Cottarelli, non è un governo per manager efficienti
Di Ernesto Vergani
Il commissario per la Spending review, Carlo Cottarelli, come anticipato da Affaritaliani.it, getta la spugna. Probabilmente, da ottobre. La goccia che ha fatto traboccare il vaso, è stato l’emendamento votato alla Camera sulla riforma della PA, che prevede il pensionamento di 4.000 insegnanti.
Il governo Renzi programma delle spese senza avere i soldi. Queste risorse deriverebbero da future operazioni di revisione di spesa o, in assenza di queste, da tagli lineari. Come una famiglia che decide di acquistare una nuova automobile con zero euro sul conto corrente. Ipotizzando ottimisticamente guadagni e risparmi futuri. A tutt’oggi sarebbero 1,6 i miliardi di spesa scoperti nel 2015.
La prassi dell’Esecutivo si scontra con la funzione manageriale di Cottarelli: fare tagli mirati, non lineari. Come in un’azienda, è evidente che, quando necessario, si tagliano le persone meno brave, non uffici indiscriminatamente nella loro interezza. L’operazione di Renzi svela quanto sia quasi impossibile uno dei suoi propositi: riduzione delle tasse e sviluppo indotto da spesa pubblica.
C’è il sospetto che ci sia un problema anche di trasparenza. Sembra che Cottarelli abbia fatto preparare da team di esperti 25 relazioni su ambiti dove agire. Se quei documenti sono rimasti nel cassetto, significa che ne è stata impedita la diffusione. Il che, anche se è vero che la verità può far male come diceva Giulio Andreotti, stride con una fondamentale regola del management. La verità conviene sempre.
La vicenda di Cottarelli può essere letta come una sorta di spoils system ritardato nei confronti di quanto lasciato dal precedente inquilino di Palazzo Chigi. La successione tra Letta e Renzi, se è stato il risultato inedito di un modo vecchio di utilizzare le regole costituzionali, all’opposto è stata modernissima, certamente da parte di Renzi, nelle modalità competitive con cui si è svolta.
Antico, sclerotizzato, è il sistema della Stato che espelle Cottarelli come un corpo estraneo. Come sa bene chi conosce le aziende, chi in esse ha il privilegio del contratto a tempo indeterminato, appena arriva un consulente pensa: “Questo prima o poi se ne va”.
E questo è un limite della riforma Madia-Renzi della Pubblica amministrazione. Che senso ha svecchiare la PA se il contesto è sempre lo stesso: quello del posto fisso. Facciamo una vera riforma complessiva. Azzeriamo tutto. Togliamo a tutti, a vecchi e nuovi assunti, il contratto a tempo indeterminato. Dal presidente della Repubblica in giù.