non gli è bastato?".

Mentre a Franceschini replicano diversi esponenti vicini all'ex segretario: "Invece di attaccare Renzi non sarebbe meglio attaccare le scempiaggini di Grillo e Di Maio?", dice Stefano Esposito. E il senatore Dario Parrini: "Non lasciamo credere che il M5S torni all'estremismo per colpa del Pd. Sarebbe una riflessione superficiale e sbagliata. Ridiventano estremisti perché non hanno mai smesso di esserlo". Già ieri Franceschini era stato chiaro: "Serve discontinuità rispetto al passato. Ora siamo spettatori, non più determinanti".

D'altra parte l'armistizio aveva una data di scadenza ravvicinata. Il fronte renziano sembra intenzionato a fissare l'assemblea entro maggio, probabilmente il 27. E il reggente - Martina - rischia di non essere confermato se le elezioni dovessero davvero essere alle porte. La vera sfida, a quel punto, sarebbe sulle liste elettorali: chi le deciderà?

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