Pnrr, ripensare gli obiettivi energetici? La strategia di Giorgia Meloni - Affaritaliani.it

Politica

Pnrr, ripensare gli obiettivi energetici? La strategia di Giorgia Meloni

di Vincenzo Caccioppoli

Pnrr, servono modifiche? Giorgia Meloni: la revisione dovrà essere priorità del prossimo governo

OCCORRE RIPENSARE OBIETTIVI ENERGETICI DEL PNNR?

Uno dei temi forti della campagna elettorale non poteva non riguardare il piano di Ripresa e Resilienza che doveva essere il catalizzatore dei progetti per il rilancio del paese dopo la grave crisi pandemica. Ma dopo il Covid altri problemi sono sopraggiunti e priorità è scenari sembrano mutare ad una velocità impensabile. Per questo motivo alcuni politici, con in testa Giorgia Meloni parlano senza esitazioni della necessità, alla luce di  tutto quello che sta accadendo sul fronte geopolitico ed economico, di adottare possibili modifiche degli obiettivi su cui sono incentrati i fondi del piano di Ripresa e Resilienza.

Pnrr, modifiche degli obiettivi? Le parole di Raffaele Fitto

Uno dei primi a parlarne già ai primi di giugno è stato Raffaele Fitto, copresidente dell’Ecr a Bruxelles quando di fronte alla raccomandazioni del commissario all’economia Gentiloni sulla necessità di rispettare per il nostro paese gli impegni presi con il PNNR non esitò a evidenziare come quel piano andava rivisto alla luce di tutto quello che sta accadendo “Sul Pnrr occorre una riflessione e se necessario rinegoziare obiettivi e priorità con la Commissione Europea, alla luce dei cambiamenti avvenuti e tutt'ora in corso”, ha detto Fitto “Ma proprio per quei temi sollevati dallo stesso Gentiloni come l’indipendenza energetica, l’autosufficienza nella produzione agroalimentare nonché le nuove le sfide della difesa e della globalizzazione, è necessaria una riflessione su obiettivi e priorità. Per questo è fondamentale, come più volte chiesto da Fdi dai Conservatori europei, aprire una discussione sulla base dell’Art.21 del Regolamento Rrf, che prevede la possibilità di apportare modifiche se subentrano ragioni oggettive, ma anche alla luce della proposta RepowerEu della Commissione.” aveva affermato l’eurodeputato ora candidato per Fdi alla Camera. 191 mld, di cui 69 a fondo perduto e 122 a prestiti, un fiume di denaro che rappresenta un'occasione unica per il nostro paese che non deve assolutamente essere sprecata, come troppe volte accaduto in passato. Ma certamente gli ultimi mesi hanno visto un concatenarsi di situazioni, tra inflazione, prezzi delle materie prime ed energetici alle stelle, guerra in Ucraina, siccità che stanno determinando una situazione economica complicatissima per moltissime aziende e piccole imprese, che assistono impotenti al lievitare dei costi di produzione che mettono a rischio la loro stessa sopravvivenza. “Un peso che rischia di gravare soprattutto sui nostri figli che potrebbero pagare il prezzo di eventuali scelte sbagliate. Tanto più che siamo in ritardo”.

Revisione del Pnrr, le parole di Giorgia Meloni

Ecco allora “la necessità di una revisione del Pnrr, dando seguito ad una proposta oggetto di riflessione nel mondo imprenditoriale e produttivo e all’interno del collegio dei Commissari Ue”. Ha detto qualche giorno fa la presidente di Fdi, Giorgia Meloni, in un intervento pubblicato dal quotidiano Il Messaggero: “la revisione del Pnrr – ha  dichiarato ancora la Meloni- dovrà essere priorità del prossimo governo. Parliamo di un’opzione consentita dal Regolamento europeo di attuazione di Next Generation Ue.” A tal proposito al di là delle accese polemiche tra partiti a poche settimane dal voto, un rapporto dello studio Ambrosetti sugli effetti del PPNR alla luce dei nuovi fatti accaduti nei primi sette mesi del 2022, dovrebbe far riflettere.

Guerra in Ucraina, dipendenza dal gas russo e Pnrr: il report Ambrosetti

Secondo gli esperti di Ambrosetti la guerra in Ucraina e la crescita dell’inflazione ha posto il nostro per la grande dipendenza dal gas russo, soprattutto (in Europa abbiamo uno dei tassi più alti di consumo di gas per unità di Pil), e per eliminare quasi del tutto questa dipendenza occorreranno almeno tre anni, se tutto va bene, per sostituire i circa 30 miliardi di metri cubi ( il 38,9% di quello che consumiamo) che arrivano ogni anno dalla Russia. “L’Italia ha stanziato 59,46 miliardi di Euro nelle misure per la transizione energetica: 23,78 miliardi di Euro per idrogeno e rinnovabili, 5,27 miliardi di Euro per agricoltura sostenibile ed economia circolare, 15,05 miliardi per la lotta agli sprechi idrici e infine 15,36 miliardi per la riqualificazione energetica degli edifici. Con la crisi energetica, potrebbe essere necessaria una riprogrammazione economica a sostegno di famiglie e imprese contro i rincari del breve periodo, che avrà effetti anche sulle misure previste dal Pnrr.” si legge nel report dello studio Ambrosetti del luglio scorso. «Il governo sta lavorando e lavorerà nelle prossime settimane con l’obiettivo di raggiungere molti dei 55 obiettivi fissati dal Pnrr per il prossimo dicembre e mettere il governo che verrà in condizioni di tranquillità e di sicurezza riguardo al perseguimento di questi obiettivi». Queste le parole che il sottosegretario alla presidenza del Consiglio, Roberto Garofoli, ha usato al Meeting di Rimini sull’attuazione del Pnrr e sul passaggio di consegne con il nuovo esecutivo. L’Italia è protagonista assoluta di questo piano Europeo che ha un valore complessivo di 672 miliardi di euro ( tra prestiti e sovvenzioni), suddivisi tra i 27 stati membri, con la somma più alta di fondi richiesti: 191,5 miliardi di Euro tra prestiti e sovvenzioni, più di Spagna, Francia e Germania messe insieme e pari al 38% delle risorse richieste da tutti i Paesi UE che hanno presentato il proprio piano nazionale. L’Italia è inoltre uno dei 3 Paesi – insieme a Grecia e Romania – ad aver richiesto tutte le risorse disponibili in prestiti, previsti nei piani nazionali soltanto da 7 Paesi tra gli Stati Membri. Di questi fondi che arriveranno al nostro paese, il 31% circa riguarda il tema della transizione ecologica ( 59,46 miliardi di euro).

Il sondaggio di Unioncamere sul Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr)

E secondo un recente sondaggio di Unioncamere solo un'impresa su tre sarebbe pronta a cogliere le opportunità dirette del Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr). La stima, elaborata dal Centro studi Guglielmo Tagliacarne denota come il 16% si è già attivato per aderire ai progetti del Pnrr espressamente dedicati al sistema produttivo, come Transizione 4.0 ed economia circolare, mentre un altro 13% ha in programma di farlo. Più del 70% invece non si è attivata per beneficiare degli aiuti, partecipare direttamente o indirettamente, tramite filiera, ai bandi. «L’80% delle imprese di minori dimensioni - dice il presidente di Unioncamere Andrea Prete - non ha nemmeno in programma di avvalersi di queste risorse, contro il 50% delle aziende medio grandi».

Le Camere di commercio si candidano a un ruolo attivo di supporto ai ministeri nell’attuazione di alcuni dei progetti del Pnrr.” Insomma una situazione questa che dovrebbe far riflettere molti, soprattutto alla luce di quelli che sono i cambiamenti radicali del quadro economico e di quello geopolitico internazionale. Forse allora parte delle risorse del Pnrr dovrebbero essere dirottate sulla realizzazione di nuove infrastrutture energetiche, per arrivare a quella maggiore indipendenza energetica che possa reggere l'urto di gravi crisi geopolitiche come quella che stiamo vivendo ora, come spiegato da un rapporto della Sace proprio sul ruolo dei fondi europei sulle infrastrutture energetiche del nostro paese. Dal rapporto si evidenzia come  dalla Crisi Finanziaria Globale fino alla pandemia, la spesa italiana per infrastrutture si sia contratta in media del 2,8% l’anno (5 volte il tasso a cui è decresciuto il Pil nello stesso periodo), passando dai €65,3 miliardi del 2008 ai €45,3 miliardi del 2021; questa dinamica è stata comune, sebbene in misura molto meno accentuata, anche all’Eurozona. Proprio le infrastrutture di elettricità e gas, invece, sono state le uniche ad aver registrato un aumento durante il periodo considerato (+3,1% la crescita media annua). dato che conferma come effettivamente i fondi europei siano un'occasione unica per realizzare una rete infrastrutturale energetica non più rimandabile. Secondo Davide Tabarelli, presidente di Nomisma Energia, “sotto terra in Italia c’è metano per 200 miliardi di metri cubi che al prezzo attuale valgono 160 miliardi di euro”. Ma nuovi pozzi non si aprono e gli investimenti delle compagnie sono fermi. Il metano nazionale ha un costo di estrazione attorno ai 5 centesimi al metro cubo. Invece il prezzo di mercato del gas che l’Italia importa è arrivato fino a 80 centesimi. E’ ora che qualcuno inverta il trend, Giorgia Meloni, in caso di vittoria alle elezioni, sembra intenzionata a perseguire questa strada, che alla luce di quello che sta accadendo appare certamente condivisibile.