Ilva, il conflitto si allarga (di M. Pennuzzi)

L'Ilva ha dichiarato, come è noto, la cessazione dell'attività in alcuni stabilimenti nel territorio, proclamando di conseguenza circa 1500, esuberi.
Le decisioni dell'ILVA, pur innescate da avvenimenti giudiziari che hanno origine a Taranto, questa volta non toccano direttamente la città. Gli esuberi dichiarati non sono qui, ma la decisione colpisce indirettamente la città perché rischia di interrompere la catena di solidarietà di cui essa ha bisogno.
Il problema della siderurgia è troppo grande per una città sola, qui a Taranto si è fatto il pieno delle morti sul lavoro per incidente e per malattia, il pieno di inquinamento e di sofferenza, ma le decisioni in questi ultimi 50 anni sono sempre state assunte altrove, a Roma per la parte politica, a Genova quando c'erano le partecipazioni statali, a Milano oggi.
La città pur divisa tra la rivendicazione e la difesa del lavoro e la tutela della salute, attraversata da momenti di scoramento e sensi di impotenza, a cui fanno da contraltare manifestazioni che talvolta marciano su slogan sopra le righe, complessivamente tiene, tiene da un punto di vista politico e dal punto di vista della democrazia, e chiede a gran voce il cambiamento.
Lo chiedono coloro che immaginano un futuro senza siderurgia, lo chiedono coloro che pensano ad una normalizzazione dei processi produttivi ed alla loro ambientalizzazione, lo chiede la politica, pur schiacciata dalla complessità e dalla contraddittorietà delle responsabilità che si deve assumere, lo chiede la magistratura che sta verificando con puntualità e con coerenza il rispetto delle norme.
Di qui non si passa, ma Taranto non può rimanere da sola. Il timore, invece, è che questo possa avvenire per la convergenza di diversi fattori:
- L'effetto delle lotte di Taranto può comportare problemi occupazionali in altri stabilimenti ed altre regioni, che non conoscono la gravità della situazione tarantina, ed è quanto la proprietà sta agitando, in queste ore;
- Il lavorio costante con il quale sui media nazionali, anche da parte di autorevoli personaggi, si continua a presentare la città come responsabile , o corresponsabile dei danni che sta subendo, si
continua, infatti, a dire che una politica urbanistica scellerata in questi decenni, avrebbe consentito di costruire un quartiere accanto alla fabbrica.
Una menzogna spudorata, ma solo i tarantini lo sanno, il resto dell'Italia può immaginare sia vera.
- Lo stesso rovesciamento della realtà è avvenuto sulle discariche da autorizzare per lo stabilimento siderurgico, presentate come una necessità per accelerare le bonifiche e non come in realtà sono una facilitazione concessa all'azienda , anche in deroga alle procedure ed al buon senso, ma fuori di Taranto chi conosce questa realtà ?
- ed infine si cerca di presentare le decisioni della magistratura tarantina come indifferenti ed insensibili agli effetti che provocano, sarebbero queste a causare le difficoltà alla produzione e non, come in realtà è, il ritardo nell'applicazione di norme e prescrizioni.
Il conflitto potrebbe durare ancora a lungo, ma a questo punto occorre che sia il movimento sindacale a rilanciare, occorre che gli operai di Taranto si facciano carico anche della situazione delle esigenze di quegli stabilimenti in cui viene sospesa la produzione. Solo così è possibile mantenere aperto il confronto sull'intera scacchiera e non suscitare una guerra tra i poveri.
Tale compito è anche delle istituzioni locali, in passato a Taranto si svolgevano importanti convegni delle città siderurgiche europee, perché non promuovere una iniziativa dei sindaci di tutte le realtà
interessate, da quelle del profondo sud a quelle del nord est, finalizzate ad aprire un tavolo unico nel quale mettere sul tappeto tutti gli aspetti di questa intricata vicenda?