L'Aquila quattro anni dopo. Oltre 22 mila cittadini fuori dalle loro case
Quattro anni fa, alle 3.32 della notte L'Aquila tremava. Il devastante terremoto uccise 309 persone, ,olte delle quali giovani studenti, anche stranieri. Tutte le vittime sono state ricordata, in un silenzio surreale, nella fiaccolata della Memoria. In 12 mila hanno voluto ricordare, anche, una città distrutta e che ancora stenta a ripartire. Un quarto anniversario che per il sindaco del capoluogo abruzzese Massimo Cialente, "è quello più brutto perché si è persa la speranza". Dopo la fiaccolata, che ha dato tregua alla rabbia e alle polemiche che l'hanno preceduta, la Messa Solenne officiata dall'arcivescovo dell'Aquila, Giuseppe Molinari, ma prima la lettura dei 309 nomi delle vittime. Quindi la Veglia e alle 3.32, l'ora della drammatica scossa i 309 rintocchi. TUTTI ALL'AQUILA - In mezzo alla gente con la fiaccola in mano, tanti amministratori e politici tra cui il ministro per la Coesione Territoriale, Fabrizio Barca, inviato del premier per la gestione della ricostruzione, il sindaco dell'Aquila, Massimo Cialente, il presidente della Provincia, Antonio Del Corvo, il presidente della Giunta regionale Gianni Chiodi, la senatrice Pd, Stefania Pezzopane.
A sfilare anche una trentina di parlamentari del Movimento 5 Stelle guidati dalla senatrice aquilana Enza Blundo e dal capogruppo al Senato, Vito Grimi. Presente anche una delegazione delle vittime della strage di Viareggio e della Thyssen. La sfilata della Memoria quest'anno ha anticipato l'orario e cambiato anche il tragitto con la scelta non casuale di via XX Settembre, la strada che taglia la zona che ha fatto registrare piu' vittime e che rappresenta uno dei pochi segni della ripresa.
LA RABBIA REGNA SOVRANA - Il sindaco (allora come oggi) del capoluogo, Massimo Cialente, di fronte al mancato decollo della ricostruzione dice a Radio24: "Se io ora non ho i soldi per ricostruire, nel 2016 non ci saranno neanche 40mila abitanti, qui resteranno solo vecchi e dipendenti pubblici. Nell'ultimo anno se ne sono andate seimila persone". Se ne vanno soprattutto i giovani, le coppie, i professionisti. Sono sempre di meno i residenti all'Aquila, a quattro anni dal terremoto. E all'abbandono della città si unisce alla diffusione di alcol tra i giovani e l'aumento della depressione. "Ora la città sta mollando, vivere qui è impossibile, ora sto peggio di due anni fa" ha raccontato ancora il primo cittadino che ha detto di "essere in credito col Governo. Si sono preoccupati più dell'Emilia, che di noi: la mancanza di una tassa di scopo è stato il peccato capitale".
GRASSO - La ricostruzione dell'Aquila "e' una questione nazionale, cosi' come il Paese non puo' restare insensibile a quello che rappresenta l'Aquila per la nazione. Questa ferita la dobbiamo assolutamente risanare". Sono dure le parole del presidente del Senato, Pietro Grasso nel corso della sua visita nel centro storico della cità, ancora in zona rossa dove prima del 6 aprile di quattro anni fa risiedevano 10mila persone e c'erano mille attivita' commerciali. Parlando poi delle polemiche, Grasso ha osservato che "vengono fuori dalla voglia di andare avanti, spesso dall'indignazione, dalla rabbia che ancora in quattro anni siamo al punto di partenza per una ricostruzione non di emergenza ma di ricostruzione ordinaria. Ci sono voluti quattro anni per avere questa ordinarieta' e adesso finalmente si puo partire, siamo fuori dell'emergenza che e' durata un po' tanto".

22.120: è la cifra di quanti cittadini trascorreranno il quarto anniversario del terremoto del 6 aprile 2009 fuori dalla propria abitazione secondo i dati disponibili sul sito della Regione Abruzzo. Di questi, 15.266 vivono negli alloggi temporanei dello Stato, i contestati e costosi appartamenti delle 19 new town nate all’indomani del sisma contro il volere di molta parte della popolazione. 6.595 sono invece i cittadini che con un contributo di massimo 600 euro a famiglia, per quelle più numerose, ha in autonomia trovato una sistemazione; 143 persone vivono ancora in strutture ricettive (15 si trovano ancora fuori dalla Regione Abruzzo) e 116 i civili sono ospitati nella caserma della Guardia di Finanza. I tempi di rientro nelle abitazioni, naturalmente, dipendono dalla ricostruzione del centro storico, delle periferie e degli altri centri del cratere.
È stato il sindaco Massimo Cialente, in un incontro del 21 marzo, alla presenza del ministro per la Coesione territoriale Fabrizio Barca, a descrivere dati alla mano, la ricostruzione. Secondo il sindaco, parlando della situazione extra moenia, si può “ben dire che la ricostruzione delle A (edifici poco o per niente danneggiati, ndr), delle B e delle C (strutture con danni di media entità, ndr), sia pressoché conclusa con oltre 48 mila aquilani rientrati nelle loro abitazioni”. Più difficile, invece la situazione delle case fortemente danneggiate, quelle contrassegnate dalla lettera E: “Sulle E, pende ancora un pesante ritardo. Quelle della periferia saranno comunque pronte per la metà dell’anno prossimo”. Il discorso si complica quando si entra nella zona rossa: “Il vero problema - ha spiegato infatti il primo cittadino - resta il centro storico, dove risiede la preponderanza degli esiti E”. Esiste un cronoprogramma, approvato in consiglio comunale, che gestirà i tempi della ricostruzione (da completarsi entro il 2018), ma il problema restano i fondi : “Allo stato attuale, perché tutto il comune venga ricostruito definitivamente, servono ancora 7 miliardi di euro di cui 6,1 solo per la città dell’Aquila. Il Comune dell’Aquila avrà bisogno di 1 mld l’anno”.
Per quanto riguarda le frazioni, Cialente ha spiegato che: “Il cronoprogramma riguarda chiaramente anche le frazioni, per le quali si sono utilizzati i criteri della densità della popolazione e dell’intensità del danno. Andando a ricreare dove il danno è stato maggiore, tra il 2015 ed il 2016, tutte le frazioni si troveranno allo stesso livello di ricostruzione”. L’Aquila, per evitare lo spopolamento, “va ricostruita – secondo il primo cittadino - in cinque anni, e questo è il compito minimo che il Paese stesso dovrà assumersi”.
La fiducia dei cittadini nelle promesse degli amministratori, però, è sempre minore. Lo hanno chiaramente dimostrato il 23 marzo con la Festa della non ricostruzione, organizzata da un paio dei comitati nati dopo il sisma (Comitato 3:32 e Assemblea cittadina) e da altre sigle dell’associazionismo e del volontariato cittadino. Un’intera giornata in cui il centro storico è tornato a vivere, ad ospitare persone e installazioni. Con l’ironia che ha caratterizzato molte delle loro iniziative in questi anni, i comitati hanno organizzato un tour fra le macerie ed indetto il concorso per la scelta della “balla più grossa” fra quelle dette dai politici nazionali e locali nei 4 anni del dopo sisma.