Roma/ Da Leroy Merlin case per i rom in cambio del terreno
E’ costato ben 15 milioni di euro dal 2012 ad oggi, ma per il campo rom della Barbuta a Roma nei prossimi 15 anni potrebbero essere spesi altri 20 milioni dalla multinazionale Leroy Merlin che al Comune ha proposto di accollarsi tutte le spese in cambio della concessione del terreno. E' quanto rivela il nuovo rapporto dell’associazione 21 luglio “Terminal Barbuta” presentato oggi a Roma e interamente dedicato ad uno degli ultimi campi rom “attrezzati” realizzati nella capitale. Per l'associazione, però, il progetto di un nuovo insediamento è “lesivo dei diritti umani, discriminatorio e con evidente carattere segregativo”.
Ad oggi sono 580 i residenti nel campo, 116 famiglie e 319 bambini, che vivono in container di 32 o 24 metri quadri, a seconda del numero degli assegnatari, disposti su di un campo di circa 35 mila metri quadri, più di due volte Piazza del Popolo. Il terreno su cui è stato realizzato il "villaggio della solidarietà", però, da qualche tempo fa gola alla multinazionale Leroy Merlin, che all'inizio del 2014, insieme ad una cordata composta da Capodarco di Roma, Cooperativa Ermes e la ditta Stradaioli, ha proposto al Comune una sorta di scambio: via la destinazione a "verde pubblico" sul terreno in parte occupato dal "villaggio della solidarietà" e una concessione per 99 anni, in cambio un insediamento per 400 rom sempre sullo stesso terreno a spese della stessa multinazionale. Un progetto che, secondo l'associazione 21 luglio, costerà complessivamente 20 milioni di euro, ma non cancellerà la condizione di segregazione in cui vivono i rom nell'attuale villaggio.
La proposta avanzata al comune di Roma dalla cordata è stata discussa lo scorso 27 gennaio, fa sapere l'associazione, ma da allora sulla questione è calato il silenzio. Per l'associazione 21 luglio, però, non mancano i dubbi sull'operazione. Per Carlo Stasolla, presidente dell'associazione, si tratta di una proposta "assolutamente nuova nel panorama nazionale" ma che dà una "ulteriore conferma come la condizione dei rom e dei sinti della Capitale è una calamita che attira interessi compassionevoli e slanci di solidaristica umanità". Per il presidente della 21 luglio, "il campo monoetnico è una minestra che, nelle sue più diverse salse, non può più essere digerita né dai rom, né dalla città di Roma, né dal vicino comune di Ciampino. Il mega insediamento, vergogna tutta romana, va chiuso, o meglio, come raccomanda la Strategia nazionale per l'inclusione dei rom, va definitivamente superato".
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