La filiera della moda al Salone della CSR e dell'innovazione sociale
Il mondo della moda si interroga da tempo sulla necessità di scelte sempre più sostenibili in particolare nella gestione della filiera produttiva e distributiva. Benché l'attenzione alla sostenibilità ambientale sia recente in questo settore, la discussione sulla sostenibilità sociale ha invece una lunga tradizione che parte dagli scandali del lavoro minorile e delle condizioni di lavoro negli sweatshop dei Paesi emergenti che hanno coinvolto in tempi e modi diversi i grandi marchi dell’abbigliamento e della moda.
Con gli anni la sensibilità dei consumatori è molto cresciuta soprattutto perché collegata ai fenomeni della delocalizzazione produttiva e della globalizzazione. Il trasferimento della produzione ha ridotto il controllo da parte dei consumatori sulle modalità di fabbricazione e ha sottratto la produzione a un sistema di norme e garanzie per i lavoratori presente nei Paesi industrialmente avanzati.
Le campagne su questi temi hanno generato cambiamenti nel modo in cui i marchi più noti gestiscono le politiche di approvvigionamento. Il tema della CSR ha fatto breccia nella moda e quasi tutti i grandi brand hanno adottato codici etici, protocolli di selezione dei fornitori, modelli di contratto di fornitura con l’obiettivo di migliorare l’eticità della produzione e la sostenibilità ambientale. Ma il tema è complesso e il percorso è lungo. Adottare codici di condotta, standard etico-sociali-ambientali comuni, sistemi di monitoraggio della filiera produttiva condivisi può essere sufficiente? A questo confronto, coordinato da Andrea Radic (Affaritaliani.it) hanno partecipato Melisa Cerizza (Ethos RSI), Hendrine Stelwagen (Fair wear foundation), Nicola Misani (Università Bocconi) e Corrado de Castro (Cleviria).
Milano, oltre 70 eventi al Salone della Csr e dell’Innovazione sociale