Affari Europei
“Il referendum Uk? Negativo con ogni esito”. L'analisi di Mario Monti

Sia in caso di vittoria del 'leave' che del 'remain' gli scenari per l'Europa che si aprono dopo il referendum inglese sono negativi. L'analisi di Mario Monti
Di Tommaso Cinquemani
@Tommaso5mani
Tra neppure tre settimane la Gran Bretagna potrebbe essere fuori dall'Unione europea. Giovedì 23 giugno i sudditi di Sua Maestà saranno chiamati alle urne per decidere se continuare ad essere uno Stato parte dell'Europa oppure se tornare ad essere indipendenti su tutti i fronti. Economisti, giuristi e politologi stanno discutendo ormai da mesi su quello che accadrebbe nel caso in cui Londra uscisse dall'Ue. A prevalere sono gli scenari negativi, ma il tracollo del Pil inglese potrebbe essere una buona notizia per Bruxelles.
In caso di Brexit effetti negativi su tutta l'Europa
Ad esempio alcuni ipotizzano che in caso di Brexit l'economia britannica andrebbe così male da essere portata ad esempio dagli altri Stati europei per smontare la retorica populista di certi partiti che oggi stanno guadagnando molti consensi. “Io credo che in caso di uscita della Gran Bretagna dall'Europa assisteremmo ad una contrazione del suo prodotto interno lordo”, spiega ad Affaritaliani.it Mario Monti, ex presidente del Consiglio e due volte commissarioeuropeo, durante un incontro organizzato dall'Ispi proprio sul tema della Brexit. “Tuttavia questo avrebbe delle ripercussioni negative su tutti gli altri Stati. Ne risentiremmo tutti, chi più chi meno”.
Che vinca il sí o il no esiti negativi sull'Unione
Secondo Monti qualunque sia l'esito del referendum del 23 giugno gli scenari che abbiamo davanti sono negativi. “Se Londra dovesse uscire dall'Unione a livello economico ci sarebbe una contrazione del Pil complessivo della zona euro, ma Cameron sarebbe anche responsabile di aver dato inizio ad una reazione a catena dagli esiti incerti”. Prima di tutto perché la Scozia pretenderebbe di indire un nuovo referendum per staccarsi dal Regno Unito. In secondo luogo perché tutti i movimenti euroscettici chiederebbero a gran voce di indire nuovi referendum. Un sondaggio svolto in Francia ha dimostrato che la maggior parte della popolazione sarebbe favorevole ad una consultazione popolare di questo genere.
“Ma anche in caso di permanenza della Gran Bretagna nell'Unione le conseguenze sarebbero negative, anche se in tono minore”, ha continuato Monti davanti alla platea dell'Ispi. Prima di tutto perché le condizioni che ha strappato al Consiglio europeo sono molto onerose per l'Ue. In secondo luogo perché parimenti al primo scenario anche in caso di 'remain' sarebbero molti gli Stati che chiederebbero una rinegoziazione dei rapporti con l'Europa. E a quel punto l'Unione diventerebbe un'associazione 'a la carte' dove ognuno prende quello che interessa e lascia il resto.
Gli inglesi non percepiscono il pericolo
Quello che stupisce l'ex rettore della Bocconi e molti analisti in giro per l'Europa é come gli inglesi stiano scientemente ignorando i dati negativi in caso di Brexit pubblicati da più istituzioni. La Confindustria britannica, così come la City, temono fortemente l'addio all'Europa. Ma anche il Tesoro inglese ha pubblicato un corposo report di 200 pagine in cui prevede che la Gran Bretagna perderebbe il 6% del Pil entro il 2030 come conseguenza della Brexit.
Inglesi giovani piú europeisti degli anziani
Nei britannici piú attempati, sopra i 44 anni, i sondaggi rivelano che prevale un senso di diffidenza verso l'Europa. Forse perché le vecchie generazioni non hanno toccato con mano cosa significa essere europei, forse perché ancora ricordano i vecchi fasti, se non dell'Impero, almeno di quando la Gran Bretagna era una superpotenza che imponeva il suo ordine anche con le armi (come la guerra nella Falkland voluta da Margaret Thatcher). I giovani sono invece molto piú europeisti proprio perché l'Europa la conoscono, l'hanno visitata grazie ai voli low cost e all'Erasmus.
Pericoli della Brexit sottovalutati
Eppure secondo Monti anche tra gli economisti inglesi c'é una sottovalutazione degli effetti della Brexit. Ad esempio sulla facilità di stipulare accordi di libero scambio con il resto del mondo. Jean Claude Juncker ha parlato chiaramente in proposito: l'Europa non ha intenzione di firmare alcunché con la Gran Bretagna. Gli Usa sono più attratti dal lato pacifico del globo e sul lato atlantico preferirebbero il Ttip ad un accordo con Londra. “Ma in generale il mondo di oggi é molto più ostile alle liberalizzazioni e alla globalizzazione di quanto non lo fosse fino a dieci anni fa”, spiega Monti.
City, servizi e industria colpite dalla Brexit
L'industria britannica risentirebbe molto della difficoltà di esportare i suoi beni, ma anche la City potrebbe svuotarsi. Molte società di investimento e fondi di private equity preferirebbero traslocare a Parigi o a Francoforte per continuare a restare all'interno del favorevole recinto comunitario.
E anche nel settore dei servizi Londra perderebbe terreno. Essere parte dell'Unione significa poter difendere i propri interessi all'interno del mercato unico. Porsi all'esterno d'atra parte significherebbe subire ció che é stato deciso al di lá della Manica.