Patent box: ossigeno per l'economia? Risponde Davide Bergami - Affaritaliani.it

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Patent box: ossigeno per l'economia? Risponde Davide Bergami

Del decreto “Patent Box” introdotto nella legge di stabilità, ovvero del pacchetto di agevolazioni fiscali, abbiamo già parlato nei mesi scorsi: in altri Paesi europei esisteva già con ottimi risultati. Anche l’Italia cerca di richiamare le imprese dall’estero permettendo di abbattere fino al 50% dell’imponibile tassato per i redditi derivanti da marchi e brevetti. Ora è il momento di valutare il successo di questa iniziativa.

La tassazione agevolata dei redditi riguarda l'utilizzo di opere dell'ingegno, di brevetti industriali, marchi, disegni e modelli, processi e formule nel campo industriale, commerciale o scientifico.

Con l'introduzione del patent box, anche il sistema Italia sdogana la fiscalità come leva di sviluppo e, come dicevamo, prova a rendere il Bel Paese più attrattivo. La nuova disciplina sul patent box intende premiare, con significativi sgravi fiscali, le imprese piccole medie e grandi che spendono in ricerca per creare, mantenere o migliorare gli intangibles agevolabili e cosi difendere/migliorare la propria posizione competitiva.

Nonostante il nostro sistema economico risulti fanalino di coda nella corsa ai brevetti, le circa quattromila richieste di ammissione dichiarate dall' Agenzia delle Entrate starebbero a dimostrare che, di fatto, i nostri imprenditori fanno ricerca, o comunque, non rinunciano ad innovare.

“Tutti pazzi per il patent box. Dalla moda al farmaceutico, dall’automotive all’agroalimentare” scrive Valerio Stroppa su Italia Oggi.

Chiediamo a un esperto del settore, Davide Bergami, EY Tax Partner, se ritiene che il grande numero di richieste arrivate possa costituire un problema nel breve periodo: “Questa massiccia adesione pone in primis una grande sfida di sistema. I pur capaci organi preposti alla gestione delle istanze dovranno ripensare l'utilizzo delle risorse secondo logiche di (ri)organizzazione del lavoro per efficientare i processi.  Ciò non deve però comportare il rischio di standardizzazioni forzate che non farebbero giustizia delle specificità che caratterizzano il variegato tessuto imprenditoriale nostrano”. 

Un'altra tentazione potrebbe essere quella di premiare solo chi spende molto in ricerca, col rischio di escludere dall'agevolazione le molte cosiddette "multinazionali tascabili".  Ciò sarebbe contrario allo spirito della norma e non farebbe giustizia del fatto che un elevato posizionamento di mercato ed i conseguenti elevati profitti non sempre presuppongono una catena del valore gravata da elevati costi di produzione o mantenimento degli intangibili agevolabili.

Il persistere della crisi, la concentrazione dei players, l'aumento di applicazioni tecnologiche e la necessita di trovare nuovi mercati hanno aguzzato l'ingegno di imprenditori. Taluni sono stati capaci di adottare modelli di business innovativi con efficientamento dei costi a parità di posizionamento nei mercati (protezione dei margini), e questo sviluppando qualità intangibili che possono a buon titolo ricadere nello spirito della norma.

“Avanti tutta con questa interessante misura premiale” prosegue Davide Bergami “senza lo spauracchio di non trovare le giuste coperture finanziarie e senza l'alibi di interpretazioni capziose”.

Comunque l'assoluta novità della disciplina solleva vari dubbi interpretativi ed applicativi che focalizzeremo nei prossimi interventi.

Resta comunque una interessante misura premiale, stante lo spauracchio delle coperture finanziarie.

Paolo Brambilla