Decaro, la beffa del ballottaggio (di A. Gelormini)
di Antonio V. Gelormini
Previsioni e calcoli sulla carta lo indicavano come l’esito più verosimile. A credere di poterlo evitare, anche prima del risultato sorprendente delle Europee, era - forse - solo lui: Antonio Decaro. Ma dopo la prima apertura delle urne hanno cominciato a sperarci anche molti dei suoi stessi collaboratori, sfibrati e visibilmente consunti da una campagna elettorale decisamente lunga e dinamica, e per fortuna non molto “calda”.
La liquefazione del Movimento 5 Stelle, che dal 25,7% delle Europee non riesce a confermare gli stessi elettori alle Comunali e scende al 7,6% (circa 40.000 voti in libera uscita), insieme alla battuta d’arresto di Forza Italia, che in città non riesce a fare meglio di un 12% ‘basculante’, è come se avessero aperto una corsia preferenziale, verso il filo di lana dell’affermazione al primo turno, al candidato di centrosinistra Decaro.
Ma come per Dorando Petri - Olimpiadi di Londra del 1908, il sogno di mezza sera si è inchiodato su quel fatidico 49%, a un’incollatura dalla meta vincente della “metà più uno”, con oscillazioni minime che tali sono rimaste fino alla fine, a notte inoltrata, quando gli ultimi dati di un estenuante spoglio elettorale, pieno di errori, contestazioni, precisazioni, messe a verbale e schede annullate, hanno sancito che sarà ballottaggio. Si ricomincia. Rendez-vous per tutti il prossimo 8 giugno.

Mimmo Di Paola evita il “Game Over” e Antonio Decaro resta a guardare gli istogrammi inclementi, che lo incatenano a quel “benedetto” 49,39%. Brucia fermarsi a 0,61% da un’impresa storica. Brucia dover andare al ballottaggio per circa 1.000 voti in meno e sapere che nei 345 seggi baresi sono state contate ben 6,285 schede nulle. Quanta confusione con questa tecnica della doppia preferenza e quanta delusione per tanti sforzi di candidati andati sprecati.
L’apporto dei tantissimi candidati e delle numerose liste prodotte ha giovato senza dubbio ai candidati sindaci, ma spesso ha lasciato l’amaro in bocca ai tanti portatori d’acqua, che speravano in un finale diverso.
La parola d’ordine per tutti, ora, sarà “pancia a terra” e mantenere compatte le truppe. Chi meglio saprà farlo, chi meglio riuscirà a schierarle sul fronte dell’8 giugno, potrà aspirare a cogliere il serto della vittoria.
Questa volta non basterà ‘puntare il dito’, tanto meno ‘chiamare Decaro’. Se di giugno l’otto si vorrà fare “cappotto”, forse bisognerà prenderli a braccetto: uno per uno, e non solo coi toni e gli accenti della metafora.
(gelormini@affaritaliani.it)