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Referendum Giustizia, a Milano un nuovo comitato per il Sì. La Lumia: "La posta in gioco è la qualità della democrazia"
Il presidente dell'Ordine degli avvocati di Milano Antonino La Lumia guida il neonato “Comitato per il Sì alla riforma costituzionale – Art. 111". L'intervista

Il “Comitato per il Sì alla riforma costituzionale – Art. 111”
Referendum Giustizia, a Milano un nuovo comitato per il Sì. La Lumia: "La posta in gioco è la qualità della democrazia"
Referendum per la riforma della giustizia, è nato a Milano un nuovo comitato, il cui nome è “Comitato per il Sì alla riforma costituzionale – Art. 111”. A guidarlo è Antonino La Lumia, presidente dell'Ordine degli avvocati di Milano. Che commenta: "Nessuno spirito di contrapposizione verso la magistratura: la posta in gioco è ma l’equilibrio del sistema-giustizia e la qualità della democrazia". L'INTERVISTA
Presidente Antonino La Lumia, ieri - a Milano - è nato ufficialmente il “Comitato per il Sì alla riforma costituzionale – Art. 111”. Qual è la finalità di questa iniziativa?
Ringrazio, intanto, i Soci fondatori che mi hanno onorato della Presidenza: per me, sarà un privilegio poter guidare questo percorso condiviso. Il Comitato nasce con un obiettivo chiaro: promuovere un dibattito serio, documentato e rispettoso sulla riforma costituzionale approvata il 30 ottobre 2025, che sarà sottoposta a referendum confermativo nella primavera del 2026. Una riforma che incide sull’ordinamento giudiziario, sulla separazione delle carriere e sulla terzietà del giudice, dando finalmente piena attuazione all’art. 111 della Costituzione. Non ci muove alcuno spirito di contrapposizione verso la magistratura: la posta in gioco non è un interesse di categoria, ma l’equilibrio del sistema-giustizia e la qualità della democrazia. Il Comitato vuole essere uno spazio di confronto aperto, capace di parlare ai cittadini, alle professioni, al mondo accademico e alla società civile.
Perché, secondo voi, la riforma merita un Sì?
Perché completa un percorso iniziato molti anni fa e mai portato fino in fondo. L’art. 111, come modificato nel 1999, chiede un processo nel contraddittorio tra accusa e difesa, davanti a un giudice terzo e imparziale. La riforma costituzionale traduce finalmente questo principio sul piano ordinamentale: due carriere distinte, due Consigli superiori separati, un’Alta Corte disciplinare indipendente. Tutti elementi che rafforzano l’equilibrio complessivo del sistema, con la garanzia - per i cittadini - di un processo davvero equidistante. Non si tratta di “indebolire il PM”, né di “colpire i magistrati”: al contrario, si rafforzano autonomia, responsabilità e indipendenza di ciascuna funzione.
C’è chi teme un arretramento delle garanzie o un indebolimento dell’azione penale. Cosa risponde?
Rispondo con i fatti. La legge costituzionale, come pubblicata in Gazzetta Ufficiale, conferma integralmente l’indipendenza della magistratura e prevede la presenza del Presidente della Repubblica alla guida di entrambi i Consigli superiori, proprio a tutela dell’autonomia dell’ordine giudiziario. La separazione delle carriere chiarisce meglio il ruolo del pubblico ministero, che resta - lo ribadisco - pienamente indipendente. Poi c’è un punto essenziale: il giudice non è terzo se il suo percorso professionale si intreccia con quello dell’accusa. Questo non è un giudizio sui singoli, ma un dato ordinamentale. Restituire linearità al sistema è un dovere, non un attacco.
Quali sono le linee culturali che sorreggono il Comitato?
La nostra Carta fondativa afferma alcuni principi che considero irrinunciabili: dare piena attuazione al giusto processo; garantire la terzietà come posizione istituzionale, non come virtù personale; valorizzare un PM indipendente e responsabile; superare definitivamente le evidenti criticità legate al correntismo; istituire un sistema disciplinare autonomo, trasparente e credibile.
Come sarà organizzato il lavoro del Comitato?
Abbiamo scelto una formula ampia e plurale. Vicepresidenti saranno la Prof.ssa Marilisa D’Amico, una delle più autorevoli costituzionaliste italiane, e il Collega penalista Enrico Giarda; i ruoli di Segretario e Coordinatore saranno ricoperti rispettivamente dall’Avv. Alessandro Mazzone, membro dell’Organismo Congressuale Forense, e dal Prof. Avv. Pier Filippo Giuggioli, componente del Consiglio Giudiziario di Milano. Il Comitato riunisce professionisti, avvocati, imprenditori, studiosi, cittadini attivi. E soprattutto avrà sedi territoriali in molte città italiane, per rendere la campagna referendaria capillare, diffusa e rispettosa delle specificità locali. Il nostro impegno sarà quello di informare, non di polarizzare; di spiegare, non di semplificare; di argomentare, non di suggestionare.
Che tipo di campagna immaginate?
Una campagna rigorosa, basata sui testi, sulle fonti e sulla Costituzione. La Carta fondativa lo dice con chiarezza: rifiutiamo slogan superficiali, fake news e racconti distorti. Vogliamo che i cittadini possano votare sulla base della conoscenza, con la piena consapevolezza del significato della riforma. Non chiediamo fiducia per appartenenza, ma ragioni per scelta.
Un ultimo messaggio agli elettori?
Questo referendum non riguarda una riforma tecnica: riguarda il nostro modo di intendere la giustizia e il patto costituzionale tra cittadini e istituzioni. Rendere la giustizia più trasparente, più equilibrata, più vicina ai principi costituzionali non è un interesse di parte: è un interesse della Repubblica. Per questo io sono convintamente per il Sì.
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