Affari Europei
Europa a nascite zero? Investiamo sui figli se non vogliamo diventare minoranza
di Lorenzo Fontana*
Gli europei fra trent'anni saranno una minoranza etnica? L'Europa sarà abitata da una maggioranza di figli di migranti? Quanti saremo in rapporto alle altre popolazioni del globo?
Ragioniamo sui dati Eurostat: la popolazione mondiale è di 7,2 miliardi di persone e cresce ogni anno di 82 milioni; la popolazione dell'Unione europea conta circa 507 milioni di persone, che aumentano di 1,36 milioni annualmente. In sintesi, le percentuali rivelano che la popolazione comunitaria cresce di un quinto rispetto a quella mondiale.
I numeri ci raccontano che nel Vecchio Continente il numero delle nascite, rapportato alla popolazione, è in diminuzione dalla fine dell'Ottocento.
Nell'ultimo decennio, il tasso di fecondità della maggior parte degli Stati Membri dell'Ue ha superato la soglia di "decadenza demografica" scendendo al di sotto della soglia minima di sostituzione, necessaria a garantire il rinnovamento generazionale. In sintesi, ciò significa che senza il ricorso alla migrazione o ad una longevità superiore, le popolazione europea si ridurrà.
Nonostante alcuni affermino che il decremento demografico potrebbe essere vantaggioso, soprattutto, per la riduzione dei consumi, la salvaguardia delle risorse naturali e per il minore impatto sull'ambiente, una società con meno lavoratori giovani e più anziani presenta serie criticità: la crescita economica, in primis, ed il mantenimento degli attuali sistemi di welfare, in particolar modo la previdenza sociale.
A tale scopo, molti Stati membri hanno promosso politiche di sostegno alla natalità, aiutando le persone a concepire il numero desiderato di figli.
Per scongiurare una società a nascite zero, il futuro governo del nostro Paese dovrebbe valutare attentamente le soluzioni politicheesistenti.
Come? L'esperienza degli altri Paesi ci insegna che politiche concretamente orientate al sostegno della famiglia sono possibili e sostenibili: dal punto di vista economico, le misure da prendere in esame sono i trasferimenti finanziari diretti ai nuclei con molti figli ad esempio attraverso l’innalzamento degli assegni familiari e le agevolazioni fiscali calibrate sul numero dei figli,unitamente ad agevolazioni specifiche per i genitori con bambini piccoli; inoltre, l'incremento di tutte quelle misure volte a conciliare il lavoro e la famiglia, i congedi parentali, i contributi per l'acquisto di servizi per l'infanzia come i contributi alle spese sostenute per gli asili nido. Ed una politica di incentivi contributivi o fiscali per il secondo figlio.
Misure troppo ambiziose o costose? Prendiamo ad esempio la tabella che segue, elaborata su dati Eurostat ed OCSE.
Confronto delle politiche in SM selezionati |
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Svezia |
Italia |
Polonia |
Francia |
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Tasso totale di fecondità, 2011 |
1,90 |
1,40 |
1,30 |
2,01 |
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Numero ideale di figli (metà anni 2000)
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2,22 |
2,04 |
2,41 |
2,5 |
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Spesa pubblica totale, prestazioni familiari, 2009 |
3,75% del PIL |
1,58% del PIL |
1,53% del PIL |
3,98% del PIL |
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Assegni familiari, 2009 |
0,8% del PIL |
0,4% del PIL |
0,3% del PIL |
1,1% del PIL |
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Per il confronto delle politiche sociali, sono stati selezionati quattro Stati Membri, uno per ciascuno dei raggruppamenti di paesi comunemente descritti nelle ricerche riguardanti la fecondità e le politiche governative: La Svezia per i paesi scandinavi, l'Italia per i paesi del sud dell'Europa, la Polonia per i paesi dell'Europa centro-orientale e la Francia per i paesi continentali (più eterogenei).
I numeri parlano chiaro. Sempre.
Indirizziamo la spesa pubblica sulla famiglia. Investiamo sul nostro futuro.
*Eurodeputato della Lega nord