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Affari Europei
Europee, nomine: quote rosa sulle 4 poltrone di peso. Vestager ha un problema

I leader al lavoro per nuove nomine Ue: "Almeno due donne", promettono Tusk e Macron

Sono due le decisioni più importanti che hanno preso i capi di Stato e di governo dei Ventotto al loro vertice informale martedì sera a Bruxelles sulle nuove nomine per i vertici delle istituzioni dell'Ue. La prima è stata l'attesa bocciatura della richiesta del Parlamento europeo di designare come candidato alla presidenza della Commissione uno degli "Spitzenkandidat" (candidati capilista) indicati dai partiti europei; questo significa, in sostanza che la lista delle candidature non è chiusa, ma più aperta che mai, e che stanno per spuntare alcuni candidati "ombra", cioè finora non dichiarati, ma probabilmente molto forti. La seconda, più che una decisione è una promessa, quella di rispettare la parità di genere. Una promessa fatta in particolare il presidente del Consiglio europeo, Donald Tusk e il presidente francese Emmanuel Macron, ed è la promessa della parità di genere: delle quattro posizioni di vertice da assegnare, almeno due dovranno andare a candidate donne. Tusk ha anche riferito che questo è comunque un obiettivo largamente condiviso nel Consiglio. Poi, come sempre, bisognerà anche assicurare un certo equilibrio geografico/demografico (fra gli Stati membri del Nord Europa, del Sud e dell'Est, fra paesi piccoli e grandi), nonché politico (riguardo all'appartenenza a uno o l'altro dei tre partiti europei maggiori). 

Nomine, Vestager data per favorita ma ha un problema

Come conseguenza di queste due novità, cominceranno ora a emergere i nomi delle possibili candidate ai diversi posti, all'improvviso rese più forti dalla necessità di rispettare la promessa. Vediamo di si parla di più, per ora, a Bruxelles. Per la Commissione, la candidatura più forte è oggi sicuramente quella della danese Margrethe Vestager. Paradossalmente, la debolezza maggiore di Vestager oggi potrebbe essere proprio quella di essere una degli "Spitzenkandidat". Perché, sebbene Tusk abbia assicurato che questo non dovrebbe "squalificare" nessun candidato, designando lei il Consiglio europeo rischierebbe di smentire sé stesso, perché finirebbe in pratica con l'applicare per la seconda volta, dopo Jean-Claude Juncker, proprio il metodo che il Parlamento europeo voleva imporre, e che i leader dell'Ue hanno bocciato. Un compromesso potrebbe essere comunque trovato sul francese Barnier, con la Merkel che potrebbe ottenere in cambio la Bce con Jens Weidman. A quel punto la presidenza del Consiglio Ue potrebbe finire alla lituana Dalia Grybauskaitė mentre agli Affari Esteri dovrebbe dunque andare un'altra donna.

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