Prodi, Draghi e Rodotà. E’ già partita la corsa per il Colle
La lettera di Giorgio Napolitano al Corriere della Sera ha avuto l’effetto di una bomba tra chi sta curando la poltrona del Presidente della Repubblica. La più alta carica dello Stato, nella missiva al quotidiano di Milano, ha aperto, seppur timidamente, ad un passo indietro dal Quirinale. Si sa, il secondo mandato Napolitano non lo avrebbe voluto fare, e in più di una occasione ha fatto capire di non avere la minima intenzione di finire tutti i sette gli anni del mandato. Appena la situazione si sarà stabilizzata è pronto a fare le valige e a ritirarsi per godersi la vecchiaia. C’è già chi ipotizza una data: giugno 2015. Se Renzi sarà ancora in campo King George potrebbe decidere di passare la mano.
Nei Palazzi romani si è già aperto il toto-nomine. Certo, vale sempre la regola aurea di Prodi: “E’ una carica alla quale non ci si può candidare, ma al massimo ti candidano”. Ma in molti stanno già sondando le acqua e nell’intimo sperano di essere nominati. Si parte dallo stesso Prodi, che dopo la pugnalata alle spalle dei 101 franchi tiratori, si è riconciliato con il Pd e con il segretario Renzi. Per ora non sembra avere voglia di stare al gioco, ma quando la competizione entrerà nel vivo è inevitabile che il suo nome spunti fuori.
C’è poi Massimo D’Alema: messo ai margini, spera che dopo le elezioni europee di maggio Renzi lo mandi a Bruxelles a fare il commissario europeo per risarcirlo della rottamazione. In caso contrario non disdegnerebbe lo scranno di Napolitano. C’è poi Stefano Rodotà, considerato il tecnico per eccellenza, sponsorizzato dal M5S, ma niente affatto succube ai diktat di Grillo. Giuliano Amato: un nome che spunta fuori ad ogni tornata ma che ha la maledizione di non essere mai scelto. Tra i tecnici o pseudo tali, c’è anche il nome di Luciano Violante.
Qualcuno si azzarda a proporre Mario Monti. Il senatore a vita era in pole prima di scendere in politica, ma adesso nessuno crede più alla sua capacità di essere super partes. Il Giornale tira fuori il nome di Mario Draghi, anche se il numero uno della Bce non sembra avere voglia di fare le valige per Roma, quanto godersi gli anni che gli restano all’Eurotower per poi magari trovare posto in qualche banca d’affari. Fin qui i nomi di tecnici e politici di sinistra. Nel campo avversario c’è un nome che viene avanzato (anche se sempre meno), quello di Silvio Berlusconi.