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PugliaItalia
La solidarietà si pratica, non si predica!

Le parole del direttore della Caritas di Taranto, don Nino Borsci, a proposito della realizzazione a Taranto di un centro di smistamento dei migranti provenienti dalla Libia, "Speriamo che l'Isis non si sposti a Taranto", mi hanno stupito e mi hanno preoccupato, ed ancor di più la mia preoccuazione è cresciuta quando ho visto che questa palla - lanciata a caso e senza alcuna direzione precisa - veniva  prontamente raccolta dal leader della Lega Nord, Matteo Salvini,  nel tentativo di farsi un po' di pubblicità e di legare il proprio nome alle pur comprensibili preoccupazioni dellla cittadinanza tarantina: "Il governo sta pensando di aprire a Taranto un grande centro per immigrati in arrivo dalla Libia, per oltre 500 'ospiti'. Perfino il responsabile della Caritas, don Nino Borsci, si dice preoccupato: 'Speriamo che l'ISIS non si sposti a Taranto'. Noi faremo di tutto per impedire questa follia. Mi date una mano?"

Don Nino Borsci
 

Accogliere il popolo dei  profughi dei migranti, dei fuggitivi di tutte le guerre, è un compito arduo,difficile non gradevole.

Il Prossimo, di cui dovremmo occuparci, mostra tutta la sua sgradevolezza: è povero, affamato, lacero e sporco. E puzza,. e come potrebbe non puzzare? Provate voi a vivere in cento per giorni su un barcone, dove non manca solo il cibo ......

Un mio amico, che venti anni or sono accolse i primi migranti che in ventimila sbarcarono a Bari dall'Albania e che furono rinchiusi in uno  stadio di Bari, poi smistati, ed infine espulsi, per anni mi ha ricordato l'odore acre di urina che infestava quello stadio.

Sono trascorsi venti anni da quel primo episodio.Venti anni di tragedie conosciute e nascoste, di migliaia di cadaveri che giacciono in fondo al "mare nostrum", prodotto ingiusto della disperazione, della povertà, vittime innocenti di spietati mercanti, ma anche di una inadeguata politica dell'accoglienza, dei respingimenti, degli egoismi, dello sfruttamento.

Uno sfruttamento che in molti casi è continuato anche per chi "ce l'ha fatta", per chi sbarcato ha trovato la schiavitù in una Europa che si dice cristiana, che si dice moderna, ma che spesso ha bisogno di quella manodopera di schiavi, in una modernità laica ma senza democrazia, senza uguaglianza, o senza gli effetti collaterali di tutto quello che chiamiamo "libertà del mercato".

Il mondo cambia e si evolve anche grazie a queste tragedie.

Io discendo da una famiglia di emigranti, il mio nonno materno era un bracciante agricolo, cui le frequentazioni della vita avevano insegnato l'importanza di cambiare e di istruirsi, ed suoi figli cominciarono a studiare, anche le donne, quasi di nascosto tra l'ironia del Paese.

immigrati sbarchi
 

Le sorelle di mio nonno paterno avevano attraversato l'oceano per recarsi nella terra promessa, che un tempo erano le Americhe. Passarono per Ellis Island, ne ho seguito le tracce sui registri delle navi che le portarono, nei registri del centro di smistamento  dove furono fermate ed esaminate; un centro probabilmente simile all'Hub annunciato da ministro Alfano, che si prevede di realizzare nella città di Taranto.

Anche i nostri emigranti puzzavano, forse non erano considerati terroristi (anche se a dire il vero alcuni erano anarchici), ma si temeva che esportassero la mafia. Tra questi uomini, vissuti a cavallo tra la fine dell'Ottocento ed i primi anni del Novecento, un emigrante con il mio cognome a Providence fu condannato per aver asssassinato un altro emigrante, suo cognato. Un altro, vissuto in Lucania, era a Pisticci sorvegliato per le sue idee anarchiche. Questo eravamo. Migranti.

Questo era anche la Taranto "spartana" di cui tanto ci vantiamo, che prima di produrre grandi uomini come Archita era la terra in cui venivan mandati i figli illegittimi.

Ma la paura di ciò che non conosciamo ha un fondamento, l'esperienza ha dimostrato quanto sia difficile affrontare le ondate di nuovi arrivi, quanti disagi, quanti problemi da affrontare. Taranto ce la può fare? L'Italia ce la può fare? Domande leggittime, paure legittime, ma l'unica risposta legittima è mettere in campo le energie e le risorse disponibili, non perchè siamo "buoni" anche non potendo permettercelo, ma perchè non esiste alcuna altra soluzione razionale, se non la guerra ma quella sarebbe un altro tipo di tragedia.

Per questo le parole "allarmanti" del direttore della Caritas, che esprimono non solo il timore di non riuscire ad affrontare l'emergenza,  ma la paura del terrorismo, sono sbagliate. Forse il frutto solo di una battuta infelice, ma non si può scherzare sull'orrore. Dobbiamo evitare di parlare alla pancia delle persone, non la sfameremo con le sciocchezze, dobbiamo parlare alla loro intelligenza, per evitare l'inserimento di qualche leader politico che strumentalmente le usi per la sua ascesa, magari invocando - a sproposito - il concetto di morale di un grande uomo come Immanuel Kant.

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