Politica
Scuola, la rivoluzione del buon senso: Valditara rilancia regole, merito e responsabilità
L'intervista di Affaritaliani al ministro dell'Istruzione

La rivoluzione del buon senso: Valditara rilancia regole, merito e responsabilità
Ministro Valditara, il suo ultimo libro si intitola ‘La rivoluzione del buon senso’. Cosa significa oggi avere buonsenso?
"Significa tornare a dire le cose come stanno, senza ipocrisie. E soprattutto fare ciò che si dice. Il buon senso è affermare principi semplici, come il rispetto per le regole, per gli insegnanti, per i beni pubblici. La scuola è il punto di partenza: è lì che si formano i cittadini del futuro. Se perdiamo il senso del limite, del rispetto e della responsabilità, perdiamo anche la base su cui si regge una società civile".
Lei ha fatto un esempio molto concreto: “Un ragazzo sfascia la scuola? Chi rompe paga”. Non è un messaggio troppo duro?
"Assolutamente no, è un principio educativo. Se un ragazzo danneggia la scuola, è giusto che ne risponda. È una questione di giustizia, ma anche di responsabilità individuale. Per troppo tempo si è giustificato tutto con “è colpa del contesto, della società”. Ma non si può sempre scaricare la colpa su altri: ogni azione ha delle conseguenze, e i nostri giovani devono impararlo".
Ha parlato anche di rispetto per l’autorità scolastica. C’è un problema concreto nelle scuole italiane oggi?
"Sì, c’è un problema di autorevolezza dell’insegnante. Non è accettabile che uno studente si permetta di dire a un docente: “Di te non mi importa nulla, faccio ciò che voglio”. Il rispetto verso chi educa è fondamentale. Non è questione di repressione, né di nostalgie autoritarie. È civiltà. E chi bullizza, chi manca di rispetto, va sanzionato — non per punire, ma per educare".
Alcune voci critiche hanno definito questo approccio “repressivo”, liberticida o fascista. Cosa risponde?
"Trovo assurdo che venga considerato repressivo dire che servono regole, rispetto e responsabilità. Al contrario, io vedo ideologia in chi giustifica sempre e comunque comportamenti sbagliati. La Lega — ma direi il buon senso in generale — sostiene che la scuola debba formare cittadini consapevoli, non individui senza regole".
Ha accennato anche a un tema più ampio: quello dell’immigrazione e dei confini. Perché legarlo alla scuola?
"Perché è a scuola che si forma la coscienza civica. Se non spieghiamo ai ragazzi che uno Stato esiste grazie alle sue leggi, ai suoi confini e alla sua identità, allora stiamo educando cittadini senza radici. Qualcuno arriva a dire che difendere i confini è sbagliato, ma io mi chiedo: senza confini, senza regole condivise, esisterebbe ancora la democrazia? Dobbiamo insegnare il rispetto per le istituzioni e per lo Stato di diritto, già dai banchi di scuola".
Qual è la sua visione dei giovani italiani? Li vede pronti a raccogliere questa sfida?
"Assolutamente sì. Giro tantissime scuole e vedo giovani pieni di entusiasmo, di voglia di costruire, di immaginare il proprio futuro. Non vanno confusi con quella minoranza che manca di rispetto o che si comporta in modo scorretto. La scuola deve aiutarli a diventare adulti consapevoli, forti nei valori. Una scuola che insegni empatia, gentilezza, responsabilità. E per farlo deve lavorare insieme alle famiglie".
Cosa pensa del corpo docente italiano?
"Il nostro corpo docente è una risorsa straordinaria. Ho visto scuole di tutto il mondo e posso dirlo senza esitazioni: la scuola italiana è tra le migliori. I nostri insegnanti sono preparati, motivati, spesso lavorano in condizioni difficili ma con una dedizione incredibile. Vanno valorizzati, rispettati, sostenuti. Perché senza di loro non c’è futuro per i nostri figli".
Come rilancia il ruolo dei genitori in questa riforma della scuola?
"Serve un’alleanza forte tra scuola e famiglia. Genitori non devono fare da sindacalisti ai figli, ma imporre regole e limiti: no al cellulare in classe, sì al rispetto degli orari, sì al dialogo educativo. Noi abbiamo esteso Agenda Sud anche al Nord, coinvolgendo famiglie nei quartieri più difficili. Comunicazione e prescrizioni chiare portano a risultati effettivi: ad esempio, a Napoli migliaia di ragazzi sono stati ricoattivati nella scuola e hanno completato il percorso. L’abbandono scolastico è oggi all’8,3% (contro il target europeo del 9% previsto per il 2030)".
Ci parli del tema delle anime linguistiche e integrative, in particolare per studenti stranieri
"Non è razzismo, è integrazione vera. Abbiamo assunto 1.000 insegnanti specializzati per insegnare italiano potenziato a chi non lo conosce affatto: l’obiettivo è che tutti possano seguire storia, matematica, scienze con i compagni italiani. Per chi non finisce il ciclo, l’abbandono diventa una discriminazione strutturale. Saper parlare l’italiano è il primo passo per sentirsi italiani e partecipare alla vita civile".
Lei insiste molto sulla centralità della nostra identità culturale. Perché oggi è così importante?
"Senza conoscere la nostra storia — Grecia, Roma, Cristianità — non sappiamo chi siamo né dove andare. I nostri nuovi programmi scolastici reintroducono centralità alla civiltà occidentale, anche grazie allo studio della Bibbia non come libro religioso, ma come testo fondamentale della cultura comune monoteista. Non significa nazionalismo: significa orgoglio sano per le proprie radici, coerentemente con l’idea europea".
E la grammatica, la memorizzazione, sembrano temi quasi retrò. Perché rimetterli al centro?
"Perché i fatti dimostrano che servono: una ricerca del Censis mostra che molti italiani hanno difficoltà a comprendere e sintetizzare testi. Noi vogliamo riportare la grammatica e la sintassi alla base della didattica. Non disprezziamo la fatica: memorizzare una poesia, studiare il latino, esercitarsi nello sforzo mentale favorisce bellezza, sensibilità, ragionamento. È un altro aspetto della rivoluzione del buon senso: riconoscere la bellezza del lavoro e dell’impegno".
Come risponde a chi critica l’approccio che fa del merito il suo pilastro?
"Il merito non significa una scuola elitaria per pochi eccellenti, ma una scuola che valorizza tutti i talenti, anche quelli non accademici: l’artigiano che costruisce, il cuoco creativo, lo sportivo, il tecnico, l’artista. Così il nostro modello di istruzione tecnica 4+2 con rapporto scuola–impresa non sfrutta i giovani: li forma per un futuro reale. In Italia e all’estero—Germania, Giappone, Usa—si apprezza questa visione. Ecco: con impegno, merito, studio, identità e amore per il prossimo stiamo riattivando un progetto educativo che significa futuro".
E poi, Ministro, c’è un’ultima grande rivoluzione nella scuola: ridare valore all’educazione civica. Per anni è stata considerata quasi un’“ora libera”, un riempitivo. Oggi invece assume un significato nuovo e profondo: educazione alla cittadinanza, alla sicurezza sul lavoro, al rispetto in tutte le sue forme
"Esattamente. L’educazione civica è diventata centrale: significa educare al rispetto. E, a proposito, non so chi sia quella che ha urlato poco fa, ma quello non è rispetto. L’educazione parte proprio da qui: dal rispetto di chi sta parlando, di chi sta ascoltando. È una questione culturale che deve essere insegnata fin dalle scuole. Noi vogliamo formare cittadini consapevoli, responsabili. Per questo stiamo rafforzando l’educazione al rispetto in tutte le sue forme: rispetto verso la donna, educazione stradale, educazione alimentare, sicurezza sul lavoro. Ma soprattutto: rispetto dell’altro. Questo è il fondamento.
Vi cito un dato: abbiamo inserito nelle linee guida sull’educazione civica (in vigore da settembre 2024) un focus specifico sul rispetto verso le donne. Abbiamo censito le scuole superiori: il 95% ha avviato percorsi educativi sul tema. Nel 90% dei casi, si è trattato di attività svolte in orario curricolare. Il risultato? Gli insegnanti hanno registrato esiti positivi nel 70% dei casi: cioè, i ragazzi hanno migliorato significativamente il loro comportamento nei confronti delle compagne e degli altri coetanei. Questo è un dato concreto.
Noi facciamo i fatti, non le chiacchiere. Non gli insulti, non la maleducazione di chi interrompe. Noi educhiamo al rispetto, e i numeri lo dimostrano. Questa è la battaglia del governo Meloni, della Lega di Matteo Salvini, e sì, anche la mia battaglia personale come ministro dell’Istruzione e del Merito".
Negli anni si sono dette tante cose, a volte anche dure, contro questo governo. Alcuni attacchi dicevano che la classe dirigente non fosse qualificata. Ma oggi assistiamo a una riforma concreta, che sembra davvero voler rimettere l’educazione al centro
"Guardi, a differenza di altri, noi non attacchiamo le persone. Rispettiamo chi ci ha preceduto: Azzolina, Bianchi, persone degnissime. Ma noi facciamo confronti fra idee, fra progetti. Andiamo al sodo".