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'Salviamo le Biblioteche' Gabriella Genisi L'appello plurale di Affaritaliani.it

E' preoccupante la deriva che spinge, un Paese come l'Italia e il cuore dei territori-culla della Magna Grecia, a spendere e spandere per l'invito a "Nutrire il pianeta", mentre non riesce a trovare risorse per la salvaguardia di un nutrimento altrettanto vitale per le generazioni d'ogni tempo, rischiando di perdere scrigni d'incommensurabile valore come le Biblioteche. Per questo Affaritaliani.it lancia l'appello a più voci per "svegliare" coscienze e menti.

biblioteca FG
 

Prendendo spunto dalla vicenda della Biblioteca Provinciale di Foggia "Magna Capitana", il nostro giornale si mobilita per raccogliere gli stimoli e le esortazioni d'Autore, per un fronte comune a sostegno di un impegno "diffuso, civile e lungimirante", a tutela di uno dei patrimoni ereditati con la consegna responsabile di tramandarlo, accrescendone contenuti e valorizzandone la forza intrinseca formativa e di coesione sociale.

Dopo Cosimo Argentina, Alessandro Leogrande, Nicky Persico, Erri De Luca e Stefano Cristante, tocca finalmente a una donna: Gabriella Genisi, scrittirece, punta di diamante del "noir di Puglia" e autrice del personaggio di Lolita Lobosco. La versione femminile e pugliese del Commissario Montalbano, che non a caso vanta illustri amicizie con Pepe Carvalho e con lo stesso popolare protagonista del Maestro di Montelusa, al secolo Andrea Camilleri da Agrigento.

La sua carta d'intendità si sovrappone a quella provocante e invitante della sua focaccia, stigma d’identità mediterranea: “Croccante fuori, morbida dentro. E mai uguale a quella di ieri”. Dal trittico di esordio, “La circonferenza delle arance”, “Giallo ciliegia” e “Uva noir” a "Gioco pericoloso" e "Spaghetti all'assassina", le sue storie nascono dalle emozioni, dagli incontri, dalla quotidianità e dall’immaginazione tipiche della gente spesso sorridente, e talvolta angosciata, che giorno per giorno s’incontra per strada.

Alle interviste seguiranno anche altro tipo di iniziative, volte ad animare il processo di sensibilizzazione ad ampio spettro, di cui daremo adeguata e dettagliata informazione. (ag)

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Da tempo in Puglia scorre un fiume “Noir”, che accompagna i lettori per le strade segrete che portano al cuore pulsante della vita. Su questo fiume naviga un battello carico di libri e di storie, al cui timone c'è una donna... la donna in "noir": Gabriella Genisi.

Autrice di diversi libri da “Come quando fuori piove” a “Spaghetti all'assassina”, e “Uva noir. La commissaria Lolì tra passione e delitto”, la sua è una voce gentile e passionaria a difesa delle biblioteche e della cultura da esse irradiata.

Oltre alla violenza del terrorismo islamico, spaventa l'assenza di considerazione per le donne. Il rispetto delle donne è un'apertura mentale derivata anche dalla nostra cultura, sedimentata nella nostra tradizione democratica e custodita nelle nostre biblioteche. Lasciare che chiudano, secondo lei, significa andare verso un mondo più maschilista?

La conquista del sapere, della scolarizzazione, ma anche solo del poter leggere è stato per le donne un percorso durissimo, pagato talvolta con la vita. Con il percorso di integrazione culturale e sociale che è in atto, chiudere le biblioteche significa anche bloccare questo processo, impedendo a questi importanti presidi culturali di svolgere un importante ruolo di cerniera tra le varie culture, fornendo gratuitamente l’accesso ai libri, fondamentali allo sviluppo civile di una società. E significa anche impedire alle donne di altre culture o religioni di avere accesso a discipline probabilmente a loro interdette, bloccando così il cammino dell’emancipazione femminile.

Le biblioteche sono un valido presidio contro la cultura dell'illegalità oppure sono lo scrigno di belle teorie avulse dalla pratica quotidiana? Come sarà più idoneo considerarle?

Le biblioteche possono essere tante cose, ma anch’esse devono essere ripensate seguendo un processo di modernità altrimenti resteranno soltanto musei di libri antichi e contenitori di belle dottrine del passato ormai superate ma che meritano assolutamente di essere conservate perché è lì che è scritta la nostra storia culturale, civile e morale. Possono e devono essere invece fortini culturali di conoscenza e legalità soprattutto per le nuove generazioni e intessendo il più possibile scambi proficui con il territorio.

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Roland Barthes parla di cerimonia della scrittura nei posti e luoghi adatti. C'è anche una cerimonia della lettura e le biblioteche dovrebbero inseguire l'obiettivo di luogo confortevole per lettori o anche punto d'incontro, per discussioni, a partire dalla lettura?

Nell’immaginario collettivo, la biblioteca è solitudine, silenzio. Un lettore davanti a un testo si trova davanti all’infinito. Si è soli, ma in compagnia di migliaia di libri e di parole. Ma è anche vero, sempre citando Barthes, che siamo giunti al grado zero. Urge una nuova coscienza collettiva culturale e sociale, e allora perché non utilizzare proprio le biblioteche come aggregatori di società e strumenti di intercultura, soprattutto tra i giovani. La lettura dei classici, per esempio, ritenuta ormai desueta, è invece fondamentale per il passaggio di testimone tra una generazione e l’altra. Potrebbe essere impostata attraverso letture collettive seguite da discussioni e da parallelismi con il mondo contemporaneo.

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La forza delle parole cambia il mondo. Dunque le biblioteche custodiscono una forza rivoluzionaria... ma il governo del cambiamento non presta attenzione alla loro “voce” e molte hanno chiuso o viaggiano a standard ridotti. C'è ancora l'eco de “Con la cultura non si mangia”?

Il governo del cambiamento temo presti più interesse al potere delle banche che a quello della cultura. Renzi ha promesso che per ogni euro speso in sicurezza, verrà speso un euro per la cultura. Per ora ho visto opere d’arte velate per compiacere uno straniero in visita ufficiale, negando e calpestando la nostra identità storica e culturale.

Parlando di biblioteca, a Gabriella Genisi, riaffiora qualche ricordo particolare?

Uno in particolare, che ha un sapore dolceamaro. Perché da bambina avevo in casa almeno una decina di enciclopedie e testi di ogni genere, anche antichi, e secondo la logica dei miei genitori non avevo necessità di andare in biblioteca a fare le ricerche come le altre compagne di classe. Ma quello che per alcuni era considerata un vantaggio per me era un limite, e non vedevo l’ora di diventare grande per poterci andare anch’io.

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