Cameron tira dritto sul referendum Ue. Banche, assicurazioni e industrie in trincea - Affaritaliani.it

Affari Europei

Cameron tira dritto sul referendum Ue. Banche, assicurazioni e industrie in trincea

Dopo gli industriali e i banchieri, oggi anche il settore delle assicurazioni lancia l'allarme: una uscita della Gran Bretagna dall'Unione europea sarebbe un disastro per i bilanci delle società e avrebbe ricadute nefaste sull'occupazione e il sistema fiscale.

Secondo la International Underwriting Association (IUA), che rappresenta le società di assicurazione che operano a Londra ma che non sono parte del gruppo Lloyd's, in caso di Brexit sarà più difficile fare affari in Europa.
Attualmente una società può avere la sede a Londra (dove paga poche tasse) e operare liberamente all'interno della Unione senza particolari aggravi burocratici. Una uscita dall'Ue significherebbe perdere questo privilegio, con costi altissimi.

Tutto questo senza contare che le grandi compagnie multinazionali, americane e giapponesi, che oggi hanno le loro sedi a Londra, potrebbero decidere di spostare altrove i loro headquarters proprio perché non sarebbe più conveniente stare lungo il Tamigi. E per l'Inghilterra si tratta di un settore che solo nel 2013 ha registrato un fatturato di 50 miliardi di sterline.

Ma anche il settore industriale è contrario al referendum. "La nostra appartenenza all'Unione europea è di interesse nazionale" e gli imprenditori "dovrebbero esprimersi chiaramente e in tempo" in favore "di una membership rispetto alla quale non esistono alternative credibili", ha dichiarato Mike Rake, presidente della Confederation of British Industry, la Confindustria britannica.

Il discorso di Rake all'assemblea degli industriali ha messo in guardia dai rischi di una Brexit come conseguenza del referendum 'dentro o fuori' dall'Ue promesso dal premier, David Cameron, entro il 2017. L'addio all'Ue spaventa gli industriali del Regno Unito, che temono di perdere quel legame con gli altri Paesi europei che tanto ha contribuito a un'economia che ha sofferto in modo limitato (almeno rispetto alle altre realtà del continente) per l'ultima crisi successiva al 2008 e che al momento può vantare un Pil in ripresa e un tasso di disoccupazione inferiore al 6%.

"Ora gli imprenditori devono parlare a voce alta e in un modo comprensibile dalla gente", ha aggiunto Rake di fronte a una platea di oltre mille industriali e composta anche da molti politici. Secondo un recente sondaggio interno realizzato dalla rete delle Camere di commercio britanniche, il 55% degli imprenditori del Regno Unito è a favore della permanenza nell'Ue, anche se una larga maggioranza ha espresso la necessità di riforme.