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“Vendola riduca la Giunta a 10”
E il Pd elegge Romano dopo Decaro

In effetti le modifiche allo Statuto già ci sono, approvate a dicembre dall’Assemblea guidata da Onofrio Introna e pronte ad entrare in vigore dalla prossima Legislatura ma ai tre firmatari non basta: “Mentre il Consiglio ha iniziato ad applicare a sè stesso le riduzioni delle indennità e l’abolizione di vitalizi ed assegni di fine mandato; mentre a tutti i livelli istituzionali anche le alte cariche dello Stato stanno tagliandosi le indennità e rinunciando a benefits e privilegi, non si capisce perché solo nella sua Giunta regionale, nonostante ben due recenti rimpasti, Vendola perda l’occasione di essere coerente e consequenziale”, attaccano a testa bassa. E, sibillini, si dicono anche certi che la proposta possa ottenere facilmente i voti dei colleghi di maggioranza, “specie del Pd”, precisano, che “in questi giorni si sono affrettati” a chiedere al Rivoluzionario Gentile “di anticipare ed applicare sin da subito" alla sua Giunta quanto stabilito dall’Aula dalla legislatura che verrà.
Nuovo tentativo di spallata per testare i numeri dell’altra parte dell’emiciclo? Chissà, intanto i democratici sono alle prese con il cambio della guardia sulla tolda di comando della pattuglia di Via Capruzzi. Dovendo fare a meno di Antonio Decaro, reduce dal pressing vano per entrare nella squadra del Governatore ai Trasporti, poi andati al barese Giannini, dalle fila Pd si affidano a Pino Romano, responsabile regionale per la Sanità del partito e, non a caso, al centro del braccio di ferro con il Masaniello terlizzese per occuparne il dicastero, ora affidato ad Elena Gentile. “In questa fase è molto importante proiettare il Gruppo consigliare all'esterno per recepire le istanze che provengono da ogni parte della Puglia'', annuncia il diretto interessato, lanciando quella che ha definito una “campagna di ascolto dei territori”. Dunque, il veterano brindisino “ricompensato” e niente più maretta? Se non fosse che un altro dei potenziali candidati ai galloni di numero uno del gruppo, Mario Loizzo, argomenta la sua mancata ascesa al titolo con il non aver condiviso “quasi nulla” di quanto avvenuto nel post voto, “di fronte all'esito elettorale assai preoccupante” per il centrosinistra. “C'era bisogno di una approfondita, serrata e unitaria riflessione politico-programmatica: ho assistito invece ad un crescendo fatto di ultimatum, fino ad un atteggiamento di tipo 'bonapartista”, commenta secco. Quando si dice un inizio conciliante.