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Roma
Roma, stop a nomi sulle tombe dei feti a difesa dell'anonimato degli aborti

Al momento del seppellimento i feti provenienti dagli aborti non porteranno più il nome delle donne che sarà sostituito da un codice che ne preserva la riservatezza e ne difende la privacy: non più “madre” sulle tombe ma “donna interessata”.

Con l'approvazione della modifica al regolamento della polizia cimiteriale avvenuta in Assemblea Capitolina, l'anonimato e la privacy delle donne coinvolte negli aborti sarà difeso con la rimozione del nome sulle tombe dei feti. Sarà infatti un codice a sostituire i nomi delle donne e al posto di “madre” verrà scritto “donna interessata”. Introdotta inoltre la possibilità, su richiesta, di procedere con la cremazione.

Cicculli, “Verso la corretta applicazione della 194, per l'aborto legale, anonimo e sicuro”

“Approvata oggi in aula la modifica al regolamento di polizia cimiteriale che introduce importanti passi in avanti, per quanto di competenza dei cimiteri comunali, sul seppellimento dei prodotti abortivi tra la 20a e la 28a settimana di gestazione, verso la corretta applicazione della 194, per l'aborto legale, anonimo e sicuro nel nostro paese. Al nome – spiega in una nota Michela Cicculli, presidente della Commissione capitolina Pari Opportunità - si sostituisce un codice che non viola la riservatezza, e al termine "madre" si sostituisce quello di "donna interessata" nel rispetto di quanto accaduto. Si introduce, inoltre, la possibilità di procedere, su richiesta, con la cremazione.

“È una battaglia di civiltà per il diritto di scegliere sui nostri corpi e sulle nostre libere scelte”

“In molte città i passi fatti sono ancora più avanzati, grazie alla normativa regionale che permette all'amministrazione di agire a monte in collaborazione con le Asl affinché si proceda senza ricorrere al seppellimento dei prodotti abortivi, laddove non ci sia espressa richiesta della persona interessata. Un lavoro importante – conclude la nota della presidente della Commissione - per cui ringrazio l'assessora Alfonsi, ma che inizia fuori dalle istituzioni con la coraggiosa denuncia di Marta che si è fatta portavoce di una lotta di civiltà da continuare nelle aule e ovunque ci sia bisogno di rivendicare il diritto di scegliere sui nostri corpi e sulle nostre libere scelte”.

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