A proposito del Parco del Mirto

Ormai mi sono abituato, ma non mi rassegno.
Ogni volta che mi capita di incontrare o di ospitare persone che si trovano a Taranto, per la prima volta, i commenti sono sempre uguali: la straordinaria bellezza di questa città circondata dalle acque, immersa incolori brillanti del mattino, rosati del tramonto sul mare, e velati da un sublime celeste che tutto avvolge sul mar piccolo nell’ora in cui sta avanzando l’oscurità,ma insieme a questo l’estremo degrado urbanistico, lo squallore dei quartieri di periferia, l’abbandono dei vicoli della città antica, gli assurdi palazzoni a strapiombo sul mare.
Di quale demenza soffriva chi li ha progettati, ed ancor più di chi li ha permessi, o condonati? In generale a Taranto come in Italia chi ha governato il mattone ha retto la città imposto, le sue scelte. Oggi la città di Taranto ha all’incirca gli stessi abitanti di quarant’anni fa, ma occupa circa il doppio della superficie di allora.
Migliaia di case sfitte, mentre si continua a costruire in disordine, mentre tremila famiglie richiedono l’assegnazione di case popolari. Abitazioni provvisorie fatte per durare trentasei mesi sono abitate da trentasei anni. Non si riesce a ridare una normalità alla vita cittadina ed a recuperare la bellezza che è tanta parte della natura di questi luoghi. E’ come se i cittadini di Taranto siano così disperati da amare il proprio degrado. Aggiungendo atti inutilmente vandalici alla bruttezza del degrado.

In questi ultimi giorni tutti i mezzi di informazione hanno parlato del Parco del Mirto a Paolo VI, una bella area di otto ettari che prende il nome da una pianta di oltre duecento anni che li si trova vicino ad una fonte naturale, una risorgiva carsica , che il comune ha attrezzato per farne un polmone verde , un’area vivibile in un popoloso quartiere. Ed in molti cominciavano a viverlo quello spazio, affollato nelle belle giornate di anziani seduti all’ombra delle piante, di giovani che corrono, di persone sulle panchine a leggere.
Tutto questo sin ora, perché il parco in questi giorni è stato vandalizzato, abbattute le belle staccionate di legno, devastati i locali di servizio. Perché? E non è la prima volta che ciò avviene nel quartiere Paolo VI, il cinema del quartiere di proprietà pubblica, qualche mese fa non ha fatto in tempo ad essere restaurato che è stato ripetutamente vandalizzato, ed ora è chiuso.

Prima di allora i vandali se la sono presa con le scuole del quartiere ripetutamente saccheggiate. Ma giù, proprio dove non te l’aspetti, dove c’è la parte più degradata del quartiere, alla media Ungaretti sono stati fermati dai genitori e dagli insegnanti della scuola che dopo l’ ennesimo atto di vandalismo decisero di presidiarla tutte le notti per giorni e giorni.
Ma chi vuole che la città sia in condizioni di degrado e perché? Follia? Stupidità o altro? La risposta è complessa da un lato è certo che traffici illeciti sono non solo possibili, ma certamente più facili là dove c’è degrado e quindi crearlo significa creare una zona franca dove lo stato non c’è e comanda il più forte, ma è anche vero il contrario è vero, come scrive Salvatore Settis nel suo recente libro: “Paesaggio, Costituzione, Cemento. La battaglia per l’ambiente contro il degrado civile” .
“L’ambiente che noi abbiamo creato a sua volta ci condiziona: ci fa membri di una comunità se possiamo riconoscerci in esso, ci spinge alla violenza quando quel che ci circonda è alienante. La piccola criminalità diffusa è molto maggiore nei quartieri più degradati, nelle periferie più squallide:«quando una norma di convivenza sociale [e tale è la gradevolezza del paesaggio] viene violata, lagente tende subito a violare altre norme o regole, e il disordine sociale si diffonde» (Kees Keizer).
Insomma per citare un noto esempio un edificio che abbia dei vetri rotti induce i passanti a tirare sassi contro i vetri ancora sani delle altre finestre. Viceversa un ambiente pulito ed ordinato induce i più a comportamenti di maggiore civiltà.
La risposta non può pertanto essere di carattere repressiva, arrestiamo i vandali, (cosa pur necessaria) ma occorre creare una risposta del corpo civile. Fare , insomma come i genitori e gli insegnanti della Ungaretti che hanno capito che la scuola dei propri figli era la loro casa e la hanno protetta. La bellezza della città è la casa di tutti, possibile che non ci sia nessuno che voglia difenderla?