F. Fanizza: 'L'azzardo
delle Province abolite'
di Antonio V. Gelormini
E’ in primo piano sugli scaffali delle librerie - anche per la stringente attualità del tema - il saggio "L’abolizione delle province in Italia. Riflessioni sull'autorità e la sua crisi" della sociologa Fiammetta Fanizza, per la ‘Editori Laterza’ (pp 89 - € 15,00), con il contributo dell’Università di Foggia e il patrocinio dell’Unione Regionale delle Province Pugliesi (UPI – Puglia).
Si tratta di un lavoro che vuole fornire nuovi elementi per la comprensione delle ragioni che hanno innescato il processo della ‘riforma Delrio’, in vigore dal 1 gennaio. Nelle sue pagine Fanizza non si limita a evidenziare punti di forza e debolezza della l. 56/2014, ma prova ad analizzare criticamente i concetti di ‘città metropolitana’ e di ‘area vasta’, così come definiti e stigmatizzati dal legislatore. Particolarmente approfondita risulta anche la relazione tra obiettivi e strumenti introdotti, per conseguire una policy e una governance capaci di avviare una trasformazione e/o ridefinizione delle politiche di decentramento. Affaritaliani.it ne ha parlato con l’autrice.

Dottoressa Fanizza, prima di illustrarci gli obiettivi, potrebbe spiegarci con quale spirito ha affrontato quest'argomento?
In una prospettiva squisitamente sociologica, il caso dell'abolizione delle province apre un orizzonte tematico per discutere degli strumenti sia tecnico-giuridici sia, per così dire, logico-pragmatici attraverso i quali i politici in Italia affrontano i problemi e ricercano le soluzioni.
La sua è una vera e propria critica al decreto Delrio. Giusto?
Al di là dei contenuti e del loro valore, l’orizzonte di questo saggio è l'analisi dei processi attivati dal legislatore al fine di favorire un'evoluzione politica, economica e sociale nel nostro Paese. In questo senso, nel criticare la scelta della 10 città metropolitane, propongo che il concetto di "pari opportunità" serva a valutare la coerenza tra le soluzioni prospettate e l'effettiva rimozione delle disuguaglianze tra territori e tra le diverse zone geografiche italiane.

Pari opportunità come prospettiva lunga oltre che obiettivo a breve?
Esatto. L'intenzione del saggio è sostanzialmente capire se la progettazione di questo nuovo assetto territoriale può o meno cambiare in positivo la vita delle persone. La domanda-chiave ruota intorno alla verifica di quanto questa riforma vada a determinare un diverso rapporto tra i cittadini e il potere, tanto centrale (lo Stato), quanto locale (le pubbliche amministrazioni e gli enti pubblici in generale).
A tal proposito, come giudica il nuovo profilo delle Amministrazioni Provinciali?
Ritengo che valutare oggi la "cosa pubblica" in termini di processi e di effetti implichi l'acquisizione di un metodo di gestione fondato sul political engagement. Molto semplicemente, il potere - specie quello decentrato - deve porsi il problema della qualità della vita delle persone che vivono in un determinato territorio e che, con le loro attività, ne determinano la morfologia sociale. E' opportuno, quindi, che le persone percepiscano ed apprezzino il valore della democrazia partecipata non solo in chiave vocativa o, peggio ancora, retorica ed opportunistica.

Barra ferma, quindi, su una valutazione alquanto severa?
Questa riforma delle province rappresenta un azzardo, sia perché - obiettivamente non risolve alcun problema, anzi - sia perché non manifesta alcuna apertura per l'ottenimento di un'attitudine pratica tramite la quale dare forma e contenuti alla dimensione civica della politica.
Non è accettabile sbandierare la spending review e poi deprezzare il capitale sociale e umano che le province, in quanto enti locali di tradizione e in quanto unità di personale con specifiche e consolidare esperienze e professionalità, rappresentano. In linea generale, occorrerebbe altresì patrimonializzare le opportunità che ogni riforma, più o meno necessaria o urgenti, comporta in termini di assetti, di comportamenti, di aspettative ed anche, da un punto di vista pratico, di servizi, di accessibilità, di soddisfazione ed anche di promozione di bisogni.
Laddove ciò viene meno, ogni riforma viene a configurare in Italia una negoziazione, o per meglio dire, resta circoscritta entro "ragioni di opportunità" che, il più delle volte, o sono dettate da interessi corporativi o, peggio ancora, sono talmente demagogiche da risultare inutili e talvolta addirittura distruttive sotto il profilo culturale. Una distruttività in gran parte responsabile del distacco e della crescente disaffezione degli italiani rispetto alla politica.
(gelormini@affaritaliqani.it)
Le prossime presentazioni del saggio sono previste a Roma, Brindisi e San Severo (Fg).
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