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Olympique Lione: così Aulas ha creato il Paradiso del calcio femminile

di Lorenzo Zacchetti

IFFHS, la Federazione Internazionale di Storia e Statistica del calcio, per il quinto anno consecutivo ha eletto il Lione come miglior squadra femminile del mondo. L'unica squadra italiana nella classifica è la Juventus, in crescita ma a distanza siderale dalle francesi, che da 13 anni vincono senza sosta il loro campionato nazionale e il cui dominio si estende anche all’Europa. 

Nelle ultime dieci edizioni della Champions League il club presieduto da Jean Michel Aulas ha conquistato il trofeo ben sei volte (delle quali le ultime quattro consecutivamente), per due volte si è classificato secondo e in sole due occasioni non è arrivato in finale.

Nelle sue fila militano tutte e tre le candidate della Uefa al premio di migliore giocatrice dell’anno: lo ha vinto Lucy Bronze, davanti ad Ada Hegerberg e Amandine Henry. Nelle prime dieci della lista delle nomination, la metà erano calciatrici del Lione: oltre all’intero podio, c’erano anche Wendie Renard e Dzsenifer Marozsán. Simile lo scenario in occasione del Pallone d’Oro 2018, il primo nella storia del calcio femminile, che ha visto il trionfo di Hegerberg e il terzo posto di Marozsán.

Al mondiale della scorsa estate, giocato proprio in Francia, delle 23 “Bleues” ben 8 erano tesserate per il Lione. Nonostante il clamoroso forfait di Hegerberg, si annoveravano rappresentanti del club nella metà delle otto nazionali arrivate in fondo al torneo: oltre alle francesi, c’erano Bronze nell’Inghilterra, Marozsán nella Germania e van de Sanden nell’Olanda.

Ed entrambe le stelle tra le campionesse iridate degli USA, Alex Morgan e Megan Rapinoe, hanno fatto esperienze proprio nel club di Aulas. Lo stesso vale per la mitica ex portiera americana Hope Solo, nonché per la capitana del Giappone, Saki Kumagai, tuttora in forza al Lione.

Come se tutto ciò non bastasse, il mercato estivo ha ulteriormente rafforzato la rosa con gli arrivi di Katrina Talaslahti (portiera, dal Bayern Monaco), Janice Cayman (attaccante, dal Montpellier), Jessica Silva (attaccante, dal Levante), Alex Greenwood (difensora, ex capitana del Manchester United) e Nikita Parris (attaccante, dal Manchester City). Con le ultime due, in forza alla nazionale inglese, salgono ulteriormente le protagoniste del mondiale 2019 in seno alla squadra. Una rosa che fa invidia a qualunque tifoseria del mondo e che si è arricchita anche con l’inserimento della difensora Manon Revelli, classe 2001, che lo scorso luglio ha vinto il titolo europeo con la Francia Under 21 ed è quindi stata premiata con il suo primo contratto da professionista.

Bienvenue au Groupama Stadium!

Se al mondiale la nazionale francese non si fosse dovuta arrendere allo strapotere degli USA nei quarti, sarebbe tornata a Lione, dove si sono giocate una semifinale e la finale. Qui aveva peraltro vinto la partita di apertura del torneo, infliggendo alla Corea del Sud un 4-0 interamente griffato da giocatrici del Lione: ad andare in gol erano state Le Sommer, due volte Renard e quindi Henry.

Erwan Le Prevost, capo del comitato organizzatore della Coppa del Mondo, ha spiegato così la scelta della sede della gara inaugurale: “Andare nella città dove il calcio femminile è sulla cresta dell’onda è stato un modo di ringraziare il Lione e Jean Michel Aulas per gli investimenti fatti in questi anni”. Lo stadio locale ha una capienza di 59.186 spettatori ed è stato inaugurato nel gennaio 2016, in vista dell’europeo maschile dell’estate successiva. In quel torneo vi ha giocato anche l’Italia di Antonio Conte, vincendo 2-0 contro il Belgio.

È costato 415 milioni di euro, dei quali il club ne recupera ogni anno una cifra compresa tra i 5 e i 7 milioni (l’approssimazione è una stima della stampa francese, perché non ci sono conferme ufficiali), soltanto attraverso la cessione dei naming rights a Groupama, colosso del settore assicurativo. Era dal 2008 che Aulas voleva dotarsi di un impianto di proprietà, fatto ancora oggi insolito in Francia, lasciandosi alle spalle l’era dello Stade de Gerland, che invece appartiene alla amministrazione cittadina e ora ospita le gare casalinghe dei rugbisti del Lyon Olympique Universitaire.

Per riuscire nel suo intento, a lungo osteggiato da molti politici e dall’opinione pubblica, Aulas ha messo in campo un’efficace azione di lobby. In questo modo ha ottenuto da parte del governo nazionale le modifiche normative necessarie e il riconoscimento del pubblico interesse del progetto, mentre dalla Città Metropolitana di Lione ha ottenuto i fondamentali interventi infrastrutturali che hanno completato l’opera. E dire che il vecchio Gerland portava decisamente bene: la nazionale maschile vi aveva disputato partite valevoli per Euro ’84, mondiali ’98 e Confederations Cup 2003, finendo col vincere tutte e tre le competizioni, mentre il Lione vi ha giocato per ben 66 anni. E se nel 1950, primo anno al Gerland, la squadra festeggiava la vittoria della Ligue 2, tutt’altra aria vi tirava dal 2001 al 2008, quando ha realizzato lo storico filotto di sette titoli nazionali consecutivi schierando giocatori come Juninho Pernambucano, Essien, Malouda e Benzema. Al ciclo si sono aggiunte due Coppe di Francia, una Coppa di Lega e sette Supercoppe nazionali, più una semifinale di Champions League: successi che hanno scritto la storia del calcio francese ed europeo a inizio millennio.

La rivoluzione di “JMA”

Le fortune dell’Olympique Lyonnais (è questa la denominazione ufficiale del club) sono legate a doppio filo a quelle del suo presidente. Jean Michel Aulas ha rilevato la società nel giugno del 1987, quando era sull’orlo del fallimento. La squadra militava in seconda divisione, con un giro d’affari di appena 2,5 milioni di euro, soltanto quattro persone a libro-paga (escluso lo staff tecnico) e una perdita di esercizio pari a 1,5 milioni. Accettando la sfida lanciatagli dall’amico Bernard Tapie, discusso patròn di Adidas e dell’Olympique Marsiglia, nel giro di 15 anni ha trasformato la bagnarola in una nave da crociera, portandola a vette inaspettate sia dal punto di vista sportivo, sia da quello economico.

Con una ristrutturazione che viene studiata in diverse Università, il nuovo proprietario ha quotato il Lione in Borsa, diversificando le fonti di entrata con partecipazioni al di fuori del calcio (diritti di immagine, viaggi, merchandising…) coordinate dalla holding OL Groupe, della quale è presidente e CEO. 

Rivoluzionando completamente le logiche di quella che era nata come un’associazione senza fini di lucro, nel 1999 ha accolto l’ingresso nel capitale sociale di Jerome  Seydoux, CEO della società cinematografica Pathè, che è diventato il secondo azionista e il vicepresidente del club. Grazie al suo sostegno economico, nello stesso anno il Lione ha acquistato Sonny Anderson dal Barcellona per 120 milioni di franchi (24 milioni di euro).

Quel colpo di mercato ha rappresentato una pietra miliare nella storia del club, sia perché il brasiliano ha segnato 94 gol in quattro anni, dando un considerevole contributo alla striscia dei sette campionati vinti di fila, sia perché ha inaugurato una caccia al talento che poi si sarebbe estesa anche al calcio femminile. Nel 2017, per convincere Alex Morgan a trasferirsi a Lione, Aulas non si è fatto scrupolo di martellarla con una serie compulsiva di tweet. Uno stile apparentemente più consono a un fan un po’ morboso, ma in realtà studiato a tavolino, come quasi tutte le scelte comunicative del vulcanico uomo d’affari.

Oltre all’aggressività sul mercato, strumento indispensabile per chi voglia fare successo nel calcio, il presidente non ha lesinato cospicui investimenti sul settore giovanile, che negli anni ha prodotto giocatori come Fekir, Umtiti, Tolisso, Gonalons e Lacazette.

Il pioniere del calcio femminile

Pur non essendosi mai occupato di pallone in precedenza (semmai di pallamano, avendo giocato in prima divisione con la squadra di Lione), Aulas si è guadagnato sul campo il rispetto di tutto l’ambiente: è stato alla guida del G14, membro dell’European Club Association e tra gli ideatori, con Michel Platini ed Ernesto Paolillo, del controverso Fair Play finanziario. Nato nel 1949, a 19 anni è stato un attivista nei moti del caldissimo maggio ’68 francese e poco dopo, grazie alla laurea in Economia, ha fondato il Cegi (Centro di studi e gestione dell’informatica).

Figlio di due insegnanti, è cresciuto in un ambiente ricco di intellettuali, ma ha scelto di lasciarlo in fretta: ancora minorenne, si è rivolto a un Tribunale per essere emancipato legalmente dai propri genitori, così da potersi intestare direttamente le aziende alle quali dava vita. A 34 anni ha fondato la più importante: Cegid, una società specializzata nei software di gestionali per aziende, che nel 2007 ha venduto proprio a Groupama, pur continuando a mantenerne la presidenza per un breve periodo.

Tre anni prima aveva deciso di aprire la sezione femminile dell’OL, incorporando nel club quell’F.C. Lione che in 34 anni di attività aveva conquistato quattro scudetti. Anticipando largamente i tempi, Aulas aveva intuito il potenziale che covava sotto la cenere: “Nel calcio c’è sempre stato un divario assoluto tra calcio maschile e femminile. Ho scommesso sul fatto che, elevando la qualità del calcio femminile, saremmo stati travolti da un’ondata di entusiasmo e positività”.

Nello stesso 2007 in cui Cegid veniva venduta, la squadra fèmenin ha vinto il primo titolo nazionale dell’era-Aulas e, per la prima volta nella storia del calcio francese, lo stesso club si aggiudicava sia il massimo campionato maschile che quello femminile. La differenza stava nel fatto che gli uomini erano ormai giunti alla fine del ciclo, che li avrebbe visti conquistare “soltanto” un altro titolo della Ligue 1, mentre le donne stavano giusto iniziando un dominio che chissà quando finirà.


Denaro e potere

Ancora voglioso di vittorie nonostante i 70 anni compiuti lo scorso marzo, Aulas è riconosciuto da tutti come l’uomo che ha portato il calcio francese nell’era del business, gestendo il Lione come una qualunque altra impresa. Che questo sia un bene o un male dipende dai punti di vista.

Quello, piuttosto autorevole, di Megan Rapinoe è molto chiaro: “I soldi fanno la differenza, dagli investimenti sul settore giovanile fino alla prima squadra. Tutte le migliori giocatrici sono contente di andare a Lione, anche se finiscono col fare panchina, perché è una società con possibilità molto superiori a tutte le altre”.

Sulla stessa lunghezza d’onda è Alex Morgan: “Il presidente Aulas investe sugli ingaggi delle calciatrici cifre che in tutti gli altri campionati sono impensabili. In questo modo, attira le più forti giocatrici del mondo. Inoltre, le strutture sono di primo livello e c’è molta professionalità, senza alcuna differenza tra la sezione maschile e quella femminile”.

Anche in questo caso non ci sono conferme ufficiali, ma è risaputo il fatto che nel Lione giochino tutte e tre le calciatrici più pagate d’Europa: Ada Hegerberg (circa 500.000 euro all’anno), Amandine Henry (360.000) e Wendie Renard (348.000).

Nel calcio americano si arriva a guadagnare di più, ma soltanto sommando allo stipendio i contratti pubblicitari negoziati parallelamente. Qui stiamo parlando unicamente di ingaggi e si tratta di cifre fino a dieci volte superiori la media delle giocatrici del campionato francese, che pure è quello con gli stipendi più alti di tutto il vecchio Continente!

Nella Eldorado del pallone

Dan Levy, agente di Alex Morgan, spiega che la superstar americana non ha accettato l’offerta del Lione solo per i soldi: “Lo ha fatto per crescere ancora come calciatrice e per sfidare se stessa ogni giorno, giocando con le migliori giocatrici del mondo. Vincere i campionati è stato stupendo, le strutture di allenamento erano meravigliose, ma il vero segreto del successo di questo club sta nel fatto che, avendo messo insieme le più forti del pianeta, hanno creato un ambiente davvero unico”.

Statistiche alla mano, non c’è squadra di alcuno sport che possa vantare la stessa supremazia esercitata da Lucy Bronze e dalle sue compagne sul calcio femminile. Da alcuni paragonato agli Harlem Globetrotters per la sovrabbondanza di talento, il club di Aulas è una sorta di Terra Promessa per ogni ragazza che pratichi questo sport.

“Al Lione non si dice di no”, spiega la nazionale inglese. “Quando sono arrivata qui la prima volta, faticavo a tenere il ritmo delle mie compagne negli allenamenti… figurarsi in partita!”. Un ricordo eloquente, considerando che appartiene alla miglior calciatrice europea del 2019!

Da qualunque livello si parta, a Lione si cresce: “La prima volta che ho affrontato l’OL da avversaria ho fatto fatica persino a toccare il pallone – continua Bronze – E quando sono venuta a giocare qui mi sono trovata a dividere lo spogliatoio con giocatrici che già conoscevo di fama, ma che una ad una sono venute a presentarsi: il gruppo di persone più umili che abbia mai incontrato. Gli anni passati qui mi hanno molto migliorato ed è un’esperienza che raccomanderei senza esitazioni. Non me ne sono mai pentita, anche se i primi tempi non è stato facile, perché non parlavo francese”.

Etica e motivazione

La capitana Wendie Renard ha paragonato il fascino del Lione sulle calciatrici internazionali a quello che Barcellona e Real Madrid esercitano sui colleghi maschi: indossarne la maglia è già un riconoscimento al proprio valore. Se la squadra maschile nell’ultimo decennio ha sofferto molto la concorrenza dei nuovi ricchi del Paris Saint Germain (che hanno messo in bacheca sei campionati), le ragazze viaggiano senza mai schiacciare il freno. Più ancora dei 13 campionati vinti di fila, impressionano le sole due sconfitte subite negli ultimi nove anni o, relativamente allo stesso periodo, la pazzesca differenza-reti complessiva di +957.

Con dei valori così sbilanciati a proprio favore, la cosa più difficile è tenere alta la motivazione. Così si spiega la scelta di cambiare l’allenatore dopo il Triplete (Ligue 1, Coppa di Francia e Champions League) della scorsa stagione: Reynald Peyros ha lasciato il posto a Jean-Luc Vasseur, ex giocatore del PSG, che nel calcio maschile ha guidato il Crèteil alla vittoria del Championnat National, la terza serie, debuttando poi in Ligue 1 sulla panchina dello Stade de Reims. Vedremo come se la caverà alla guida di questa fuoriserie, dove il principale problema è costituito dall’impossibilità di migliorare lo score del proprio predecessore. 

La sua fortuna è di lavorare in un club che non solo è ricchissimo, ma che anche dal punto di vista etico rappresenta un punto di riferimento per lo sport femminile.

Aulas, assiduo nel presenziare alle partite di entrambe le formazioni, ha messo nero su bianco il principio della parità di trattamento tra uomini e donne, da tutti i punti di vista.

Se una differenza c’è, essa sta tutta nei risultati ottenuti e la bilancia pende in maniera evidente dalla parte delle filles. In più occasioni, Aulas ha affermato di volere andare in pensione una volta giunto a 75 anni di età. Nel lustro che ancora si è voluto concedere per giocare con la sua creatura vuole fortemente centrare l’unico obiettivo che ancora gli manca: la Champions League. Ma è chiaro che stiamo parlando dei maschi, perché la squadra femminile più di questo non può fare. Al limite può ripetersi, eventualità che tutto il resto d’Europa vede come il fumo negli occhi, ma che ben poche squadre hanno la possibilità di impedire. 

IFFHS - LA CLASSIFICA COMPLETA

1    Olympique Lyonnais    Francia    284
2    Barcellona    Spagna    105
3    North Caroline Courage    USA    36
4    Wolfsburg    Germania    32
5    Arsenal    Inghilterra    24
6    Bayern Monaco    Germania    19
7    Chicago Red Stars    USA    17
7    Paris SG    Francia    17
7    Portland Thorns FC    USA    17
10    Chelsea    Inghilterra    16
10    Atlético Madrid    Spagna    16
12    Corinthians    Brasile    8
13    Juventus    Italia    3
14    Slavia Praga    Rep. Ceca    1
14    Sunflowers    Sud Africa    1
14    Tigres UANL    Messico    1

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    olympique lione; calcio femminile: jean michel aulas; juventus women




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