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Roma
Fare figli rende poveri: crescere un bambino costa come una Ferrari

di Diana Maltagliati

Fare figli è causa di povertà. Lo sostiene il Forum delle Associazioni Familiari, che interpretando i dati Istat su “Condizioni di vita, reddito e carico fiscale delle famiglie” ha dipinto un quadro allarmante del nostro Paese.

 

Più figli si mettono al mondo più poveri si diventa, ma ne basta uno solo per mettere in crisi economica una famiglia. Gigi De Palo, presidente del Forum delle associazioni familiari, ex assessore alla Famiglia, alla Scuola e ai Giovani del Comune di Roma, ha scelto Affaritaliani per spiegare quali sono le problematiche che lo spingono a sostenere i nuclei familiari italiani.

Il Forum delle Associazioni Familiari è attivo su tutto il territorio: Gigi De Palo, lei trova un fondamento reale nei dati Istat che mostrano un Paese sempre più povero? Quanto influisce avere figli a carico?
“Mettere al mondo un figlio è una delle prime cause di povertà, lo dicono i dati dell'Istat e noi non possiamo che riscontrarlo quotidianamente. L'incremento della povertà è direttamente proporzionale al numero dei figli. La prima causa di povertà è perdita del lavoro da parte del capo-famiglia, la seconda è la nascita di un figlio e in un Paese con crescita zero questo è particolarmente grave perché fa capire che non abbiamo futuro”.

Qual è la situazione del Lazio e soprattutto della Capitale?
“Da quando sono presidente nazionale ho una visione più d'insieme, ma io credo che sia oggettivo il fatto che i dati rispecchino anche la situazione del centro Italia. Ricevo quotidianamente mail e incontro tanta gente che mi parla della propria condizione. Il Forum è una realtà capillare: è composto da diverse associazioni che incontrano il “Paese reale”. Queste associazioni, con le quali ci interfacciamo ogni giorno, raccontano proprio quello che mostrano i dati Istat. Sono aumentate le famiglie che chiedono i pacchi viveri, quelle che devono scegliere se comprare il plantare al figlio oppure mandarlo all'asilo nido... E la cosa più grave è che aumenta la ricchezza degli anziani e diminuisce quella dei giovani”.

Perché “fare figli è causa di povertà”? Quanto costa mantenerne uno?
“Secondo i dati della Federconsumatori, dagli 0 ai 18 anni un figlio costa 171 mila euro di media: come una Ferrari, insomma. La cosa grave è che noi mettiamo al mondo un figlio, lo educhiamo, ci mettiamo tutta la cura immaginabile pagandogli scuola, libri, sport, cure sanitarie e lui a 18 anni o dopo la laurea emigrerà e andrà a pagare il debito pubblico di un Paese concorrente. È una situazione paradossale.
Qui i figli non sono considerati un bene comune e mettere in piedi una famiglia non dà alcun vantaggio. Chi ha figli viene spesso preso in giro o si sente dire: “Hai fatto un figlio e ora sono affari tuoi”. Ci dimentichiamo troppo spesso che quei figli sono gli stessi che un giorno pagheranno le nostre pensioni. Ma anche il matrimonio diventa un'impresa: i giovani vorrebbero sposarsi ma non ce la fanno. La Legge di Stabilità non tiene conto delle famiglie: sembra che chiedano l'elemosina, ma non è così, chiedono soltanto giustizia. E sono le prime contribuenti in questo Paese”.

Cosa dovrebbe fare lo Stato in merito? Potremmo prendere spunto da esempi di governi esteri virtuosi?
“La Francia dal punto di vista fiscale considera le famiglie un valore aggiunto. È un esempio concreto di lungimiranza politica. Le leggi in materia furono fatte da De Gaulle non in un periodo opulento, ma subito dopo la II guerra mondiale. In un momento difficile, De Gaulle ha deciso di investire, puntare e insistere sulla famiglia. In Italia, al contrario, nei momenti difficili chiediamo alle famiglie più sacrifici”.

Che tipo di interventi statali servirebbero?
“Noi vorremmo una riforma fiscale sul modello del fattore-famiglia. Al momento le famiglie pagano troppe tasse, senza che venga considerato il loro peso contributivo. Oggi una famiglia con 4 figli paga le stesse tasse di chi ne ha uno o di chi è single. Bisognerebbe iniziare a tener conto della composizione famigliare, insomma. Poi si possono fare tante altre cose: si può insistere sul bonus nascita, ma senza una riforma fiscale è una presa in giro. Oppure si può pensare a tutta una serie di agevolazioni come quelle per la prima casa per le giovani coppie, oppure quelle per la maternità visto e considerato che oggi una mamma deve quasi nascondere il pancione per non essere licenziata. Vorremmo che facessero qualcosa di strutturale e non i soliti bonus che sembrano una mancetta per le famiglie. Le famiglie fanno risparmiare e i politici lo devono capire”.

Se la situazione non cambiasse, quali sarebbero i rischi a lungo termine?
“Già ora si assiste a un crollo della natalità che è diventato emergenza demografica. Poi tra un po' non ci saranno più le pensioni e probabilmente anche altri servizi come la sanità inizieranno ad essere a pagamento. Senza bambini si chiuderanno le scuole, aumenterà il costo sociale degli anziani. Al posto che gioire della longevità dei nostri genitori, inizieremo a considerarla un problema. Nel lungo periodo ci saranno mutamenti sociali più grandi di quanto possiamo immaginare: nei prossimi anni ci sarà un numero così elevato di donne e uomini anziani senza figli che si dovranno importare badanti dagli altri Paesi. La famiglia non si potrà più far carico dei propri anziani e Comune, Regione, Provincia e Stato dovranno trovare nuove soluzioni che avranno un costo molto alto”.

Qual è il vero nocciolo del problema?
“Il tema vero è quello della precarizzazione di ogni cosa. C'è uno Stato che non è un alleato ma un concorrente. Invece di essere un complice delle famiglie, mette loro i bastoni tra le ruote. La cosa grave è che si sono alternati i governi, ma non è cambiato nulla. È un problema politico, non partitico. Non “conviene” fare leggi per la famiglia perché i risultati a livello elettorale si vedono solo sul lungo periodo. Per questo i politici insistono coi bonus: sono una piccola mancia che dà consenso immediato. Le politiche sulla famiglia invece presuppongono uno studio, una ricerca e un impegno su lungo periodo.

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