Spagna, Sanchez travolto dagli scandali: il collaboratore di partito si dimette dopo le accuse di molestie e il premier è sempre più solo - Affaritaliani.it

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Spagna, Sanchez travolto dagli scandali: il collaboratore di partito si dimette dopo le accuse di molestie e il premier è sempre più solo

Il dirigente socialista accusato di machismo si è dimesso dal governo. Gli effetti sulla linea politica di Sanchez

di Vincenzo Caccioppoli

L'analisi 

“Mi presento davanti a voi, ovviamente con il cuore pesante, ma anche con la mia determinazione intatta e la stessa voglia di affrontare le avversità e superarle di nuovo. Perché, se qualcuno avesse ancora dubbi, lo ripeto: continueremo ad andare avanti, non ci tireremo indietro da questa sfida", ha dichiarato Sánchez, aggiungendo: "Prenderemo in mano la situazione, come abbiamo sempre fatto. E sconfiggeremo la corruzione, sia all'interno che all'esterno della nostra organizzazione". Con queste parole riunito, davanti al comitato direttivo del suo partito il Psoe, il premier Sanchez ha cercato di giustificare sé e il partito, di fronte all'ennesimo scandalo che ha colpito uno dei suoi fedelissimi. Dopo le dimissioni del numero tre del partito, Santos Cerdan, per cui il PM ha chiesto, proprio in queste ore i domiciliari, ora ad essere colpito dalle inchieste della magistratura è proprio l’uomo chiamato a sistemare le cose nel partito. Paco Salazar, la persona che Pedro Sánchez aveva nominato responsabile ombra del PSOE è stato colpito da un avviso di garanzia con l’accusa di molestie sessuali ad alcune colleghe. Una vera onta per chi, come il premier spagnolo, viene considerato da sempre un ultra-femminista.

Salazar, come già accaduto per il suo collega di partito, tre settimane fa, ha presentato le sue dimissioni dall’incarico, prima dell’inizio della riunione del Comitato Federale del partito, dove avrebbe dovuto essere confermato. Insomma, non si arresta l’ondata di indagini ed accuse contro i vertici del partito socialista spagnolo, che sembra destinato ad avere inevitabili e pesanti ripercussioni sullo stesso esecutivo spagnolo. Ironia della sorte, Sanchez è arrivato al governo del paese, grazie ad una mozione di sfiducia presentata dal suo partito verso il governo guidato dal popolare Marino Rajoy, proprio a seguito della sentenza del caso Gürtel, uno scandalo di corruzione che ha coinvolto membri del Partito Popolare, allora al governo. La mozione fu approvata il 1° giugno 2018 con 180 voti a favore e 170 contrari (corsi e ricorsi storici).

Ora lo stesso destino sembra coinvolgere non solo gli uomini più fidati del presidente spagnolo, ma persino i suoi familiari, considerando come sia la moglie del premier Begona Gomez, per traffico di influenze, sia suo fratello minore David, per corruzione, sono indagati dalla magistratura iberica. Il partito come era immaginabile è letteralmente sconvolto e sale di ora in ora la fronda interna contro il segretario e premier Sanchez. Il presidente della Castilla La Mancha Emiliano Garcia Page, segretario del Psoe della regione, ha rivolto un appello al premier in un infuocato comitato direttivo del partito:” Ti chiedo di considerare la possibilità di chiedere il voto di fiducia che riconosciamo di non avere in Parlamento, e non so se lo vinceremmo, ma in caso contrario, non perdete di vista l’opzione di indire elezioni”. Per non parlare del gruppo di vecchi notabili che fin dall’inizio della sua ascesa hanno mal sopportato i modi troppi autonomi ed autoritari di Sanchez e che stanno aspettando solo il momento opportuno per liberarsi definitivamente di lui.

È certamente il momento più difficile della carriera politica di Pedro Sanchez, nato a Madrid 53 anni fa, e arrivato alla politica quasi per caso, dopo una breve parentesi come consigliere comunale della capitale, eletto deputato nel 2014, diventa segretario nelle primarie dello stesso anno aperte solo ai militanti, grazie al 48% su due candidati considerati deboli, come Eduardo Madina e José Antonio Pérez Tapias. Non appena eletto Sanchez si fece subito notare per la sua avversione verso il governo di allora del popolare Rajoy. Il 1° ottobre del 2016 in aperta polemica con la nomenclatura del partito, per la decisione di astenersi sul governo Rajoy, si dimise da segretario del Psoe, per poi vincere le primarie l’anno successivo grazie all’appoggio proprio di Salazar sulla favoritissima Susanna Diaz. Dopo la mozione di sfiducia a Rajoy è riuscito a restare la governo, solo grazie all’appoggio e alle concessioni fatte ai partiti indipendentisti. Alle ultime elezioni vinte nettamente dei popolari (senza però raggiungere la maggioranza per una manciata di seggi), ha dovuto concedere l’amnistia ai catalani, che avevano organizzato il referendum per l’indipendenza nel 2017, e che per questo erano finiti in carcere. Ora però la sua capacità di resilienza nel restare in sella la governo potrebbe non bastare a salvare il suo esecutivo sempre più in bilico. L’aria a Calle Ferraz, sede partito socialista a Madrid è pesantissima in queste ore, con i dirigenti che devono per forza di cose sostenere obtorto collo un leader che ormai molti anche all’interno del suo stesso partito considerano ormai finito.

Secondo molti osservatori spagnoli la mossa del premier spagnolo al vertice della Nato di dieci giorni fa, di non accettare, unico leader presente, l’aumento fino al 5% in spesa militare, era dettato anche dalla disperazione di chi sa in cuor suo di essere arrivato al capolinea della sua carriera politica. C’è qualcuno come l’editorialista del giornale El confidencial, il primo quotidiano a far scoppiare il caso di corruzione legato all’ex ministro dei trasporti Jose Luis Abalos e a Cerdan, Javier Caraballo parla di tentativi di resurrezione “Le resurrezioni di Pedro Sánchez durano sempre meno. A volte, nemmeno poche ore, come l'ultima volta in cui, prima di fondare il comitato federale, ha dovuto decapitare un altro suo collaboratore. Ma anche altre strategie non durano a lungo, come quella di due settimane fa, quando ha cercato di diventare il leader europeo dell'opposizione a Donald Trump e un paio di giorni dopo Santos Cerdán è stato incarcerato.” dice il giornalista, che però nel suo giudizio sembra dare poche speranze di sopravvivenza politica al premier spagnolo “La ragione nascosta di tutto questo, della dinamica autodistruttiva in cui è entrato il sánchismo, ha a che fare con le radici profonde della corruzione politica, molto più profonde e diversificate di quanto possiamo vedere in superficie.

Molte di queste radici derivano dal degrado delle relazioni, dall'odio e dalla vendetta che si sono accumulati negli anni e che ora, nel momento di massima debolezza, stanno esplodendo.” Quello che sostiene il giornalista spagnolo, e che ormai pensano anche molti altri osservatori, è che il premier spagnolo e il suo modo di guidare il governo e il partito, si sia retto in tutti questi anni, proprio grazie alla compiacenza di una classe dirigente senza scrupoli, che ha pensato di poter controllare il partito e l’esecutivo, come se fosse cosa proprio. La stessa classe dirigente che gli ha permesso di conquistare prima il partito e poi il governo del paese, ma che ora, decapitata dalla magistratura, come in una nemesi, decreterà con molta probabilità anche la fine politica del premier spagnolo, che appare sempre più vicina.