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Finanza

Sono più di 40 anni che attendiamo una legge che regolamenti l’attività di lobbying in Italia. In questi giorni se ne parla tantissimo, ma cosa significa “lobbying”?

Come tristemente ricorda l’associazione “Riparte il futuro” la parola è diventata sinonimo di “faccendieri che si muovono nell’ombra”: ma in realtà, in una democrazia moderna, qualsiasi gruppo organizzato dovrebbe essere in grado di influenzare legittimamente i decisori pubblici. Lo fanno le grosse aziende, gli ordini professionali, i sindacati e anche le associazioni e i movimenti di cittadini. Tuttavia, la completa assenza di trasparenza nel settore rende impossibile individuare chi svolge tale attività, con quali mezzi lo fa e verso quali obiettivi. E l’opacità minaccia seriamente la qualità delle nostre leggi favorendo fenomeni di corruzione e conflitti di interessi.

Anche in Europa le regole sul lobbying non funzionano come dovrebbero. A Bruxelles, luogo dove si prendono decisioni che riguardano il futuro di tutti noi e seconda città al mondo per numero di lobbisti dopo Washington, esiste un registro europeo dei portatori di interesse a cui però non è obbligatorio iscriversi e che non vale neppure per tutte le istituzioni comunitarie.

Il rapporto di Transparency International, “Lobbying in Europe. Hidden Influence, Privileged Access”, pubblicato pochi mesi fa, colloca l’Italia agli ultimi posti, con il bassissimo punteggio di 20 su 100, causato principalmente da problemi di trasparenza, integrità morale e opportunità di accesso ai processi decisionali. Le maggiori nazioni al centro della crisi finanziaria si trovano al fondo della classifica insieme all’Italia.

Fortunatamente la Commissione Europea raggiunge un punteggio superiore a 50 su 100, ma ancora siamo lontani da una piena trasparenza. Pochi gruppi di interesse riescono a condizionare le decisioni pubbliche a proprio vantaggio, con forte rischio corruzione.

“Quanto pesano le pressioni esterne sulle decisioni della politica? Chi le esercita, in che modo e quanto è trasparente questo processo?” si chiede l’associazione “Riparte il futuro”. Transparency International tenta di rispondere analizzando i sistemi di regolazione di 19 nazioni europee e delle 3 principali istituzioni comunitarie (Commissione, Parlamento e Consiglio). Prendendo a confronto alcuni standard internazionali tra cui i “10 principi per la trasparenza ed integrità dell’attività di lobbying” dell’Ocse, l’Ong anticorruzione ha scoperto che a livello europeo la trasparenza delle relazioni tra lobby e politica non riesce a superare un valore medio del 26%. L’integrità (adeguatezza ed etica di tali rapporti) e la parità di accesso ai processi decisionali non raggiungono un punteggio del 33%. Insomma l’Europa segna il passo rispetto a Paesi come Canada e Stati Uniti e in questo quadro l’Italia si colloca molto al di sotto della media europea.

“Riparte il futuro” è una comunità digitale apartitica di oltre un milione di persone che cerca di sconfiggere la corruzione promuovendo la trasparenza e la certezza del diritto. Perché un’Italia corrotta è un’Italia povera, senza lavoro, che non attira investimenti stranieri e non è capace di offrire un futuro a tutti, in particolare ai giovani. Il livello di corruzione nel nostro Paese è ancora alto, ma cresce anche l’impegno per contrastare questo male che distrugge le speranze e il bene comune.

Con il contributo di tutti possiamo vincere questa battaglia. Combattere la corruzione conviene. Perché? L'Italia è al 69°posto nella classifica globale di percezione della corruzione (Corruption Perception Index, 2014) ed è al 49°posto nel Global Competitiveness Index (World Economic Forum, 2014) con un tasso di disoccupazione giovanile che sfiora il 43% (Eurostat, luglio 2014)

Conseguenza: attira un volume di investimenti stranieri pari alla metà di quello tedesco ed a quasi un terzo di quello francese (Unctad, 2014). La lotta alla corruzione è un passaggio indispensabile per poter riprendere un corso di rinascita morale, politica ed economica. Infatti, solo combattendo la corruzione il Paese può riacquistare l’affidabilità necessaria per attrarre gli investimenti, italiani e stranieri, aumentare la produttività e creare nuove opportunità di lavoro soprattutto per i giovani.

Per questo “Riparte il futuro”, insieme ad altre organizzazioni, chiede che tutti i lobbisti siano obbligati a entrare nel registro e che vengano sanzionati se non lo fanno. Sapere chi influenza le scelte dei politici e dei funzionari che ci governano è un nostro diritto: sul sito dell’associazione si può firmare una petizione per puntare i fari sul lobbying in Italia e in Europa.

Per maggiori informazioni: www.riparteilfuturo.it/lobbying-europa

Paolo Brambilla

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