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Finanza

Il Tesoro ha emesso la scorsa settimana dei Btp a cinquant’anni (scadenza marzo 2067), con un rendimento di circa 2,85%, nominale 2,80%, per un ammontare di 5 miliardi di euro, incontrando una richiesta tripla rispetto alla disponibilità. Come mai?

Già la primavera scorsa il Corriere titolava: “La mania europea per i titoli centenari nasconde aspettative di deflazione duratura” e aggiungeva poi: “si può essere sicuri che chi investe in questi titoli non investe per sé. Infatti non può certo essere sicuro che sarà vivo, al momento della scadenza. Dunque investe per altri … e deve essere convinto che non avrà bisogno di quel capitale nel corso dei decenni. Infatti, cercando di venderlo in Borsa, soprattutto nel caso che i tassi dovessero risalire, lo venderebbe ad un prezzo parecchio più basso di quello pagato all’acquisto.”

 

A dire il vero oggi alcuni titoli Matusalem sono quotati sopra il nominale (vedasi sottostante tabella), ma nel caso italiano il Tesoro spera proprio che l’inflazione riprenda presto, creando così il presupposto per una quotazione per molti anni inferiore.


Quindi la grande richiesta di sottoscrizione del nuovo bond italiano, familiarmente chiamato “Matusalem” a causa della sua lunga vita, praticamente il primo nella storia del nostro Paese con una scadenza così lontana (se si escludono gli irredimibili di lontana memoria o i rari prestiti perpetui, cioè senza scadenza) non riguarda certo i privati, se non per qualche caso isolato. I sottoscrittori sono banche, finanziarie, fondi, compagnie assicurative, ecc. che piuttosto di pagare una strisciante tassa sul capitale costituita dagli attuali tassi negativi, preferiscono tenere in portafoglio titoli che almeno rendono qualcosa.

C’è un’ulteriore considerazione “abbastanza spaventosa” come la definiva il Corriere stesso riferendosi ai titoli emessi da Stati palesemente impossibilitati a mantenere i loro impegni futuri: “nel mondo c’è una bolla finanziaria che, collegata col debito pubblico di tanti Paesi, potrebbe provocare un cataclisma tremendo; ed anzi, essendo praticamente certo che questa bolla è destinata a scoppiare al più tardi nel medio termine, alle banche ciò che avverrà nel lungo termine interessa poco”. A loro basta incassare un po’ di ricchi interessi finché dura, poi si vedrà.

Nel caso del Matusalem italiano, in fondo, anche se il debito verrà estinto solo fra cinquant’anni, si può essere ottimisti e pensare che, a differenza di molti altri Paesi meno fortunati, l’Italia sarà ancora in piedi per onorare il proprio impegno: e il rendimento proposto del 2,85% non è poi così male, oggi come oggi.

Bisogna anche ricordare che dopo l’emergenza del 2011- 2012, in cui la durata media del debito si era molto ridotta, l’Italia era diventata il Paese più conservativo d’Europa. Nell’Eurozona tutti i Paesi hanno approfittato dei tassi zero per aumentare la durata media del debito, l’Italia no. Finalmente oggi il Tesoro si è mosso, e forse una ragione del suo successo nell’operazione va anche cercata nel tempismo con cui ha sbaragliato i rendimenti degli altri Paesi. Vediamo la situazione indicativa a venerdì scorso dei principali Matusalem in circolazione:

Quotazioni indicative di chiusura del 7 ottobre delle obbligazioni

che scadranno dopo l'anno 2060.

Denominazione                 scadenza         cedola         prezzo   rendimento

     

Italy 67 Btp 2.80                  01.03.67          2,80%          96,60        3,96% *

Belgium 66 OLO 2.15         22.06.66          2,15%        121,79        1,31%

France OAT 66 1.75            25.05.66         1,75%        111,00        1,23%

France OAT 60.4                 25.04.60          4,00%        195,73        0,85%

Oesterreich 62.144A 3.8   26.01.62          3,80%        204,09        0,72%

Spain 64.4                            31.10.64          4,00%        135,00        2,35%

 

* ISIN IT0005217390: rendimento all’emissione 2,85%

 

Fonte: ActionNews Agenzia di stampa

Come si può notare, in linea di massima, tutti gli altri hanno rendimenti molto più bassi del Matusalem italiano, ma prezzi molto alti.

Ci sarebbe da chiedersi: con questi rendimenti perché allora le Compagnie di Assicurazione e i Fondi di Investimento comprano titoli a tasso negativo? Saranno costretti? Comunque ognuno ha le sue strategie.

 

Per i privati, come abbiamo detto, il discorso cambia. Cinquant’anni sono veramente troppi per attendere il rimborso, e per quanto la deflazione oggi sia lo scenario più probabile dei prossimi anni, un’eventuale impennata dell’inflazione porterebbe questo tipo di titolo a perdere drammaticamente di valore fino al giorno in cui verrà rimborsato. Difficile consigliare una scelta così.

 

Curiosamente qualche giorno fa in articolo del Corriere a firma di Giuditta Marvelli si scherzava sul fatto che un privato potrebbe mettere i titoli in un cassetto, dimenticarsene e attendere la scadenza, lasciare così ai suoi eredi un bel capitale, cui aggiungere gli interessi, via via accumulati.

 

Beh, tecnicamente si sarebbe trattato di un grosso errore quando si usavano le cassette di sicurezza e i titoli erano cartacei, perché gli interessi non riscossi sarebbero caduti in prescrizione, e gli eredi si sarebbero trovati in gran parte beffati. Ma oggi i titoli sono virtuali, dematerializzati, e gli interessi vengono accreditati comunque semestralmente. L’errore, perbacco, sarebbe quello di non reinvestirli subito, se no che senso hanno? Soprattutto con un Matusalem!

 

Lasciamo questo tipo di investimento agli esperti. Con l’acquisto di obbligazioni a 50 o 100 anni il rimborso del capitale diventa finanziariamente irrilevante: vanno bene per esempio per i fondi pensione che puntano prevalentemente a un “dividendo” garantito nel tempo, come appunto fossero azionisti e non obbligazionisti dello Stato.

 

Paolo Brambilla

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