Politica
BRICS, disarticolare il nuovo asse anti-Occidente puntando sulle differenze Cina-India. La strategia di Trump e di Meloni (diversa dagli altri leader europei)
Che cosa cambia dopo la foto storica Xi-Putin-Modi. Inside

Trump non può abbandonare l'Ucraina e l'India compra gas russo. In mezzo l'Europa che al solito...
La foto di Pechino con il presidente cinese Xi Jinping, il russo Vladimir Putin e l’indiano Narendra Modi è di quelle destinate a lasciare il segno per molto tempo. C’è chi ci ha visto una risposta alla foto di Washington di qualche giorno fa, quando a parlare di Ucraina si ritrovarono Donald Trump e i principali leader europei. Non è da escludere che l’enfasi data in quell’occasione al concetto di unità dell’Occidente (tanto caro a Giorgia Meloni che lo ripete ossessivamente anche in risposta alle velleità autonomiste di Macron) abbia accelerato un processo di avvicinamento tra Cina, Russia e India che negli ultimi tempi aveva mostrato qualche battuta d’arresto.
I tre giganti, leader di quei BRICS che si stanno da mesi allargando ricomprendendo altre nazioni emergenti, mostrano così chiaramente l’intenzione di mettersi alla guida di un arrembante “Sud globale” per creare un’alternativa all’ordine internazionale costruito sul G7 e sulla centralità del dollaro. La imponente parata militare cinese che ha fatto da corollario agli incontri politici, dimostra non soltanto che ovviamente è proprio la Cina a guidare il gruppo ma soprattutto che questa alleanza ha non solo una forza economica crescente ma anche una capacità di deterrenza militare che in prospettiva sfida la tradizionale supremazia occidentale nel settore della difesa.
Da decifrare in questo contesto l’allineamento della Corea del Nord al nuovo blocco: una spietata dittatura che ha fatto di quel Paese un paria a livello diplomatico ma che recupera centralità mostrando i muscoli al fianco di Pechino. Ora l’Occidente ha qualche gatta da pelare. La prima reazione dovrebbe essere, naturalmente, quella di riscoprire le ragioni della propria unità: culturale, militare, commerciale. La seconda potrebbe essere quella di lavorare per disarticolare il nuovo blocco, lavorando sulle storiche reciproche diffidenze competitive tra Pechino, Mosca e Delhi.
Trump, che ovviamente individua nella Cina il principale competitor sistemico, sa che deve farlo ma non può abbandonare l’Ucraina rompendo l’asse con gli europei e non può voltarsi dall’altra parte di fronte alla scelta del governo indiano di non interrompere gli acquisti di petrolio russo nonostante i dazi punitivi imposti da Washington. In mezzo l’Europa, come sempre divisa e tramortita: come reagiranno le capitali europee, mentre Bruxelles sembrava guardare proprio a India e Cina per aprire nuove opportunità commerciali in risposta alle tariffe trumpiane?
L’interrogativo è pressante anche per Giorgia Meloni che, al contrario di Macron, Merz e Starmer, non sta fronteggiando cali di consenso interno e quindi potrà e dovrà continuare a dedicarsi con pazienza a costruire a livello internazionale. Mentre le prime linee del centrodestra (e non solo) si indignano per la presenza di Massimo D’Alema alla parata militare cinese, Meloni ragiona sulla strategia da adottare per fronteggiare un nuovo ordine mondiale che sta presentando il proprio conto.
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