Finanza
C'è un'etica nella finanza?
Secondo il Manifesto della finanza etica, redatto dalla Associazione finanza etica attiva tra 1994 e 2004 "sono quattro le caratteristiche chiave della finanza etica: la partecipazione diretta dei soci alla gestione e alla scelta dei finanziamenti da effettuare; la trasparenza massima sul modo in cui viene utilizzato il risparmio; il prevalere delle reti sociali sui rapporti economici e perciò di un sistema di garanzie di tipo personale piuttosto che patrimoniale; un’attenzione prevalente nei confronti dei progetti delle organizzazioni di terzo settore, quelle più vicine ad una logica di “promozione dello sviluppo umano” e abituate ad utilizzare criteri basati “sulla responsabilità sociale ed ambientale”. Né è legittimo l'arricchimento basato sul solo possesso e scambio di denaro.
Quando la finanza etica persegue specificatamente e razionalmente lo sviluppo sostenibile, ovvero persegue un programma "etico" di investimenti che tenga conto - in via prevalente - delle future generazioni, allora essa si definisce anche finanza sostenibile.
In un lungo articolo pubblicato pochi giorni fa su “Vita” Marco Dotti, che insegna Professioni dell'editoria all'Università di Pavia, si chiede di che cosa avrebbero bisogno le nostre democrazie malate. Di più slogan, più educazione civica nelle scuole, più controllo, più società civile, "più Europa"? Di più "i", oltre alle tre di "internet-impresa-inglese" da infilare nello zaino dei ragazzini? Di più ottimismo? Di più lobby che facciano e disfino a loro gradimento?
“Retorica a parte, il sistema, così, non regge” dice Marco Dotti “Non basta invocare l'ottimismo, per far sì che le cose cambino. Non basta gridare "al populista!", per evitare che il populismo arrivi”.
Per Aristotele la virtù etica è una disposizione volta a realizzare quanto è ritenuto un bene. Non una facoltà, né una passione, ma un comportamento a cui si giunge con consapevolezza e disciplina. I greci avevano quattro virtù cardinali: prudenza, fortezza, temperanza e giustizia. I cristiani ne aggiunsero tre di origine sovrannaturale, perciò dette "teologali": fede, speranza e carità.
La separazione fra economia ed etica nasce dal fatto che l'economia generalmente non discute dei fini, ma dei mezzi per realizzare i fini col minor costo possibile. Di fatto l'efficienza ha delle implicazioni in termini di etica delle istituzioni e dei comportamenti: non viene giudicata in base ai criteri della giustizia distributiva.
In contrapposizione alle attività finanziarie speculative si pongono le attività di finanza etica, quali punti di riferimento per qualsiasi tipo di attività finanziaria.
Particolarmente interessante è un documento pubblicato dal cardinal Reinhard Marx (oggi presidente della Commissione delle Conferenze episcopali della Comunità europea) alcuni mesi prima che le insolvenze sul mercato americano dei mutui ad alto rischio (i cosiddetti subprime) innescassero la spirale finanziaria, politica e sociale della crisi che ben conosciamo.
“Il cardinal Marx attribuisce al concetto "stakeholder" un senso allargato, ci ricorda Marco Dotti. Non solo operai, quadri, fornitori, ma anche tutti coloro che entrano in correlazione con l'impresa, fino alla comunità diventano, in qualche misura, stakeholder, ossia portatori di interessi. Con benefici e oneri, anche qui”.
C'è dunque una sfida più ampia, ed è legata al contesto sociale ed economico. Tutto diventa ancor più problematico quando quel fenomeno che chiamiamo globalizzazione rende "impersonali" le strutture della responsabilità, in particolare quella economica e, al tempo stesso, sgretola il welfare derubricandolo a mero intralcio o a mera fonte di spesa.
“Intediamoci, per il cardinale Marx, così come per tutta la dottrina economico-sociale della Chiesa, il profitto non è un male in sé, purché non pregiudichi la dignità propria, altrui e del creato. Resta il fatto che, in un mondo in cui lavoro e sfruttamento sempre più si sovrappongono e si scambiano le parti, questa dignità è in radicale pericolo” conclude Dotti.
Negli ultimi sette anni, nella società più aperta e democratica, gli Stati Uniti d'America, i poveri sono cresciuti 5 volte più della classe media e 23 milioni di americani si trovano decisamente sotto la soglia di povertà. Il tasso di partecipazione al mercato del lavoro è sceso al 63%, il più basso da molti decenni. Senza speranza di trovare un lavoro, senza un'assistenza sociale, a loro non resta altro che la condizione senza ritorno del white trash, la spazzatura bianca come spregiativamente viene definito il più infimo strato della società americana.
In qualche modo, eccoci tornati alla questione da cui eravamo partiti. La democrazia ha bisogno di virtù. Ha bisogno di relazione con soggetti virtuosi capaci di riconfigurare spazio civile e legame sociale. Mercato e welfare non sono incompatibili per Reinhard Marx: "lo Stato sociale è una condizione dell'economia di mercato, non solo una sua conseguenza".
Paolo Brambilla
Per l’articolo completo pubblicato su “Vita” il link è: http://www.vita.it/it/article/2016/01/04/la-democrazia-ha-bisogno-di-virtu/137805/
