Roberto Re: "Ecco cosa accade a vincitori e sconfitti dopo le Olimpiadi"
Si sono chiuse la scorsa settimana le discusse Olimpiadi Invernali di Sochi 2014, adesso è tempo di bilanci a mente fredda. Il risultato del medagliere è solo uno dei modi per valutare il successo della squadra italiana. Il lavoro infatti, per tutti gli atleti coinvolti, è lungi dall’essere concluso. “La preparazione mentale è una componente fondamentale per reagire sia al momento della vittoria, sia nell’evenienza più amara di una sconfitta”, sostiene il mental coach sportivo Roberto Re, preparatore di Jessica Rossi, oro olimpico e record mondiale nel tiro al volo alle Olimpiadi di Londra 2012. “Ciò che fa la differenza nella carriera di un’atleta è come riesce a vivere l’esperienza delle Olimpiadi, come cioè riesce a interpretare quello che succede. Anche la vittoria infatti può diventare paradossalmente un pericolo per la carriera futura se non viene gestita nel modo corretto - afferma Roberto Re - Interpretare la realtà significa dare significati più o meno positivi alle esperienze, e per gli sportivi ciò è ancora più evidente che per le persone comuni, in quanto vivono costantemente sotto pressione per raggiungere risultati da podio”.
Sia la sconfitta che la vittoria possono essere esperienze ugualmente positive o negative, a seconda di come vengono percepite. In caso di sconfitta è indubbio che l’atleta, che arriva alle Olimpiadi con le migliori aspettative ma fa la peggior gara della sua vita, proverà delusione nei confronti di se stesso. “Ci sono quindi due modi per reagire ad un evento chiaramente traumatico: mettere in dubbio il proprio valore e il proprio lavoro o prendere atto della sconfitta, analizzarla e interpretarla come una sfida verso se stessi, come uno stimolo a migliorare credendo nelle proprie possibilità. Dal primo atteggiamento è chiaro che l’atleta in questione non si riprenderà mai e probabilmente il suo rendimento nelle gare successive tenderà a peggiorare”.

In caso di vittoria, la considerazione non cambia. La vittoria olimpica è il momento di massima soddisfazione, ma i passi successivi sono due: “Da un lato può succedere di sentirsi arrivati e questo stato mentale è forse il più dannoso per un qualsiasi sportivo. Quando viene raggiunto l’obiettivo infatti è facile perdere gli stimoli a migliorarsi, il che significa che la vittoria segnerà l’inizio della caduta”, dichiara Re. Dall’altro, un podio olimpico può essere vissuto come la conferma delle proprie possibilità e come un momento di assunzione di responsabilità. Il vero campione infatti è quello che vince nel tempo: “Con questo tipo di impostazione mentale l’atleta sarà infatti portato a fare di più. L’obiettivo del mental coaching è quello di aiutare a rimanere in linea e centrati, usando un gergo tecnico, utilizzando in maniera produttiva i risultati”.
Un esempio eclatante ce lo fornisce proprio la campionessa olimpica Jessica Rossi (nella foto con Roberto Re, ndr), che, dopo il trionfo a Londra, ha avuto successo in tutte le competizioni nell’anno successivo, compreso l’oro ai Mondiali di settembre 2013: “Jessica usa la vittoria come spinta propulsiva, è umile, e ha accettato di essere un esempio per i giovani e per tutti gli sportivi. Confermarsi è infatti più complicato di vincere, sia da un punto di vista tecnico che mentale ed emozionale”, conclude Re.