Politica
Unioni civili, Renzi: con la Cei le posizioni non coincidono

"Rispettiamo l'opinione diversa della Cei". Così il presidente del Consiglio, Matteo Renzi, sulle unioni civili, a conclusione del vertice tra Italia e Vaticano. "Le posizioni sulle unioni civili tra governo italiano e Conferenza episcopale non coincidono o almeno non coincidono su molti aspetti", ha detto il premier, aggiungendo che "è corretto che la Conferenza episcopale italiana abbia la propria linea". "Il governo lavora a un progetto che conoscete - ha proseguito Renzi, rivolto ai giornalisti - sul quale rispettiamo l'opinione diversa della Cei". "Credo che la franchezza, la stima, oserei dire la parresia, la capacità di parlarsi in modo chiaro non sia mancata, ma non è stato il clou del nostro incontro", ha concluso Renzi.
"Mi pare che sia l'ipotesi corretta". Così il cardinale segretario di Stato, Piero Parolin, giudica lo stralcio della stepchild adoption dal ddl Cirinnà. "Però - ha aggiunto - bisogna evitare allo stesso tempo che ci siano altri grimaldelli, al di là del riferimento diretto alla stepchild adoption, che potrebbero derivare dall'equiparazione delle unioni civili al matrimonio. Perché in questo caso si potrebbe trovare con le sentenze il modo di aggirare il nodo legislativo", ha aggiunto al termine della bilaterale Italia-S.Sede.
Renzi "blinda" le unioni civili. Pochi centristi non votano la fiducia
Sulle unioni civili si è passati dal ddl Cirinnà a quello Renzi. Il gruppo Pd al Senato ha dato l'ok alla strada dell'emendamento del governo, su cui verrà messa la fiducia e che entro la settimana, giovedì, verrà votato a Palazzo Madama. Il 'veni, vidi, vici' del presidente del Consiglio lascia sul campo una vittima, le stepchild adoption ( "faremo un ddl ad hoc", promette il capogruppo al Senato Zanda). Ma, dice Renzi, l'alternativa al 'maxi' con fiducia "è la melina e la palude". E in definitiva, il rischio di non portare a casa niente. All'assemblea del gruppo c'era tutto il vertice Pd da Lorenzo Guerini a Matteo Orfini, Ettore Rosato e Maria Elena Boschi. Alla fine non si è votato ma, come ha sintetizzato nella replica lo stesso Renzi, dal dibattito è emerso l'ok alla via suggerita dal presidente del Consiglio: "C'è un voltafaccia del M5S riconosciuto da tutti e la consapevolezza di un iter parlamentare molto rischioso. La necessità dell'intervento del governo mi sembra condivisa". E c'è da dire che la minoranza non ha alzato le barricate rispetto alla linea Renzi. Nè c'è stata sponda, come si temeva prima della riunione, con i 5 Stelle per spingere sulla strada parlamentare dopo la comunicazione di Piero Grasso, che ha fatto infuriare il Pd. Il presidente, in una capigruppo informale, ha fatto sapere di aver deciso di non ammettere i canguri perché, dopo i vari ritiri, gli emendamenti rimasti sarebbero meno di 500. "Con appena 5 o 6 voti segreti -tuona la grillina Nunzia Catalfo- il Pd diventa ingiustificabile sulla fiducia. Andiamo in aula a votare".
Al netto delle poche centinaia di emendamenti rimasti, per Renzi la strada dell'intervento del governo resta quella più sicura visti i numeri e l'inaffidabilità dei 5 Stelle, i 'veri colpevoli' dello stralcio delle stepchild. "Ero convinto che il M5S sul Marcucci potesse giocare una partita diversa. Ho sbagliato, non immaginavo tanto cinismo", argomenta il premier. E se si vogliono salvare almeno le norme sulle unioni civili, va presa un'altra strada rispetto a quella dell'accordo con i 5 Stelle perché "errare humanum, perseverare diabolicum". Uno schema rispetto al quale la minoranza dem si è limitata a chiedere garanzie che, al netto dello stralcio sulle adozioni, l'emendamento del governo metta in sicurezza il resto della legge senza ritocchi, oltre a quelli previsti e concordati del pacchetto Lumia. "Renzi ci ha garantito che l'impianto non verrà toccato -dice il bersaniano Miguel Gotor- il testo ancora non c'è e per il momento non possiamo che fidarci della parola del premier". Al gruppo ha parlato Cecilia Guerra per la sinistra Pd: "Le due alternative non sono eguali -dice rivolta a Renzi-. Certo, sono chiari i rischi della via parlamentare, ma non si capisce chi c'è sulla fiducia e soprattutto cosa c'è dentro il maxiemendamento. Non si può andare oltre gli emendamenti Lumia" e senza art. 5 e con ritocchi al 3 "rischiamo di fare disastri". Ma l'unico intervento davvero critico è stato forse quello di Luigi Manconi: "Le modifiche al ddl Cirinnà rischiano di introdurre nuove discriminazioni e per di più tra bambini".
Renzi ha difeso le scelte fatte dal Pd in Senato, quando la questione unioni civili era ancora tutta parlamentare con il governo fuori dai giochi. "Abbiamo fatto bene fino all'ultimo a tenere sull'emendamento Marcucci. Se in quegli ultimi 20 minuti non ci fosse stato l'ennesimo voltafaccia dei 5 Stelle avremmo chiuso lí la partita. Se M5S avesse mantenuto l'impegno che aveva preso. L'impegno che c'era, non c'è bisogno di mostrare gli sms". Quindi, non resta che la strada dell'accordo con Ncd. Anche se, dice Renzi, "metto in conto che qualcuno dei nostri alleati possa non votare sulla fiducia". I Sacconi e i D'Ascola, per intendersi. Angelino Alfano potrebbe non riuscire a portare tutti sulla fiducia: l'emendamento del governo, per come lo ha descritto Renzi, non dovrebbe soddisfare i più ostili tra i centristi alle unioni civili. Dice Renato Schifani: "Lo stralcio della stepchild è una nostra grande battaglia. Sul resto si sta lavorando per arrivare a un testo condiviso su alcune parti relative alla regolamentazione delle unioni civili, ma sono fiducioso". Alfano fa il punto con i suoi senatori. Comunque, al netto di qualche eventuale defezione centrista, nel Pd non ci sono grossi timori. L'apporto di Ala di Denis Verdini non dovrebbe mancare.