Politica
Riforme, Meloni non cita l'autonomia e irrita la Lega. Che si "vendica" sul premierato. Inside
Questa dimenticanza della premier è stato un "silenzio rumoroso" per i leghisti

Riforme, Meloni non cita l'autonomia e irrita la Lega
Le omissioni e le dimenticanze, mai casuali quando si parla di una persona attenta ai particolari e che studia a fondo i dossier e prepara i discorsi nei dettagli come Giorgia Meloni, valgono più di molte parole. E durante il premier time a Palazzo Madama, parlando di riforme, la presidente del Consiglio ha espressamente citato il premierato, che "resta la madre di tutte le riforme", e la giustizia. Avanti tutta ha detto del governo sulle due riforma costituzionali, la prima cara a Fratelli d'Italia e la seconda a Forza Italia.
Peccato che ce ne sia una terza, anche se non costituzionale, che è l'autonomia regionale differenziata che il Parlamento deve "aggiustare" dopo i rilievi della Corte costituzionale. Ma Meloni ha derubricato la riforma leghista tra gli altri provvedimenti in cantiere da approvare. Senza citarla. Nonostante il ministro Roberto Calderoli, padre dell'autonomia che ha promesso qualche giorno fa un'accelerazione se non arrivano segnali dagli alleati (che non sono arrivati), fosse seduta molto vicino alla premier.
Questa dimenticanza della premier, sempre consigliata dalla sorella Arianna, è stato un "silenzio rumoroso" per i leghisti. E non solo per i senatori presenti in Aula e per i deputati che hanno ascoltato il premier time ma anche e soprattutto per i leghisti del Nord, Veneto in testa, stanchi di aspettare una riforma che stenta a decollare con gli alleati che "fanno di tutto per mettere i bastoni tra le ruote a Calderoli (parole di uno storico esponente del Carroccio).
Qualcuno pensa che sia una ritorsione e un segnale alla Lega per la non concordata proposta su lavoro e salari del sottosegretario Claudio Durigon che mira a reintrodurre una sorta di scala mobile, e che ha irritato il resto della maggioranza. Altri parlano di un "avviso" alla Lega e a Matteo Salvini di smettere con le ingerenze sulla politica estera filo-ultra Trump e totalmente contro la presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen, che imbarazzano Palazzo Chigi.
Fatto sta che non aver citato tra le priorità delle riforme in una sede ufficiale come il Parlamento ha indispettito parecchio molti leghisti. Che, non a caso, a microfono spento commentano sul premierato: "Fa un passo avanti e due indietro, altro madre di tutte le riforme". Insomma, al di là delle dichiarazioni di facciata le crepe nel Centrodestra (non solo su politica estera e lavoro) ci sono e i silenzi di Meloni sull'autonomia a Palazzo Madama lo dimostrano.