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Lecce, colpo ai traffici della SCU Plauso del presidente Gabellone
Gabellone

“Metodo mafioso”, questa l’espressione più volte utilizzata nel corso della conferenza stampa dal Procuratore capo della Repubblica di Lecce, Cataldo Motta, per descrivere il modus operandi dell’organizzazione criminale, presumibilmente collegata alla "Sacra Corona Unita", arrestata nel nord leccese. L’operazione - condotta da 80 militari della guardia di finanza di Brindisi, supportati dalla componente aerea e dal gruppo investigazione criminalità organizzata della guardia di finanza di Lecce - ha portato a 15 provvedimenti di custodia cautelare. Le persone indagate sarebbero 26.

I provvedimenti sono stati disposti dal gip del Tribunale di Lecce, Simona Panzera, su richiesta del sostituto procuratore di Lecce, Alessio Coccioli, e del procuratore aggiunto di Brindisi, Nicolangelo Ghizzardi. Associazione per delinquere di tipo mafioso, rapina a mano armata, lesione personale, detenzione e porto abusivo d’armi, lesione personale, furto, associazione a delinquere finalizzata allo spaccio di sostanze stupefacenti e favoreggiamento personale: questi i reati contestati ai soggetti destinatari dei provvedimenti cautelari, grazie all’attività investigativa dell’operazione denominata “Remetior II”, coordinata dalla Direzione Distrettuale Antimafia della Procura della Repubblica di Lecce.

L’operazione ha colpito noti esponenti della “Sacra Corona Unita”, sgominando un’associazione per delinquere di tipo mafioso finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti. In cima all’organizzazione mafiosa Salvatore Caramuscio, alias “Scaramau”, già condannato in passato per analoga fattispecie di reato e considerato dal boss Filippo Cerfeda suo unico erede nella zona di Lecce. A seguire, nella “catena di montaggio piramidale”, Leandro Luggeri (alias “Il nipote”); Salvatore Perrone, 47enne meglio noto come “Friculino”; Marianna Carrozzo, 37enne; Stefano De Lorenzis, 23enne conosciuto anche come “Catacumba”; Cristian Lazzari, 30enne; Daniele Longo, 32enne; Francesco Luggeri, 34enne; Andrea Perrone, 22enne; Leonzio Perrone, 31enne; Marco Pitenda; Giuseppe Russo, 30enne; Cosimo Spagnolo, alias “Mimì o Mimino”, 44enne; Andrea Vincenti, meglio noto come “Riella”, 22enne ed Angelo Vincenti, 22enne.

L’associazione criminale, ha spiegato lo stesso Procuratore capo della Repubblica di Lecce, si muoveva tra le province di Lecce e Brindisi, spostando copiose partite di cocaina. Le numerose intercettazioni telefoniche, anche all’interno dello stesso carcere di Lecce, hanno reso possibili non solo gli arresti ma anche la definizione e l’analisi di una vera e propria geografia mafiosa: l’organizzazione criminale, sfruttando omertà, atti intimidatori, rapine e sparatorie, perpetuava un vero e proprio controllo del territorio. "Ci sono state delle rapine violente - ha spiegato Motta - ed episodi punitivi che rientrano negli aspetti caratterizzanti le associazioni di tipo mafioso. Sempre le stesse modalità, non sono fatti nuovi o ai quali non siamo abituati".

Entusiasta il presidente della Provincia di Lecce, Antonio Gabellone: “Un’altra testimonianza di una presenza costante e operativa, anche silenziosa,  di forze dell’ordine e magistrati che conoscono a fondo il territorio, laddove riescono ad arrivare in profondità, con pazienti e costanti indagini a importanti risultati operativi. Lo Stato e le forze dell’ordine sono presenti”.

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